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Libri di Lore "dimenticati"

Discussione in 'The Elder Scrolls V: Skyrim' iniziata da Varil, 26 Novembre 2018.

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  1. Vampirismo

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  2. Lord Vivec

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  4. Cosmologia, Creazione

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  6. Dei e Pantheon poco approfonditi

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  1. Varil

    Varil Galactic Guy

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    Breve storia dell'Impero
    Parte terza



    di
    Stronach k'Thojj III
    storico imperiale

    Il primo volume di questa serie presenta un riepilogo della storia delle varie successioni dei primi otto imperatori della dinastia Septim, da Tiber I fino a Kintyra II. Il secondo volume narra della Guerra del Diamante Rosso e dei sei imperatori che seguirono, da Uriel III a Cassynder I. Sul finire di quel volume, si è detto come il fratellastro dell'Imperatore Cassynder assunse la corona di imperatore di Tamriel col nome di Uriel IV.

    È importante rammentare come Uriel IV non fosse un Septim per diritto di nascita. Sua madre, sebbene imperatrice per molti anni, era un elfo scuro, divenuta consorte di un vero imperatore della dinastia Septim, Pelagius III. Il padre di Uriel era in realtà il successivo consorte di Katariah I, un nobiluomo bretone di nome Lariat con cui si era unita dopo la morte di Pelagius. Prima di salire al trono dell'Impero, Cassynder I aveva governato il regno di Wayrest, ma la sua cagionevole salute lo aveva costretto a ritirarsi. Cassynder non aveva figli e così adottò in forma legittima il suo fratellastro Uriel e abdicò. Sette anni dopo, Cassynder ereditò l'Impero alla morte di sua madre. Tre anni dopo, Uriel ereditò di nuovo il trono che era stato di Cassynder.

    Il regno di Uriel IV fu longevo e difficile. Pur essendo un membro della famiglia Septim legittimamente adottato e a dispetto dell'alto rango della famiglia Lariat, lontani cugini dei Septim, pochi nel Consiglio degli Anziani si persuasero ad accettarlo del tutto come un vero discendente di Tiber. Il consiglio aveva assunto molte delle responsabilità di governo durante il lungo regno di Katariah I e il breve regno di Cassynder I, e un risoluto monarca "alieno" come Uriel IV trovò praticamente impossibile conquistarne l'irremovibile lealtà. Assai sovente il consiglio e l'imperatore si erano trovati in contrasto e quasi ogni volta era stato il consiglio a vincere la contesa. Fin dai tempi di Pelagius II, il Consiglio degli Anziani era costituito dalle donne e dagli uomini più ricchi dell'Impero e il potere che esercitavano era decisivo.

    L'ultima vittoria del consiglio su Uriel IV fu postuma alla sua morte. Andorak, suo figlio, fu diseredato in seguito a un voto e un suo cugino, con un grado di parentela più prossimo alla dinastia Septim, fu proclamato imperatore con il nome di Cephorus II nel 3E 247. Per i primi nove anni del regno di Cephorus II, le forze ancora fedeli ad Andorak si batterono con quelle imperiali. In un atto che il saggio Eraintine chiamò "Il cuore di Tiber Septim che non batte più", il consiglio concesse ad Andorak il regno di Shornhelm nella provincia di High Rock per concludere la guerra. I discendenti di Andorak lo governano ancora.

    Nel complesso, Cephorus II aveva nemici che richiedevano un'attenzione assai maggiore di Andorak. "Come uscito da un incubo cimmerico", nelle parole di Eraintine, un uomo che si definiva l'Usurpatore di Camoran, alla testa di un esercito di daedra e guerrieri non-morti, attraversò le terre di Valenwood con la furia della tempesta, conquistando regno dopo regno. Pochi poterono resistere ai suoi furiosi attacchi e quando il mese si tinse di rosso sangue, nell'anno 3E 249, la resistenza diminuì ulteriormente. Cephorus II inviò sempre più mercenari nella provincia di Hammerfell per arrestare l'avanzata verso nord dell'Usurpatore, ma furono corrotti o massacrati e invocati come non-morti.

    La storia dell'Usurpatore di Camoran meriterebbe un volume separato (per maggiori dettagli, consiglierei al lettore di consultare La Caduta dell'Usurpatore di Palaux Illthre). In breve, la distruzione delle armate dell'Usurpatore ebbe poco a che fare con gli sforzi dell'imperatore. Il risultato fu una grande vittoria regionale e un aumento delle ostilità nei confronti di un Impero apparentemente inefficace.

    Uriel V, successore e figlio di Cephorus II, ebbe il merito di mutare le opinioni nei confronti del potere latente dell'Impero. Distogliendo le attenzioni di Tamriel dal conflitto interno, Uriel V condusse una serie di invasioni dal momento in cui salì al trono nel 3E 268. Conquistò Roscrea nel 271, Cathnoquey nel 276, Yneslea nel 279 ed Esroniet nel 284. Nell'anno 3E 288, s'imbarcò nella sua più ambiziosa impresa, l'invasione del regno-continente di Akavir. Quest'ultima campagna si rivelò fallimentare, poiché due anni dopo Uriel V rimase ucciso in Akavir sul campo di battaglia di Ionith. Nondimeno, Uriel V possiede ancora una reputazione seconda soltanto a Tiber, come uno dei due grandi imperatori guerrieri di Tamriel.

    Gli ultimi quattro imperatori, a partire dal giovane figlio di Uriel V, sono descritti nel quarto e ultimo volume di questa serie.




    Breve storia dell'Impero
    Parte quarta



    di
    Stronach k'Thojj III
    storico imperiale

    Il primo volume di questa serie narra in modo conciso dei primi otto imperatori della dinastia Septim, a partire da Tiber I. Il secondo volume narra della Guerra del Diamante Rosso e dei sei imperatori successivi al conflitto. Il terzo volume descrive le difficoltà incontrate dai tre imperatori che seguirono, il frustrato Uriel IV, l'inefficace Cephorus II e l'eroico Uriel V.

    Alla morte di Uriel V, avvenuta in mare nel lontano e ostile regno di Akavir, Uriel VI aveva soltanto cinque anni, nato appena poco prima che suo padre partisse per Akavir. L'unica altra progenie di Uriel V, frutto di una sorta di alleanza morganatica, erano le gemelle Morihatha ed Eloisa, che nacquero un mese dopo la partenza di Uriel V. Uriel VI fu incoronato imperatore nel 290° anno della Terza Era. Alla consorte imperiale Thonica, in quanto madre del fanciullo, fu concessa una sovranità limitata finché Uriel VI non avesse raggiunto la maggiore età. Il Consiglio degli Anziani conservò il potere effettivo, com'era sempre stato fin dai tempi di Katariah I.

    In tal modo, il consiglio poté godere di una illimitata libertà per promulgare quelle leggi (e produrre profitti) che a Uriel VI non fu concesso di amministrare fino al 307, quando ormai aveva ventidue anni. Per anni era stato lento nell'assumere posizioni di responsabilità, ma sia il consiglio sia la madre, soddisfatta della sovranità di cui godeva, per quanto limitata, erano alquanto restii a lasciare le redini dell'Impero. Nel momento in cui Uriel VI ascese al trono, i meccanismi insiti nelle funzioni di governo gli concessero un certo potere, pur con l'esclusione del diritto al veto imperiale.

    Tuttavia, quel potere lo esercitò con costanza e risolutezza. Per l'anno 313, Uriel VI poteva vantarsi di governare realmente l'Impero di Tamriel. Utilizzò la rete di spie ormai sciolta e alcune unità della guardia per intimidire e spaventare i membri più ostici del Consiglio degli Anziani. La sua sorellastra Morihatha fu (cosa non certo sorprendente) la sua più fedele alleata, specialmente dopo che il suo matrimonio con il Barone Ulfe Gersen di Winterhold la rese ricca e influente. Come il saggio Ugaridge disse, "Uriel V conquistò Esroniet, ma Uriel VI conquistò il Consiglio degli Anziani".

    Alla morte di Uriel VI, dovuta alle lesioni riportate in seguito a una caduta da cavallo che neppure i migliori guaritori imperiali furono in grado di risanare, il diadema imperiale passò all'amata sorella Morihatha. A venticinque anni di età, fu descritta dai diplomatici (dichiaratamente interessati) come la più bella creatura di tutta Tamriel. Di certo era vivace, atletica, dotata di notevole cultura ed esperta nell'arte della politica. Portò l'arcimaestro di Skyrim nella Città Imperiale e creò il secondo mago guerriero imperiale dai giorni di Tiber Septim.

    Morihatha finì il lavoro che era stato iniziato da suo fratello e trasformò la provincia imperiale in un governo vero e proprio sotto il controllo dell'imperatrice (e in seguito dell'imperatore). Fuori dalla provincia imperiale, tuttavia, era in corso una lenta disgregazione. Rivoluzioni palesi e guerre civili avevano infuriato indisturbate dai tempi di suo nonno Cephorus II. Coordinando in modo accurato i contrattacchi, Morihatha riuscì lentamente a sedare i suoi vassalli ribelli, evitando sempre di esporsi eccessivamente.

    Sebbene le campagne militari di Morihatha ottennero un gran successo, la sua ponderatezza era spesso causa di frustrazioni nel consiglio. Uno dei membri del consiglio, un argoniano che assunse il nome Coloviano di Thoricles Romus, furioso per il suo rifiuto di inviare truppe nella provincia di Black Marsh, è pubblicamente ritenuto responsabile di aver assoldato gli assassini che le tolsero la vita nel 3E 339. Romus venne sommariamente processato e giustiziato, pur essendosi dichiarato innocente fino alla fine.

    Morihatha non aveva figli in vita ed Eloisa era morta d'infezione quattro anni prima. Il figlio venticinquenne di Eloisa, Pelagius, fu incoronato imperatore col nome di Pelagius IV. Proseguì il lavoro di sua zia, riuscendo a riportare sotto il dominio imperiale i regni, i ducati e le baronie più radicali e ostinati dell'Impero. Affrontò i suoi impegni con la stessa compostezza e ponderatezza di Morihatha, ma non ottenne gli stessi successi. I regni erano rimasti privi di vincoli così a lungo che perfino una benevola presenza imperiale era considerata motivo di contrasto. Nondimeno, alla morte di Pelagius, dopo ventinove anni di regno caratterizzati da una notevole prosperità e stabilità, Tamriel era prossima all'unità più di quanto non lo fosse stato dai tempi di Uriel I.

    Il nostro attuale imperatore, sua eccellente e terribile maestà, Uriel Septim VII, figlio di Pelagius IV, possiede la diligenza della prozia Morihatha, l'abilità politica del prozio Uriel VI e il valore militare del pro-prozio Uriel V. Per ventuno anni regnò seminando giustizia e ordine in tutte le terre di Tamriel, finché nell'anno 3E 389 venne tradito dal suo mago guerriero imperiale, Jagar Tharn.

    Uriel VII fu imprigionato in una dimensione alternativa creata dallo stesso Tharn. In seguito, Tharn fece uso delle arti della stregoneria per assumerne le sembianze. Per i successivi dieci anni, Tharn abusò dei suoi privilegi imperiali, ma non si impegnò a continuare le campagne di conquista di Uriel VII. Non è ancora del tutto noto quali fossero gli obiettivi e i risultati personali di Tharn durante la sua vita da impostore. Nel 3E 399, un enigmatico Campione sconfisse il mago guerriero nelle segrete del palazzo imperiale e liberò Uriel VII dalla sua prigione ultra-dimensionale.

    Fin dalla sua restaurazione, Uriel Septim VII si è impegnato con diligenza nel riprendere le battaglie per l'unificazione delle terre di Tamriel. È vero, l'interferenza di Tharn ne arrestò lo slancio, ma gli anni trascorsi da allora hanno ravvivato la speranza che l'Epoca d'Oro di Tiber Septim possa glorificare Tamriel ancora una volta.
     
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  2. Varil

    Varil Galactic Guy

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    Buon divertimento :p

    La Vera Barenziah - Versione Integrale, Volume 1 (la versione originaria presente in TES II: Daggerfall, scritta da Peterson, poi modificata e censurata nei successivi TES)

    La Vera Barenziah

    Volume 1

    Versione Integrale


    Nota dell'Editore

    Mentre le versioni successive della Storia di Barenziah sono state pesantemente modificate per adattarsi alla sensibilità del Tempio del Tribunale o costruite per adattarsi agli ordini Imperiali, questo set di dodici volumi è il testo completo e originale presentato dal suo autore.


    Cinquecento anni fa a Mournhold, la città delle gemme, vivevano una vedova cieca e il suo unico figlio, un giovane di corporatura robusta. Era un minatore, come suo padre prima di lui, un comune lavoratore delle miniere del re, perché non era molto abile nelle arti magiche. Era un lavoro onorevole, ma mal pagato. Sua madre vendeva piccole torte all'amarena al mercato, per sopravvivere. Una vita sufficientemente dignitosa, diceva sua madre. Il necessario per riempire lo stomaco, non avevano più di un vestito ciascuno e il tetto perdeva solo quando pioveva. Ma Symmachus voleva di più. Sperava in un colpo di fortuna nelle miniere, che gli avrebbe fruttato un buon gruzzolo. Nelle ore libere amava bere un boccale di birra alla taverna con i suoi amici e giocare a carte, e attraeva sguardi e sospiri di molte belle ragazze elfiche, anche se nessuna attirava il suo interesse più del necessario. Sostanzialmente, Symmachus era un tipico giovane elfo oscuro, ma con una possente stazza. Si diceva che avesse un po 'di sangue nord.

    Nel trentesimo anno di Symmachus ci fu un grande evento gioioso a Mournhold: la nascita della bambina del Re e della Regina. Una regina, decantava il popolo, una regina è nata per noi! Per la gente di Mournhold, la nascita di un erede femminile erra un segno inequivocabile di pace e prosperità per il futuro.

    Nel giorno del Rito dell'imposizione del Nome per la principessa, le miniere furono chiuse e Symmachus si precipitò a casa per fare il bagno e vestirsi al meglio.

    "Tornerò presto a casa e ti racconterò tutto", promise a sua madre, che non avrebbe partecipato. Non stava bene; inoltre, ci sarebbe stata una gran folla di persone dato che tutta Mournhold ci sarebbe andata, ed essendo cieca non avrebbe comunque potuto vedere nulla.

    "Figlio mio", disse. "Trovami un prete o un guaritore, altrimenti temo che sarò morta per quando tornerai."

    Symmachus si precipitò sul suo letto e notò con ansia che la sua fronte era molto calda e il suo respiro flebile. Sollevò la trave del pavimento dove era nascosto il loro gruzzolo di risparmi. Non bastava a pagare un sacerdote per la guarigione. Avrebbe dovuto dare tutto quello che aveva ed anche altro. Symmachus prese il mantello e corse via. Le strade erano piene di gente che si appropinquava verso il bosco sacro, ma la gilda dei maghi e i templi erano chiusi. "Chiuso per la cerimonia" lesse sulle insegne. Symmachus si fece strada a gomitate tra la folla e riuscì a scovare un sacerdote in una veste marrone.

    "Dopo la cerimonia, fratello," disse il sacerdote, "se hai l'oro, sarò lieto di aiutare tua madre, il mio signore ha ordinato a tutti i chierici di partecipare e non lo offenderò".

    "Mia madre è terribilmente malata", protestò Symmachus. "Certamente il mio signore non si offenderà per un solo sacerdote."

    "Ma si offenderà l'arcimago," disse il monaco nervosamente, strappando la veste dalla presa di Symmachus e svanendo tra la folla.

    Symmachus provò anche a chiedere ad altri sacerdoti e maghi, ma senza migliori risultati. Le guardie corazzate passarono per la strada e lo scostarono con le loro lance e Symmachus si rese conto che la processione reale si stava avvicinando. Mentre la carrozza reale si avvicinava, Symmachus si precipitò in mezzo alla folla e gridò: "Mio signore, mia madre sta morendo..."

    "Le proibisco di farlo in questa gloriosa notte!" gridò il signore, ridendo e spargendo monete tra la folla. Symmachus era abbastanza vicino da avvertire l'olezzo di vino nell' fiato del re. Dall'altro lato della carrozza la regina strinse la bambina al seno, e fissò Symmachus con gli occhi spalancati e le narici accese di disprezzo.

    "Guardie!" piannucolò. "Allontanate questo idiota". Mani rozze afferrarono Symmachus. Fu percosso e lasciato stordito al bordo della strada.

    Symmachus, con la testa dolorante, seguì la folla e assistette al Rito dell'Imposizione del Nome dall'inizio alla fine. Vedeva i chierici vestiti di marrone ed i maghi vestiti di blu poco più dietro dei nobili.

    Barenziah. Il nome giunse flebile alle orecchie di Symmachus mentre il Sommo Sacerdote sollevava la bambina nuda e la mostrava alle lune gemelle all'orizzonte: Jone sorgente, Jode contemplante. "Ecco Lady Barenziah, nata per governare Mournhold! Concedeteci le vostre benedizioni e i vostri consigli, che agisca sempre per il benessere di Mournhold."

    "Benedizioni, benedizioni ..." mormorò la folla con i loro signori, con le mani al cielo. Solo Symmachus rimase in silenzio, a capo chino, sapendo nel suo cuore che la sua cara madre era morta. E nel suo silenzio fece un solenne giuramento, che sarebbe stato la rovina del suo signore e si sarebbe vendicato della morte di sua madre, che avrebbe sposato Barenziah, che i nipoti di sua madre avrebbero governato Mournhold.

    Dopo la cerimonia osservò impassibile la processione reale che tornava al palazzo. Vide il sacerdote a cui aveva parlato per primo. Lo seguì volentieri in cambio dell'oro di Symmachus e della promessa di altro denaro che gli avrebbe dato successivamente.

    Trovarono sua madre morta, come aveva temuto. Il sacerdote sospirò e ripose la borsa. "Mi dispiace, fratello, beh, lascia stare il resto dell'oro, perché non c'è nulla che io possa fare qui".

    "Ridammi il mio oro!" Ringhiò Symmachus. "Non hai fatto nulla per guadagnartelo!" Sollevò il braccio destro minacciosamente. Il prete indietreggiò, lanciando una maledizione, ma Symmachus lo colpì prima che uscissero più di tre parole dalla sua bocca. Cadde rovinosamente, battendo la testa su una delle pietre nel focolare. Morì all'istante.

    Symmachus prese l'oro e fuggì dalla città, sussurrando il nome "Barenziah".




    La Vera Barenziah



    Volume 2


    Versione Integrale


    La piccola Barenziah stava in piedi sul balcone superiore del palazzo, fissando il cortile dove i soldati marciavano, splendidi nelle loro armature. Poco dopo si unirono in ranghi ordinati e applaudirono non appena i suoi genitori, il Re e la Regina, emersero dal palazzo con l'armatura d'ebano, lunghi mantelli di pelliccia di porpora con un lungo strascico. Per loro furono portati splendidi cavalli neri lucenti, montarono in sella e si diressero alle porte verso il cortile, poi si voltarono per salutarla.

    "Barenziah!"dissero piangendo. "Barenziah, addio!"

    La bambina ricacciò indietro le lacrime e agitò con coraggio la mano mentre con l'altra stringeva al petto il suo animaletto preferito, un cucciolo di lupo grigio che lei chiamava Wuffen. Non si era mai separata dai suoi genitori e non aveva idea di quale fosse il motivo, tranne che c'era una guerra in occidente e i nomi di Tiber Septim e Symmachus erano sulla bocca di tutti, pronunciati con odio e terrore.

    "Barenziah!" gridarono i soldati, sollevando le lance, le spade e gli archi. Poi i suoi cari genitori si voltarono e scomparvero al galoppo, mentre una scia di soldati li seguiva finché il palazzo non fu quasi del tutto svuotato.

    Qualche mattino dopo, Barenziah venne svegliata dalla sua balia, vestita in fretta e portata via dal palazzo. Tutto quello che ricordava di quel terribile giorno fù un'ombra enorme con gli occhi rossi che riempiva il cielo.

    Passò di mano in mano. C'erano molti soldati stranieri. La sua balia fu sostituita da estranei, alcuni più strani di altri. Passarono giorni, o settimane, di viaggio. Una mattina si svegliò e scese dalla carrozza in un luogo freddo con una grande casa di pietra grigia incastonata tra sconfinate colline grigio-verdi coperte di neve biancastra. Strinse Wuffen al petto con entrambe le mani e attese sbattendo le palpebre e rabbrividendo nell'alba grigia, sentendosi piccola e sola in tutto quell' infinito spazio grigio e bianco.

    Una grossa donna grigio-bianca la fissava con terribili occhi azzurri. "È molto nera, non è vero?" disse la donna rivolgendosi alla sua compagna, una donna dalla pelle e i capelli neri che si chiamava Hana, che aveva viaggiato con Barenziah per diversi giorni. "Non avevo mai visto un elfo scuro prima d'ora."

    "Non ne so molto di loro," disse Hana. "Questa ha i capelli rossi e un temperamento forte, ti avvertoo, stai attenta, potrebbe morde o chissà che altro".

    "Presto la rimetterò in riga", ribattè l'altra donna. "E cos'è quella cosa schifosa? Ugh!". La donna le strappò Wuffen dalle braccia e lo gettò nel fuoco ardente del camino. Barenziah urlò e si sarebbe gettata nel fuoco con lui se non l'avessero trattenuta con la forza, nonostante i suoi tentativi di mordere e artigliare i suoi oppressori mentre il povero Wuffen era ridotto a un piccolo mucchio di cenere carbonizzata.




    La Vera Barenziah



    Volume 3


    Versione Integrale


    Barenziah crebbe come un'erbaccia trapiantata in un giardino di Skyrim, sotto la tutela del conte Sven e di sua moglie Lady Inga. Fisicamente crebbe forte, ma dentro di se era fredda e vuota.

    "L'ho cresciuta come fosse mia figlia," sospirava spesso Lady Inga quando sedeva a chiacchierare con le donne che venivano a farle visita, "Ma è un elfo scuro. Cosa puoi aspettarti?"

    Barenziah non voleva sentire quelle parole. Almeno sperva di aver sentito male. Il suo udito era molto più sviluppato di quello dei suoi padroni Nord. Altri, meno nobili tratti degli elfi scuri includevano il borseggio, il mentire e la magia, solo un semplice incantesimo di fuoco e uno di levitazione. E, crescendo, sviluppò un vivo interesse per i ragazzi e gli uomini, che potevano fornire sensazioni piacevoli e, con suo stupore, anche regali. Inga disapprovava ciò per motivi incomprensibili a Barenziah, quindi fece attenzione a mantenerlo il più segreto possibile.

    "È meravigliosa con i bambini" aggiunse Inga, riferendosi ai suoi cinque figli, tutti più giovani di Barenziah. "Non potrebbe mai far loro del male."

    Un tutore venne assunto quando Jonny aveva sei anni e Barenziah otto, e studiò materie accademiche insieme a lui. Le sarebbe piaciuto anche l'addestramento alle armi, ma la sola idea di una ragazza che si allenava con le armi scandalizzava Inga e Sven. A Barenziah venne dato un arco per praticare il tiro al bersaglio con i ragazzi. Li osservava, quando poteva, e si allenava con loro quando non c'erano persone adulte nei paraggi. Sapeva di essere più brava di loro.

    "Si pavoneggia molto, non è vero?" bisbigliavano le signore, e Barenziah, facendo finta di non sentire, annuiva. Non poteva fare a meno di sentirsi superiore al conte e alla contessa. C'era qualcosa in loro che incoraggiava il disprezzo che lei provava.

    Scoprì che Sven e Inga erano lontani cugini degli ultimi sovrani di Darkmoon, e poi cominciò a capire. Erano fantocci, impostori, non governanti. O perlomeno non erano nati per governare. Questo pensiero la rendeva furiosa, un odio freddo e distaccato dal risentimento. Barenziah li vedeva come insetti disgustosi e corrotti che andavano disprezzati, ma non temuti.

    Una volta al mese arrivava un corriere dell'imperatore, portando una piccola sacca d'oro per Inga e Sven e una grossa sacca di funghi secchi di Morrowind per Barenziah. Era sempre ben vestita, presentabile come una magrissima ragazza elfo scuro poteva apparire agli occhi di Inga, e convocata in presenza del corriere per un breve colloquio. Lo stesso corriere raramente veniva più di due volte, ma la guardava come un contadino guarda un maiale pronto per il mercato. Nella primavera del suo sedicesimo anno Barenziah pensò che il corriere la guardasse come se fosse finalmente pronta per il mercato.

    Dopo aver riflettuto, Barenziah decise che non desiderava essere venduta. Lo stalliere, Straw, un robusto ragazzo biondo, goffo, gentile, affettuoso e piuttosto sempliciotto, l'aveva convinta a scappare con lui per alcune settimane. Barenziah rubò la borsa d'oro che il corriere aveva lasciato, prese i funghi dal magazzino, si vestì da ragazzo con alcuni abiti da dodicenne di Timmy, e una bella notte di primavera presero i due migliori cavalli e cavalcarono a lungo nella notte verso Whiterun, la città più vicina, dove Straw voleva andare.

    Ma Morrowind giaceva ad est e Barenziah ne era attratta come da pietra preziosa. Al mattino abbandonarono i cavalli su insistenza di Barenziah. Sapeva che avrebbero scoperto la loro fuga e li avrebbero inseguiti, e sperava così di confondere gli inseguitori. Continuarono a camminare fino a tardo pomeriggio, percorrendo strade secondarie, poi dormirono per diverse ore in una capanna abbandonata. Ripresero il cammino al tramonto e arrivarono alle porte della città di Whiterun poco prima dell'alba.

    Barenziah aveva preparato un lascia passare a Straw per permettergli di entrare, dichiarando che doveva compiere una missione in un tempio della città per un signore locale. Lei superò il muro con l'aiuto del suo incantesimo di levitazione. Pensò che ormai le guardie alle porte fossero state allertate a cercare un giovane elfo scuro e un ragazzo del nord che viaggiavano assieme, ma i ragazzi di campagna come Straw erano abbastanza comuni. Da solo e con il permesso, era improbabile che attirasse attenzione.

    Il suo piano funzionò. Incontrò Straw al tempio,non lontano dalle porte della città. Era già stata a Whiterun in precedenti occasioni. Straw, tuttavia, non era mai stato oltre poche miglia dalla tenuta di Sven, dove era nato. Insieme si diressero verso una locanda nel quartiere povero di Whiterun. Coperti, ammantati e incappucciati nel il gelo del mattino, la sua pelle scura e gli occhi rossi furono ben celaati e nessuno prestò loro attenzione. Entrarono separatamente nella locanda. Straw pagò l'oste per una camera singola, un pasto abbondante e una brocca di birra, e Barenziah entrò di nascosto pochi minuti dopo. Mangiarono e bevvero allegramente, festeggiando la loro fuga, fecero l'amore vigorosamente sul letto piccolo, poi si addormentarono esausti.

    Rimasero una settimana a Whiterun. Straw guadagnò un po 'di soldi facendo commissioni e Barenziah derubò alcune case nelle notti. Barenziah continuò a vestirsi da ragazzo. Si tagliò i capelli e tinse le sue trecce di rosso fuoco per camuffarsi ulteriormente, e cercò il più possibile di non dare all'occhio di modo che non si vociferasse che ci fossero elfi scuri a Whiterun. Poi Straw ottenne dei posti come guardie per un mercantile che viaggiava verso est. Il sergente la guardò con aria dubbiosa.

    "Heh," ridacchiò, "Elfo scuro, come mettere un lupo a guardia di un gregge di pecore... ho bisogno di braccia, e non ci avvicineremo abbastanza a Morrowind da permetterti di tradirci con gli altri tuoi fratelli, i nostri banditi ti taglieranno la gola come faranno a me".

    Il sergente lanciò a Straw uno sguardo imperativo, poi si volse bruscamente verso Barenziah, sfoderando la sua spada corta. Ma lei aveva già il pugnale sguainato ed era in posizione difensiva. Straw estrasse il suo coltello e lo colse alle spalle. Il sergente lasciò cadere la lama e ridacchiò di nuovo: "Non male, ragazzi, non male. Come te la cavi con quell'arco, elfo scuro?" Barenziah dimostrò la sua abilità. "Sì, niente male, niente male, terrai sempre un occhio aperto e le orecchie dritte di notte. Un fidato elfo scuro è un buon combattente come dicono tutti. Ho servito presso Symmachus prima che perdessi questo braccio e venissi invalidato dalle forze dell'imperatore".

    "Potremmo tradirli, conosco gente che pagherebbe bene", le disse Straw quando tornarono nella vecchia locanda per l'ultima notte, "O derubarli. Sono molto ricchi, caspita se lo sono, Berry ".

    Barenziah ridacchiò, "Cosa faremmo mai con così tanti soldi? E abbiamo bisogno della loro protezione per viaggiare, tanto quanto loro hanno bisogno della nostra".

    "Potremmo comprare una piccola fattoria e sistemarci".

    Un contadino! Pensò Barenziah con disprezzo. Paglia era un contadino e aveva sogni da contadino. Ma tutto ciò che disse fu: "Non qui, Straw, siamo ancora troppo vicini a Darkmoor, avremo più possibilità ad est".

    La carovana si diresse più ad est di Sunguard. Tiber Septim aveva investito molto per costruire strade pattugliate relativamente sicure, ma i sentieri invece erano ripidi e la carovana si teneva il più possibile lungo le strade secondarie per evitare le guardie. Ciò li espose ai pericoli dei ladri, sia umani che orcheschi, e bande di briganti di varie razze, ma tali erano i pericoli del commercio e del profitto.

    Fecero un paio di incontri del genere prima di raggiungere Sunguard, un'imboscata che le orecchie acute di Barenziah scoprirono giusto in tempo per aggirarli e sorprenderli, e un attacco notturno di una banda di Khajiiti, umani e elfi dei boschi. Questi ultimi erano un'abile gruppo e perfino Barenziah non li sentì avvicinarsi in tempo per dare l'allarme.

    Il combattimento fù arduo. Gli assalitori furono scacciati, ma due delle guardie della carovana furono uccise, e Straw si procurò una brutta ferita alla coscia prima che lui e Barenziah uccidessero il suo assalitore Khajiit.

    A Barenziah piaceva quella vita. Il sarcasmo del sergente le faceva simpatia e passava la maggior parte delle sue serate seduta attorno al falò ad ascoltare i suoi racconti della campagna a Morrowind con Tiber Septim e Symmachus. Il sergente le disse che Symmachus venne nominato generale dopo che Mournhold era caduta. "È un buon soldato, certo che lo è Symmachus, ma a Morrowind si trattò di ben più che una faccenda militare, se sapere come la penso". Beh, lo sai meglio di me, immagino. "

    "Non ricordo" disse Barenziah "ho vissuto per lo più a Skyrim, mia madre ha sposato uno di Skyrim, sono entrambi morti, ma cosa è successo al Re e alla Regina di Mournhold?"

    Il sergente si strinse nelle spalle, "Non l'ho mai saputo, morti, immagino... ora tutta Morrowind è sotto il dominio militare, è abbastanza tranquilla, forse troppo tranquilla, come la calma prima di una tempesta.

    "Forse", disse Barenziah. In verità era attratta da Morrowind come una calamita. Straw lo percepì e non ne fu contento. Comunque lui non era del tutto felice, dal momento che non potevano dormire insieme poichè doveva apparire come un ragazzo. Anche a Barenziah mancava, ma non tanto quanto lei a Straw. Il sergente voleva che firmassero per il viaggio di ritorno, ma diede loro una maggiore ricompensa quando si separarono, e lettere di raccomandazione.

    Straw voleva stabilirsi definitivamente vicino a Sunguard, ma Barenziah insistè per continuare a viaggiare verso est. "Sono la regina di Mournhold per diritto di nascita", disse, incerta se fosse vero o una storia che aveva inventato da bambina. "Voglio andare a casa, ho bisogno di andare a casa".

    Questo almeno era vero. Aveva finito i funghi e aveva voglia di mangiarne altri. Ne trovò alcuni in vendita al mercato di Sunguard, ma non erano così buoni e soddisfacenti come quelli che le portava il corriere. Dopo alcune settimane riuscirono a ottenere un passaggio in una carovana diretta ad est.

    All'inizio dell'inverno, si trovavano a Riften, vicino al confine con Morrowind, ma il tempo era peggiorato e dissero loro che nessuna carovana mercantile sarebbe partita fino a metà primavera.

    Barenziah salì in cima alle mura della città e guardò attraverso la profonda gola che separava Riften dalla montagna innevata di Morrowind. "Berry," disse dolcemente Straw, "Mournhold è ancora lontana, quasi quanto il cammino che abbiamo fatto fino ad ora, e le terre che ancora ci separano sono selvagge, piene di lupi, banditi, orchi e creature ancora peggiori. Aspettiamo la primavera".

    "C'è la Torre di Silgrod", disse Berry, riferendosi alla città degli Elfi Scuri cresciuta intorno all'antica torre che proteggeva il confine tra Skyrim e Morrowind.

    "Le guardie del ponte non mi lasceranno attraversare, Berry, sono truppe imperiali, non possono essere corrotte, se andrai lo farai da sola, non cercherò di fermarti, ma cosa farai? La Torre di Silgrod è piena di truppe imperiali, diventerai una lavandaia per loro? O una prostituta da campo? "

    "No", disse Barenziah pensierosa. In realtà l'idea non era del tutto sgradevole. Era sicura di poter condurre una vita modesta giacendo con i soldati per denaro. Aveva avuto alcune avventure del genere mentre attraversavano Skyrim, quando si vestiva da donna e scivolava via da Straw. Cercava solo un po' di varietà. Straw era dolce ma noioso. Rimase sorpresa ma compiaciuta quando gli uomini che aveva soddisfatto le offrirono dei soldi.

    Straw si sarebbe arrabbiato e avrebbe urlato per un po', poi avrebbe tenuto il broncio per giorni se l'avesse beccata. Era molto geloso. Aveva persino minacciato di lasciarla.

    Ma le Guardie Imperiali erano dure e brutali, secondo i racconti, e Barenziah aveva sentito alcune brutte storie durante i suoi viaggi. Le storie più brutte provenivano dalle labbra di ex-veterani attorno al fuoco della carovana e le raccontavano con orgoglio. Cercavano di scioccare lei e Straw, pensò, ma si rese anche conto che c'era qualcosa di vero dietro a quei racconti selvaggi. Straw odiava quel tipo di chiacchiere e odiava sentirle, ma una parte di lui ne era affascinato.

    Barenziah aveva incoraggiato Straw a cercare altre donne, ma disse che non voleva nessuno tranne lei. Lei non gli disse che non provava la stessa cosa nei suoi confronti, ma che lui le piaceva più di chiunque altro.

    "Allora perché vai con altri uomini?"

    "Non lo so, caro."

    Straw sospirò. "Dicono che le donne elfo scure sono così."

    Barenziah sorrise e scrollò le spalle. "Lo so, credo che sia la sola spiegazione possibile."
     
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  3. Varil

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    Ci tengo a precisare che queste traduzioni di questa versione integrale e non censurata de La Vera Barenziah, risalente niente popò di meno che a Daggerfall, non le ho prese dalla localizzazione ufficiale di Skyrim (perchè appunto lì vi è la versione censurata) né le ho tradotte/revisionate personalmente, ma sono state realizzate da alcuni miei amici durante la traduzione di Legacy of the Dragonborn.
    Quindi aspettatevi imprecisioni/refusi.



    La Vera Barenziah

    Volume 4

    Versione Integrale



    Si stabilirono a Riften per l'inverno, prendendo una stanza economica nei bassifondi. Barenziah voleva unirsi alla Gilda dei Ladri, consapevole che ci sarebbero stati problemi se fosse stata scoperta ad agire da sola. Un giorno, alla locanda, catturò l'attenzione di un noto membro della gilda, un audace Khajiit di nome Therris. Si offrì di andare a letto con lui se lui l'avesse sponsorizzata per l'adesione alla Gilda. Lui la guardò, sorridendo, e fu d'accordo, ma disse che doveva ancora superare una prova di iniziazione.

    "Che tipo di prova?"

    "Ah", disse Therris. "Prima il pagamento, dolcezza." Le mise un braccio intorno al collo, si chinò e la baciò, spingendo la lingua in profondità nella sua bocca e l'altra mano libera nella sua camicia.

    "Bello," disse subito, ritirando la lingua, ma non la mano. L'altra mano scivolò giù nella sua cintura e le accarezzò le natiche.

    "Andiamo di sopra, possiamo usare la mia stanza", Barenziah era imbarazzata ed eccitata dalla sua audacia.

    Therris sorrise insolente. "Perché preoccuparsi? Mi vuoi, vero? Scommetto che mi pagheresti, vero?"

    "No", disse Barenziah. Lo desiderava, ma non in quel modo.

    "No, beh, un affare è un affare e Therris mantiene la sua parola, ma qui". Le alzò la gonna e la tirò sulle sue ginocchia, poi la fece sedere a cavalcioni, di fronte a lui. Le aprì la camicia e la tirò giù sulle sue spalle in modo che da esporre i suoi seni.

    "Bel paio, ragazza." Era di fronte al muro, ma avvertiva gli sguardi degli altri clienti. Un silenzio era caduto in quel luogo. Persino il bardo aveva smesso di suonare. Sentiva sia nausea che un desiderio ardente. Le sue mani liberarono il suo pene turgido e poi fu dentro di lei e lei urlò tra il dolore e l'estasi. Poi tutto divenne nero.

    Quando tornò in sé, sedeva accanto a Therris, che si stava abbottonando la camicia. "Fa male!" disse lei indignata.

    "E' sempre così, piccola, non ti ha mai detto nessuno dei Khajiit? Fa male comunque, non è vero?" Barenziah lo guardò torva. Stava ancora soffrendo. Il suo pene aveva delle piccole punte uncinate.

    "Bene, l'accordo è saltato, se preferisci," scrollò le spalle.

    "No, non ho detto questo, solo preferisco la privacy, e voglio aspettare un po ', circa un giorno o due prima della prossima volta."

    Therris rise. "Stammi bene, ragazza."

    Straw l'avrebbe uccisa, e forse anche Therris. Che cosa a Tamriel l'aveva indotta a fare una cosa del genere? Lanciò un'occhiata ansiosa nella stanza, ma gli altri avventori avevano perso interesse ed erano tornati alle loro faccende. Non riconobbe nessuno di loro; questa non era la locanda in cui viveva. Con un po 'di fortuna sarebbe passato un po' di tempo, o mai, prima che Straw scoprisse l'accaduto. Ma Therris era di gran lunga l'uomo più eccitante e attraente che avesse mai incontrato.

    Non si limitò semplicemente a parlarle delle abilità necessarie per essere un membro della Gilda dei Ladri, ma l'addestrò personalmente e la presentò a persone che potevano insegnargliele. Tra questi c'era una donna nord che sapeva qualcosa sulla magia. Katisha era grassoccia e matronale. Era sposata con un fabbro, aveva due figli adolescenti ed era una persona a modo e rispettabile, tranne che amava molto i gatti, aveva un dono per certi tipi di magia e coltivava amicizie piuttosto strane.

    Insegnò a Barenziah un incantesimo di Invisibilità e l'addestrò in altre forme di furtività e travestimento. Katisha mischiava liberamente talenti magici e non magici, usando uno per potenziare l'altro. Non faceva parte della Gilda dei Ladri, ma amava maternamente Therris.

    Barenziah le si affezionò come non le era mai accaduto con nessuna donna, e nelle settimane successive raccontò tutto di se a Katisha. Vi portò anche Straw. Straw piaceva a Katisha ma non a Therris. Therris lo trovava divertente e suggerì a Barenziah di organizzare quello che lui chiamava "un trio".

    "Assolutamente no," disse Barenziah, grata che Therris avesse affrontato l'argomento in privato. "Non gli piacerebbe, non mi piacerebbe!"

    Therris rispose con il suo affascinante sorriso triangolare da gatto e si appoggiò pigramente sulla sedia, arricciando la coda. "Potreste essere entrambi sorpresi, l'accoppiamento è così noioso, ti dispiacerebbe se portassi un amico?"

    "Sì. Se ti annoio, tu e il tuo amico potete trovare qualcun altra." Adesso faceva parte della Gilda dei ladri. Therris le era utile ma non essenziale. Forse era anche un po 'annoiata da lui.

    Parlò con Katisha dei suoi problemi con gli uomini. Katisha scosse la testa e le disse che era amore quello che cercava, non sesso, che avrebbe conosciuto l'uomo giusto a tempo debito, e che né Straw né Therris erano la persona giusta per lei.

    Barenziah chinò la testa di lato con fare interrogativo. "Dicono che le donne degli elfi scuri sono pro-pro-qualcosa. Prostitute?"

    "Vuoi dire promiscue, anche se alcune diventano prostitute, credo, le donne elfiche sono promiscue da giovani, ma crescerai in fretta, forse stai già cominciando a crescere", disse Katisha speranzosa. "Dovresti conoscere dei simpatici ragazzi elfici, se continui a stare in compagnia dei Khajiit e degli umani resterai presto incinta".

    Barenziah sorrise involontariamente a quel pensiero. "Mi piacerebbe, ma sarebbe fastidioso, non credi? I bambini danno un sacco di problemi, e non ho ancora una casa."

    "Quanti anni hai? Diciassette? Beh, hai ancora un anno o due prima di essere fertile, a meno che tu non sia molto sfortunata. Anche se gli elfi non hanno subito figli con altri elfi, quindi per il momento puoi stare serena."

    "Straw vuole comprare una fattoria e sposarmi."

    "E' questo quello che vuoi?"

    "No. Non ancora, forse un giorno, se non sarò una regina."

    "Penso che Straw invecchierà molto prima che "quel giorno" arrivi, Berry. Gli Elfi vivono molto a lungo." La faccia di Katisha adottò per un attimo lo sguardo malinconico che gli umani avevano quando contemplavano la durata della vita millenaria che gli elfi avevano per diritto naturale. È vero, pochi erano sono vissuti così a lungo, poiché le malattie e la violenza avevano un prezzo, ma potevano.

    "Mi piacciono anche i vecchi," disse Berry.





    La Vera Barenziah

    Volume 5

    Versione Integrale



    Barenziah si agitò impaziente mentre Therris cercava tra le carte sulla scrivania. Era meticoloso e metodico, attento a riporre tutto proprio come l'aveva trovato. Erano entrati in casa di un nobile, lasciando fuori Straw a fare da palo. Therris disse che era un lavoro semplice ma molto discreto. Non aveva voluto portare altri membri della Gilda. Disse che poteva fidarsi solo di Berry e Straw.

    "Dimmi cosa stai cercando e lo troverò" sussurrò Berry. La vista notturna di Therris non era buona come la sua e non voleva che usasse la magia. Berry non era mai stata in un posto così lussuoso. Si guardò intorno meravigliata mentre si facevano strada attraverso le enormi stanze echeggianti al piano di sotto, ma Therris non sembrava interessato a nient'altro che alla scrivania nel piccolo studio al piano superiore.

    "Ssss", sibilò arrabbiato.

    "Sta arrivando qualcuno!" disse Berry, un momento prima che la porta si aprisse e apparvero due figure scure. Therris la spinse violentemente verso di loro e balzò verso la finestra. I muscoli di Barenziah si irrigidirono; non poteva muoversi e nemmeno parlare. Guardò impotente mentre una figura oscura balzò alle spalle di Therris. Ci furono due silenziosi lampi di luce blu, poi Therris cadde al suolo rannichiato, immobile. Fuori dallo studio la casa si era ravvivata con passi e voci che chiamavano e un rumore di armature.

    L'omone, un elfo scuro, molto alto, trascinò Therris verso la porta e lo spinse nelle braccia aperte di un altro elfo. Con un cenno del capo il primo elfo inviò al loro seguito il compagno più piccolo vestito di blu. L'elfo si avvicinò per ispezionare Barenziah, che era di nuovo in grado di muoversi, sebbene la sua testa pulsasse in modo esasperante quando ci provava.

    "Apri la camicia, Barenziah", disse l'elfo.

    Barenziah lo guardò a bocca aperta e la strinse ancora di più.

    "Sei una ragazza, non è vero, Berry?" disse sottovoce. "Avresti dovuto smettere di vestirti da ragazzo qualche mese fa, sai, stavi solo attirando l'attenzione facendoti chiamare Berry! Il tuo amico è troppo stupido per ricordare qualcos'altro?"

    "È un nome da elfo comune", si difese Barenziah.

    L'uomo scosse tristemente la testa. "Non tra gli elfi scuri, non lo è mia cara, ma in realtà tu non sai molto degli elfi scuri, vero? Mi dispiace, ma non aiuterebbe, non importa, ci penserò io."

    "Tu chi sei?" chiese Barenziah.

    "Alla faccia della fama," l'uomo scrollò le spalle, sorridendo ironicamente. "Sono Symmachus, mia signora, e mi hai condotto ad una bella caccia, anche se immaginavo che ti saresti diretta a Morrowind. Sei stata fortunata. E' stato trovato un corpo a Whiterun che si pensava fosse di Straw così abbiamo smesso di cercare una coppia, mi ha distratto, eppure non avrei pensato che sareste rimasti insieme così a lungo. "

    "Lui dov'è? Sta bene?"

    "Oh, per ora è a posto, in custodia, naturalmente. Tieni a lui, vero?" la fissò con curiosità con gli occhi rossi che le sembravano così strani, tranne per le rare volte in cui aveva visto la sua immagine riflessa.

    "È mio amico", disse Barenziah. Le parole arrivarono in un tono che suonava noioso e senza speranza alle sue stesse orecchie. Symmachus! Un generale dell'esercito imperiale, che si diceva fosse amico e consigliere dello stesso Tiber Septim.

    "Ai. Sembra che tu frequenti brutte amicizie, se mi permetti, mia signora." Mentre parlavano, il trambusto e il turbinio nella casa erano scomparsi, sebbene lei sentisse gente, presumibilmente i residenti, bisbigliare non lontano da li. L'alto elfo si sedette ad un angolo della scrivania. Appariva rilassato e in attesa.

    "Molte? "C-cosa succederà a loro? A me?"

    "Ah, come sai questa casa appartiene al comandante delle truppe imperiali della zona." Barenziah sussultò e Symmachus alzò lo sguardo. "Non lo sapevi? Sei avventata, anche se hai diciassette anni. Devi sempre sapere cosa stai facendo."

    "M-ma la G-gilda n-non a-avrebbe -" Barenziah stava tremando. La Gilda dei Ladri non avrebbe mai tentato una missione ostacolando le politiche imperiali. Nessuno osava opporsi a Tiber Septim, almeno nessuno che lo conosceva.

    «È improbabile che Therris abbia avuto l'approvazione della Gilda per questo lavoro. Mi chiedo ...» Symmachus esaminò attentamente la scrivania, tirando fuori i cassetti. Ne scelse uno, mise il suo contenuto sul tavolo e rimosse il falso fondo. Dentro c'era un foglio di carta piegato. Sembrava essere una mappa di qualche tipo. Barenziah si avvicinò per vederla. Symmachus lo allontanò da lei, ridendo. "Calma, calma!" Lo guardò, poi lo piegò e lo ripose.

    "Poco faf mi hai consigliato di cercare la conoscenza."

    "L'ho fatto, l'ho fatto." All'improvviso sembrò di buon umore. "Dobbiamo andare, mia cara signora."

    La accompagnò alla porta, scese le scale e uscì nell'aria notturna. Non c'era nessuno. Gli occhi di Barenziah sfrecciarono nell'ombra. Si chiese se potesse sfidarlo o sfuggirgli in qualche modo.

    "Non starai pensando di tentare la fuga, vero? Non vuoi sentire cosa ho in serbo per te?" Sembrava un po 'ferito.

    "Si."

    "Forse vorresti sapere prima notizie dei tuoi amici."

    "No." Sembrava soddisfatto. Era la risposta che voleva, ma era anche la verità. Mentre Barenziah era preoccupata per i suoi amici, in particolare per Straw, era molto più preoccupata per se stessa.

    "Prenderai il tuo legittimo posto come Regina di Mournhold."

    Il suo cuore sobbalzò. Allora era vero!

    Symamchus le spiegò che quello era sempre stato il piano di Tiber Septim ed il suo per lei. Mournhold, che era stata sotto il controllo militare per dozzine di anni da quando era partita, doveva essere restituita, gradualmente, al legittimo sovrano, sotto la guida imperiale, naturalmente, come parte integrante della Provincia Imperiale di Morrowind.

    "Ma perché sono stata mandata a Darkmoor."

    "Per sicurezza, perché sei scappata?"

    Barenziah scrollò le spalle. "Non c'era alcuna ragione per rimanere, avresti dovuto dirmelo."

    "Ora lo avresti già saputo. Ti avrei mandata alla Città Imperiale per un po' al palazzo imperiale. Per quanto riguarda il tuo destino, credo sia ovvio. Tiber Septim non assiste coloro di cui non ha bisogno, e in che altro modo potresti essergli utile? "

    "Non so niente di lui o di te."

    "Allora sappi questo: Tiber Septim ricompensa amici e nemici in base alla loro utilità."

    Barenziah si morse il labbro per qualche istante. "Straw si è comportato bene con me e non ha mai fatto del male a nessuno, non è un membro della Gilda dei Ladri, è venuto per proteggermi, si da da fare con dei lavoretti e ..."

    Symmachus le fece cenno di tacere. "So tutto di Straw," disse, "e di Therris, allora?

    "Straw vuole una piccola fattoria, se sarò ricca, allora gliela darò".

    "Molto bene, l'avrà. E Therris?"

    "Mi ha tradito", disse Barenziah a bassa voce. Therris avrebbe dovuto dirle i rischi che comportava quel lavoro. Inoltre, lui la spinse nelle braccia dei loro nemici nel tentativo di salvarsi.

    "Sì quindi?"

    "Be ', dovrebbe soffrire per questo, non credi?"

    "Sembra ragionevole, che tipo di sofferenza?"

    Barenziah strinse i pugni. Le sarebbe piaciuto picchiare e artigliare lei stessa il Khajiit, ma non sarebbe stato molto regale. "Una frustata: venti strisce sarebbero troppe, non voglio ferirlo in modo permanente"

    "Ci penserò io."

    Barenziah trascorse due giorni nell'appartamento di Symmachus durante cui fu tenuta occupata. Una donna elfo scuro di nome Drelliane badò ai loro bisogni, anche se non sembrava esattamente una serva dato che mangiava con loro. Non era sua moglie. Drelliane sembrò divertita quando Barenziah glielo chiese. Disse semplicemente che era al servizio di Symmachus e faceva qualsiasi cosa le chiedesse.

    Con l'aiuto di Drelliane ottenne diversi abiti e paia di scarpe, oltre a un abito da equitazione e degli stivali, assieme ad altre piccole necessità. Le fu data una stanza. Symmachus era sempre lontano. Lo vedeva quasi a tutti i pasti, ma parlava poco di sé o di ciò che faceva, sebbene fosse cordiale ed educato, era disponibile a conversare degli argomenti più disparati e sembrava interessato a tutto ciò che lei aveva da dire. Con Drelliane era la stessa cosa. Barenziah li trovava simpatici, ma difficili da capire a fondo, come avrebbe detto Katisha. Provò una strana delusione. Erano i primi elfi scuri con cui aveva familiarizzato da vicino. Si aspettava di sentirsi a proprio agio con loro, di sentire, che era a quello il suo destino. Invece le mancavano i suoi amici nord, Katisha e Straw. Quando Symmachus le disse che l'indomani sarebbero partiti per la Città Imperiale, le chiese se desiderava dir loro addio.

    "Katisha?" chiese. "Certo, le devo molto, mi ha condotto da te raccontandomi di una solitaria ragazza elfo scuro di nome Berry, vestita da ragazzo, che aveva bisogno di amici elfici. La Gilda e i suoi associati non conoscono la tua vera identità, tranne Therris. Va bene, è meglio che la tua appartenenza alla Gilda non sia resa di dominio pubblico. Non ne parlerai a nessuno. Non si addice ad una regina imperiale. "

    "Nessuno lo sa, a parte Straw e Therris. Non lo diranno a nessuno".

    "No, non lo faranno." Allora non sapeva che anche Katisha era al corrente!

    Straw giunse al loro appartamento la mattina della loro partenza e li lasciarono soli in salotto, anche se Barenziah sapeva che gli elfi avevano un ottimo udito. Straw era pallido e sofferente. Si abbracciarono in silenzio per alcuni minuti. Le spalle di Straw tremavano e le lacrime gli rigavano le guance, ma non disse nulla.

    Barenziah accennò un sorriso. "Così entrambi otterremo ciò che vogliamo, io sarò regina di Mournhold e tu sarai il re della tua fattoria, ti scriverò, devi trovare uno scriba per poter scrivermi." Straw scosse tristemente la testa, e quando Barenziah insistette, aprì la bocca e indicò il suo interno, emettendo un rumore inarticolato. La sua lingua era stata mozzata! Barenziah crollò su una sedia e pianse rumorosamente.

    "Perché?" chiese a Symmachus, quando Straw venne portato via. "Perché?"

    Symmachus fece spallucce. "Lui sa troppo di te, potrebbe essere pericoloso, almeno è vivo, e non avrà bisogno della sua lingua per coltivare."

    "Ti odio!" gli urlò Barenziah, poi si chinò e vomitò sul pavimento. Continuò a insultarlo tra una nausea e l'altra. Ascoltò immobile per un pò, mentre Drelliane metteva in ordine dietro di lei. Alla fine le disse di smettere o l'avrebbe imbavagliata per tutto il viaggio.

    Si fermarono a casa di Katisha. Symmachus e Drelliane non scesero da cavallo. Tutto sembrava normale ma Barenziah era spaventata quando bussarono alla porta. Katisha rispose. Stava piangendo, ma abbracciò Barenziah.

    "Perché stai piangendo?" Chiese Barenziah.

    "Per Therris, non hai sentito? È morto, è stato sorpreso a rubare nella casa del comandante. Povero ragazzo, ma era una cosa così sciocca. Oh, Barenziah, è stato tirato e squartato per ordine del comandante, sono andata: chiese di me, è stato terribile, ha sofferto tanto prima di morire, non lo dimenticherò mai, ho cercato te e Straw ma nessuno sapeva dove fossi finita. Lui è Symmachus, vero? Sai, nel momento in cui l'ho visto, ho pensato, 'questo è quello giusto per Barenziah!' Gli ho parlato di te, sai. "

    "Sì", disse Barenziah. "Katisha, ti voglio bene, ma per favore non raccontare mai a nessuno altro di me, mai, giurami che non lo farai, soprattutto non a Symmachus, e prenditi cura di Straw per me." Katisha promise, perplessa ma sinceramente. "Berry, hanno catturato Therris per colpa mia? Non ho mai detto nulla di Therris a Symmachus."

    Barenziah le assicurò che non era così, che un informatore aveva raccontato alla Guardia Imperiale i piani di Therris. Era una bugia, ma Katisha aveva disperatamente bisogno di un conforto.

    "Oh, meno male. Sarebbe stato terribile ... ma come potevo saperlo? E Symmachus è molto carino, non credi? "

    "Non lo so", disse Barenziah. "Non ci ho proprio pensato, non c'è stato tempo." Le raccontò di essere la regina di Mournhold e che doveva andare a vivere nella città imperiale per un po. "Mi stava cercando, non credo che lui pensi a me come a una donna, però ha detto che non sembravo un ragazzo", aggiunse di fronte all'incredulità di Katisha. Sapeva che Barenziah valutava l'attrazione sessuale di ogni maschio che vedeva. "Suppongo che sia la sorpresa di scoprire che sono davvero una regina", aggiunse, e Katisha fu d'accordo con lei, anche se non c'era modo di capirlo con certezza.

    La loro compagnia lasciò Riften dalla grande porta sud. Una volta superata Symmachus le toccò la spalla e indicò il cancello. "Pensavo che avresti voluto salutare Therris," disse. Barenziah fissò brevemente ma con fermezza la testa infilzata su uno spuntone sopra il cancello. Gli uccelli l'avevano quasi sfigurato, ma il volto era ancora riconoscibile.

    "Credo che non mi ascolterà", rispose. "Andiamo per la nostra strada, vero?"

    Symmachus era chiaramente deluso dalla sua mancanza di reazione. "Te l'ha detto Katisha?"

    "Certo, ha assistito all'esecuzione." disse Barenziah. Se non lo sapeva già, lo avrebbe scoperto presto; ne era sicura.

    "Sapeva che Therris era affiliato alla Gilda?"

    "Tutti lo sapevano, solo i membri di basso rango come me dovrebbero mantenere segreta la loro appartenenza, gli ufficiali sono ben noti, ma lo sai già, vero?" ghignò lei.

    "Così le hai detto chi eri e da dove venivi, ma nulla riguardo alla Gilda."

    "L'appartenenza alla Gilda non era un segreto da raccontare, l'altro invece... C'è una differenza, Katisha è una persona molto onesta, se non glielo avessi raccontato lo avrebbe letto nei miei occhi. Ha sempre incitato Therris a trovare un lavoro più onesto. Apprezzo il suo parere e pensa anche che sarei più felice se trovassi un compagno stabile, uno della mia razza, in effetti, non è strano come i desideri si avverino a volte, ma non nel modo in cui vorresti? "

    "Sì. Molto strano." Qualcosa nel modo in cui lo disse gli fece pensare che lei fosse uno dei suoi desideri che si era avverato in un modo non del tutto di suo gradimento.




    La Vera Barenziah

    Volume 6

    Versione Integrale



    Barenziah rimase triste per diversi giorni, ma dal terzo giorno in poi il suo umore migliorò. Era felice di mettersi di nuovo in viaggio, anche se le mancava la compagnia di Straw più di quanto avrebbe immaginato. Erano scortati da una truppa di cavalieri Redguard, con i quali si sentiva a suo agio, sebbene fossero più retti delle guardie delle carovane mercantili. Erano cordiali ma rispettosi nei suoi confronti nonostante lei cercasse di sedurli. Symmachus la sgridò in privato, dicendo che una regina doveva sempre essere dignitosa.

    "Vuoi dire che non mi divertirò mai più?"

    "Non con questa gentaglia inferiore, la grazia va cercata in coloro che hanno autorità, la familiarità non lo è, rimarrai casta e modesta mentre sarai nella città imperiale".

    Il volto di Barenziah si stravolse. "Potrei fingere di essere di nuovo a Black Moor. Gli Elfi sono promiscui per natura. Tutti lo sanno."

    "Tutti hanno torto, allora, alcuni lo sono, altri no. L'imperatore - e io - pretendiamo che ti mostri sia dignitosa che discreta. Lascia che ti ricordi che sarai Regina di Mournhold non per diritto di sangue, ma solo per il piacere di Tiber Septim. Se ti ritenesse inadatta, il tuo regno potrebbe finire prima ancora di iniziare, richiede intelligenza, obbedienza, discrezione e totale lealtà da tutti i suoi incaricati, e predilige la castità e la modestia nelle donne. Prendi esempio da Drelliane. "

    "Preferirei tornare a Black Moor," disse Barenziah indignata.

    "Questa non è un'opzione: se non sei utile a Tiber Septim, farà in modo che tu non sia neppure di alcuna utilità per i suoi nemici," disse Symmachus freddamente. "Se tieni la testa sulle spalle, fai attenzione, lasciami aggiungere che il potere può donare piaceri diversi da quelli carnali e della bassa società". Cominciò a parlare di arte, letteratura, teatro, musica e grandi ricevimenti. Barenziah ascoltò con interesse spronata dalle sue minacce, ma poi gli chiese se poteva continuare a studiare incantesimi mentre era nella città imperiale. Symmachus sembrò compiaciuto e promise di pensarci. Soddisfatta di questo fece notare che tre dei loro cavalieri erano donne, e chiese se poteva allenarsi un po 'in combattimento con loro, solo per esercitarsi. Symmachus sembrò meno felice, ma glielo concesse, ma solo con le donne.

    Il clima del tardo inverno si mantenne moderato, sebbene leggermente gelido, per il resto del loro viaggio permettendo loro di percorrere velocemente strade sicure. Un giorno, con il disgelo alla fine arrivò la primavera, la strada divenne un pantano sotto i loro piedi, e ovunque si udiva vagamente il suono dell'acqua che scorreva e gocciolava.

    Al tramonto arrivarono al grande ponte che attraversava la città imperiale. un bagliore roseo tinse tutti gli austeri edifici di marmo bianco con un delicato rosa. Sembrava tutto nuovo, grande e immacolato. Un ampio viale li condusse direttamente a nord verso il palazzo. C'erano persone di ogni genere nelle strade. Le luci si spensero nei negozi e nelle locande quando calò il crepuscolo e le stelle apparvero una ad una. Anche le strade laterali erano ampie e ben illuminate. Vicino al palazzo si ergevano le torri della grande Gilda dei Maghi a est, mentre a ovest brillavano le vetrate di un grande tempio.

    Symmachus viveva in un appartamento in una grande casa a due isolati dal palazzo, oltre il Tempio, "il Tempio dell'Unico", le disse lui mentre passavano. Un antico culto nord che Tiber Septim aveva rivitalizzato. Disse che Barenziah ne sarebbe dovuta diventare partecipe, se l'Imperatore l'avesse ritenuta degna.

    L'appartamento di Symmachus era molto grande, anche se poco gradito a Barenziah. Le pareti e gli arredi erano di un bianco spoglio, mitigato solo da tocchi di oro brillante, i pavimenti di marmo nero scintillante. Gli occhi di Barenziah le dolevano i giochi di ombre.

    Al mattino Symmachus e Drelliane la accompagnarono al palazzo imperiale. Barenziah notò che tutti quelli che incontravano salutavano Symmachus con rispetto deferente che in alcuni casi rasentava l'ossequiosità. Lui lo dava per scontato. Lei e Symmachus furono introdotti direttamente alla presenza imperiale.

    Il sole del mattino inondava la piccola stanza attraverso una grande finestra con piccoli pannelli, inondando il tavolo della colazione e l'uomo lì seduto, una sagoma scura. Balzò in piedi mentre entravano e si appropinquò verso di loro: "Ah, Symmachus, amico mio, accolgo con gioia il tuo ritorno." Le sue mani toccarono brevemente le spalle di Symmachus, con affetto, interrompendo l'inchino profondo che l'elfo aveva iniziato. Barenziah fece una riverenza mentre Tiber Septim le si rivolse.

    "Barenziah, la mia piccola conturbante fuggiasca, come stai, piccola? Vieni, lascia che ti guardi, Symmachus, è affascinante, assolutamente affascinante, perché l'hai nascosta da noi tutti questi anni?" La luce è troppo forte? Devo slegare gli arazzi? Sì, certo. " Bloccò il tentativo di Symmachus e tirò le tende lui stesso, senza preoccuparsi di chiamare un servitore. "Mi perdonerai per questa scortesia per i miei ospiti, ho molte cose a cui pensare, ma questa è una scusa grossolana per l'inospitalità - ah, prego unisciti a me. C'è dell'ottima frutta di Black Marsh".

    Si sistemarono al tavolo. Barenziah era sbalordita. Tiber Septim non somigliava al cupo guerriero grigio e alto che aveva immaginato. Era di media altezza, più basso di Symmachus, benché avesse un bell'aspetto e di movimenti agili. Aveva un sorriso accattivante, occhi azzurri brillanti e penetranti, e una folta chioma di capelli bianchi e diradati sulla fronte segnata dalle intemperie. Poteva avere qualsiasi età, tra i quaranta e i sessanta.

    Fece portare loro cibo e bevande, poi ripeté la domanda: perché aveva lasciato la sua casa? I suoi guardiani erano stati poco gentili con lei?

    "No, eccellenza", rispose Barenziah, "in verità no, anche se a volte mi è parso così." Symmachus aveva inventato una storia da ripeterei e Barenziah la disse, anche se con apprensione. Lo stalliere, Straw, l'aveva convinta che i suoi guardiani, incapaci di trovare un marito adatto a lei, intendevano venderla come concubina a Rihad, e quando giunse un Redguard, fu presa dal panico e fuggì con lui. Tiber Septim sembrava affascinato e ascoltava rapito mentre lei forniva dettagli della sua vita come mercenaria di una carovana mercantile.

    "Fantastico, è come una ballata", disse. "Per l'Unico, farò in modo che il bardo della corte la metta in musica. Che ragazzo affascinante dovevi essere."

    "Symmachus disse che ..." Barenziah si fermò in una certa confusione, "beh, che non assomiglio più a un ragazzo, sono cresciuta negli ultimi mesi". Abbassò lo sguardo in quello che sperava sembrasse una modestia da ragazza.

    "È un tipo molto perspicace, il mio amico Symmachus."

    "So di essere stata una ragazza molto sciocca, devo chiedere il vostro perdono, e quello dei miei gentili guardiani M-me ne sono resa conto qualche tempo fa, ma mi vergognavo troppo a tornare a casa e avevo nostalgia di Morrowind. La mia anima si strugge per il mio paese ".

    "Mia cara, tornerai a casa, te lo prometto, ma ti prego di restare con noi ancora un po ', affinché ti prepari al severo compito che ti spetta." Barenziah lo guardò intensamente, con il cuore che le batteva forte. Tutto procedeva proprio come aveva detto Symmachus. Sentì una calda vampata di gratitudine verso di lui, ma fu attenta a mantenere la concentrazione sull'Imperatore. "Sono onorata, Eccellenza, e desidero ardentemente di servire in ogni modo possibile voi e questo grande impero che avete forgiato." Era una dichiarazione di facciata, ma Barenziah lo pensava davvero. Era impressionata dalla magnificenza della città e dalla disciplina e dall'ordine che c'erano ovunque, ed era eccitata all'idea di essere parte di tutto ciò. Inoltre era molto attratta da Tiber Septim.

    Dopo alcuni giorni Symmachus partì per Mournhold per assumere le sue funzioni di governatore fino a quando Barenziah non fosse stata pronta a salire al trono, dopo di che sarebbe diventato il suo primo ministro. Barenziah, con Drelliane come accompagnatrice, si stabilì in una stanza a Palazzo. Le diedero diversi tutori. Durante questo periodo si interessò profondamente alle arti magiche, ma trovava lo studio della storia e della politica non di suo gusto.

    A volte incontrava Tiber Septim nei giardini del palazzo e chiedeva instancabilmente cortesemente dei suoi progressi, e rimproverava, con un sorriso, il suo disinteresse per le questioni di stato. Tuttavia, era sempre felice di istruirla sulla magia, e faceva sembrare interessanti anche la storia e la politica dopo tutto. "Sono persone, bambini, non fatti aridi in un libro polveroso", le disse. La sua comprensione ampliò le loro discussioni allungandole, e rendendole più profonde e più frequenti. Le parlò della sua visione di Tamriel unita, ogni razza separata e distinta ma con ideali e obiettivi condivisi, tutti contribuenti al benessere comune.

    "Alcune cose sono universali, condivise da tutte le persone senzienti di buona volontà", le disse. "Così l'Unico ci insegna: dobbiamo unirci contro i malvagi e i brutali, i malintenzionati, gli orchi, i troll, i goblin e altre bestie terribili, non sforzarci di guadagnare l'uno dall'altro".

    I suoi occhi blu si accesero mentre decantava il suo sogno, e Barenziah fu felice di sedersi e ascoltarlo. Se si fosse avvicinato a lei, la parte del suo corpo accanto a lui si sarebbe accesa come se fosse un incendio. Se le loro mani si fossero incontrate avrebbe avvertito un formicolio come se il suo corpo fosse stato colpito da un piccolo incantesimo di danno. Un giorno, inaspettatamente, le prese il viso tra le mani e la baciò dolcemente sulla bocca. Lei si ritrasse dopo alcuni istanti, stupita dalla violenza dei suoi sentimenti, e lui si scusò all'istante. "Non volevo farlo, è solo che... sei così bella, mia cara, molto bella." La guardavao con un ardente desiderio sul viso. Si voltò, con le lacrime che le rigavano il viso. "Sei arrabbiata con me? Dimmi."

    Barenziah scosse la testa. "Non potrei mai essere arrabbiata con voi, vi amo, so che è sbagliato, ma non posso farci nulla".

    "Ho una moglie", disse. "È una donna buona e virtuosa, e madre dei miei figli, non potrei mai metterla da parte, eppure non c'è niente tra noi, nessuna condivisione dello spirito, avrebbe potuto rendermi altro da quello che sono. Sono l'uomo più potente di tutta Tamriel, e, Barenziah, penso di essere anche il più solo. Potenza! " disse con disprezzo. "Ne scambierei un pò per la gioventù e l'amore se gli dei me lo permettessero."

    "Ma tu sei forte, vigoroso e pieno di vita, più di qualsiasi uomo che abbia mai conosciuto."

    Lui scosse la testa. "Oggi, forse, eppure lo sono meno di ieri, l'anno scorso, dieci anni fa, sento i limiti della mortalità ed è doloroso".

    "Se posso alleviare il vostro dolore, lasciatemelo fare." Barenziah si mosse verso di lui con le mani protese.

    "Non prenderei mai la tua innocenza."

    "Non sono cosi innocente."

    "Come mai?" disse con voce rauca Tiber Septim, la fronte aggrottata. La bocca di Barenziah si seccò. Che cosa aveva fatto?

    "C'era Straw", esitò. "Anch'io ero sola, e non così forte come te." Abbassò gli occhi in imbarazzo. "Io non sono degna--"

    "No, no, non così. Barenziah, non può durare a lungo, hai un compito a Mournhold, devo estendere il mio impero, dobbiamo condividere ciò che possiamo e pregare che l'Unico perdoni la nostra fragilità?"

    Tiber Septim tese le braccia e, senza dire una parola, Barenziah entrò nel suo abbraccio.
     
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  4. alaris

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    Live fresca fresca con Ted Peterson. Buona visione :)
     
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  6. alaris

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    Urge la localizzazione in italiano, chi ha orecchie per intendere...intenda;)
     
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  7. Varil

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    La Vera Barenziah



    Volume 7


    Versione Integrale



    "Danzi sul ciglio di un vulcano, bambina," la rimproverò Drelliane, mentre Barenziah ammirava l'anello di smeraldi che il suo amante le aveva dato per celebrare il loro anniversario di un mese.

    "Per quale motivo? Siamo felici, non facciamo del male a nessuno, Symmachus mi ha chiesto di essere oculata e discreta, Cosa potevo chiedere di meglio, e siamo stati molto discreti, mi tratta come una figlia in pubblico". Le visite notturne di Tiber Septim avvenivano attraversoun passaggio segreto.

    "Ti tratta come un cane che aspetta la sua cena. Non hai notato la freddezza dell'Imperatrice e di suo figlio verso di te?"

    Barenziah scrollò le spalle. Ancor prima che lei e Septim diventassero amanti, dalla sua famiglia non aveva avuto altro che la semplice cortesia. Cordialità di facciata. "Che importa? È Tiber che detiene il potere."

    "A suo figlio spetta il regno: non esporre la madre al pubblico ludibrio, ti prego".

    "Posso aiutarlo se quella mazza di scopa di una donna non sa attrarre l'interesse del marito neppure nelle conversazioni durante la cena?"

    "Parla di meno in pubblico, questo è tutto ciò che ti chiedo, lei conta poco, ma i suoi figli la amano, e tu non li vuoi come nemici." A Tiber Septim non resta molto da vivere. ritengo," Drelliane si affrettò a dire, notando lo sguardo torvo di Barenziah, "Gli esseri umani hanno una breve vita. Come dicono gli elfi, vanno e vengono come le stagioni, ma le famiglie dei potenti vivono a lungo'. Devi entrare nelle simpatie di famiglia se vuoi ricavare profitti duraturi dalla tua relazione. Ah, come posso fartelo capire meglio, sei così giovane e inesperta al mondo umano! Se ti prendi cura di te e di Mournhold vivrai per vedere la caduta della dinastia Septim, Così come ne ha fondata una, e ne hai visto il suo sorgere, è il destino della storia umana, Fluisce come le maree, e le loro città e persino i loro imperi fioriscono come i fiori di primavera, ma solo per appassire e morire al sole estivo ".

    Barenziah sorrise. Sapeva che c'erano molte voci su di lei e su Tiber Septim. Si divertiva di quelle attenzioni tranne che di quelle dell'imperatrice e suo figlio sembrava affascinato da lei. I bardi cantavano della sua oscura bellezza e dei suoi modi affascinanti. Aveva stile ed era innamorata e se fosse durato temporaneamente, beh, cosa non lo era? Per la prima volta da quando riusciva a ricordare era felice, ogni giorno era piena di gioia e soddisfazione, e le notti erano ancora meglio.

    "Cosa c'è che non va in me?" si lamentò Barenziah. "Senti, non mi va bene nessuna delle mie gonne? Cosa è successo alla mia vita? Sto ingrassando?" Barenziah guardava con dispiacere le sue gambe e le sue braccia magre e la sua vita innegabilmente ispessita nello specchio.

    Drelliane si strinse nelle spalle. "Sembra che tu sia incinta, nonostante la tua giovane età. L'accoppiamento frequente con un essere umano ti ha portato presto alla fertilità, non vedo altra possibilità se non che tu ne parli con lui, appartieni a lui. Penso che tu possa andare direttamente a Mournhold se sarà d'accordo, e portare il bambino lì ".

    "Da Sola?" Barenziah mise le mani sul suo ventre gonfio, le lacrime si formarono nei suoi occhi. Desiderava condividere il frutto del suo amore con il suo amante. "Non lo accetterà mai, non si separerà da me. Vedrai."

    Drelliane scosse la testa grigia. Anche se non disse altro, uno sguardo di compassione e tristezza aveva sostituito il suo solito freddo disappunto.

    Quella notte Barenziah raccontò tutto a Tiber Septim quando venne da lei.

    "Incinta?" Sembrò scioccato. Stordito. "Ne sei sicura? Mi è stato detto che gli elfi non restano incinata quando sono così giovani."

    Barenziah abbozzò un sorriso. "Come posso esserne sicura? Non ho mai ..."

    "Chiederò al mio guaritore."

    Il guaritore, un alto elfo della mezza età, confermò che Barenziah era davvero incinta e che una cosa del genere non era mai accaduta prima. Era una testimonianza della potenza di Sua Eccellenza, disse il guaritore in fieramente. Tiber Septim ringhiò contro di lui. "Questo non può accadere", ha detto. "Uccidilo."

    "Sire", il guaritore lo guardò a bocca aperta. "Non posso--."

    "Certo che puoi," scattò. "Ti ordino di farlo."

    Barenziah, con gli occhi spalancati e terrorizzati, si mise a sedere sul letto. "No!" urlatò. "No, cosa stai dicendo?"

    "Mia cara bambina," Tiber Septim si sedette accanto a lei con il suo sorriso accattivante. "Mi dispiace tanto, davvero, ma questo non può accadere, il tuo bambino potrebbe essere una minaccia per mio figlio e per i suoi figli, non lo dirò più chiaramente".

    "Il bambino che porto è tuo figlio!" gli urlò.

    "No. È solo una possibilità, potrebbe essere, non ha ancora un'anima. Non posso lasciarlo vivere." Diede un'altra occhiata imperativa al guaritore e l'elfo cominciò a tremare.

    "È suo figlio, non ci sono molti bambini tra gli elfi, nessuna donna ne concepisce più di quattro e questo è molto raro, due è già miracoloso, alcune non ne hanno più di uno solo, se lo uccido, non potrà più concepire."

    "Mi hai detto che non avrebbe concepito, ho poca fiducia nei tuoi pronostici".

    Barenziah si arrampicò nuda sul letto e corse verso la porta, senza sapere dove stesse andando, ma non poteva restare. Non raggiunse la porta perché l'oscurità la prese prima.

    Barenziah si svegliò indolenzita e vuota. Drelliane era lì per lenirle il dolore e pulire il sangue che si raccoglieva tra le sue gambe, ma non poteva fare nulla per riempire il suo vuoto. Tiber Septim inviò doni e fiori e venne per brevi visite, sempre ben protetto. Barenziah ricevette queste visite con piacere, ma non venne più di notte né lo desiderò più. Dopo una settimana, quando fu guarita fisicamente, le fu annunciato che Symmachus le aveva chiesto di andare a Mournhold prima del previsto, e che sarebbe partita immediatamente. Le fu dato una splendida scorta, un guardaroba che si addiceva a una regina e una partenza cerimoniale dalle porte della città imperiale.

    "Tutto ciò che ho amato, l'ho perso" pensò Barenziah, guardando oltre i cavalieri al galoppo, dietro e davanti, le donne vicino a lei in carrozza, "ma ho guadagnato ricchezze e potere, e la promessa di altro a venire. L'ho pagato a caro prezzo, ora capisco meglio l'amore di Tiber Septim, se ha pagato spesso tali prezzi, sicuramente il valore è commisurato al prezzo che si paga ". Barenziah, con i suoi pensieri, cavalcava una cavalla nera lucente, vestita come un guerriero nella lucente armatura degli elfi scuri.

    Mentre i giorni passavano lenti e la sua carovana percorreva una strada tortuosa verso est al tramonto, intorno a lei si ergevano i pendii scoscesi di Morrowind. L'aria era rarefatta e un gelido vento di fine autunno soffiava costantemente, ma era anche ricca dell'odore dolce e speziato della rosa nera tardiva, che cresceva in ogni angolo ombroso e fessura, trovando nutrimento anche nei pendii più impervi. Nei piccoli villaggi e nelle città, la gente scura degli elfi si radunava lungo la strada per piangere invocare il suo nome o semplicemente restando a bocca aperta. La maggior parte della sua scorta cavalleresca era composta da Redguard con alcuni elfi scuri, Nord e Bretoni misti tra loro. Mentre si facevano strada nel cuore di Morrowind, si sentivano sempre più a disagio e si radunavano. Persino gli oscuri cavalieri elfi sembravano a disagio. Barenziah si sentiva a casa, sentiva l'accoglienza che le dava quella terra.

    Symmachus le andò incontro ai confini di Mournhold con una scorta di cavalieri, circa la metà dei quali erano elfi scuri in armatura da battaglia imperiale. Ci fu una grande parata in città e discorsi di benvenuto da parte degli anziani.

    "Ho preparato gli alloggi della regina per te", disse, "ma puoi cambiare qualsiasi cosa non ti aggradi, ovviamente." Continuò a parlare dei dettagli della cerimonia di incoronazione che doveva svolgersi in una settimana. Era il suo ufficiale, ma sentiva anche qualcos'altro. Era impaziente di ottenere la sua approvazione per gli accordi. Non le chiese nulla del suo soggiorno nella città Imperiale o di Tiber Septim, anche se Barenziah era sicura che Drelliane gli avesse raccontato tutto dettagliatamente.

    La cerimonia in sé, come tante altre cose, era una mescolanza di vecchio e nuovo, parti dettate dalle formalità imperiali, poichè lei aveva giurato di servire l'Impero e Tiber Septim, così come la terra di Mournhold e la sua gente. Accettò la fedeltà del popolo e del consiglio. Il consiglio era composto da rappresentanti imperiali, consiglieri scelti e rappresentanti nativi del popolo. Questi ultimi erano per lo più anziani, secondo l'usanza elfica. Barenziah scoprì che molto del suo tempo sarebbe stato occupato nel tentativo di conciliare queste due forze. E ci si aspettava che gli anziani facessero la maggior parte della conciliazione in nome delle riforme introdotte dall'Impero, come la proprietà delle terre e l'agricoltura, che non andavano daccordo con la tradizione degli elfi scuri, come stabilito dagli antichi dei e dee. Ora, Tiber Septim, nel nome dell'Uno aveva decretato una nuova tradizione, e gli dei e le dee dovevano obbedire.

    Barenziah si buttò a capofitto nel lavoro e nello studio. Visse in amore con molti uomini per molto, molto tempo. Scoprì che c'erano anche altri piaceri, come Symmachus aveva promesso, quelli dell'intelletto, del potere. Sviluppò interesse per la storia e le leggende degli elfi scuri, una sete di conoscere i suoi antenati, orgogliosi guerrieri e artigiani.</font>




    La Vera Barenziah



    Volume 8


    Versione Integrale




    Tiber Septim visse per altri cinquant'anni, durante i quale lo vide in alcune occasioni, quando giunse nella Città Imperiale per svariate questioni. L' accolse con brio in quelle occasioni e discussero a lungo sugli eventi. Sembrava aver dimenticato quello che c'era stato tra loro. Era cambiato poco nel corso degli anni. Si diceva che i suoi maghi avessero trovato degli incantesimi per allungargli la vita, e persino che l'Unico gli avesse concesso l'immortalità. Poi un giorno arrivò un messaggero portò la notizia della sua morte, e suo figlio divenne imperatore al suo posto.

    Ricevettero l'annuncio in privato, lei e Symmachus. Lui reagì stoicamente, mentre l'apprese.

    "Non pare possibile", disse Barenziah.

    "Te l'ho detto, è il destino degli umani: la loro razza una breve vita, non importa, il suo potere sopravvive e suo figlio ora è imperatore".

    "Era tuo amico, non provi nulla?"

    Si strinse nelle spalle. "C'è stato un periodo in cui lui per te era qualcosa di più. Che cosa provi, Barenziah?"

    "Vuoto, solitudine," disse, poi anche lei scrollò le spalle. "Non è una sensazione nuova."

    "Lo so," disse lui, prendendole la mano. "Barenziah, lasciami provare a riempire quel vuoto." Le spostò in alto il viso e la baciò. Rimase stupita. Non l'aveva mai toccata prima. Non aveva mai pensato a lui in quel modo, e tuttavia, innegabilmente, un ardore a lungo sopito si riaccese in lei. Aveva dimenticato quanto fosse bella, quella sensazione. Non la stessa che aveva provato con Tiber Septim, ma quello che aveva provato con Straw! Straw, povero Straw. Non pensava a lui da così tanto tempo. Adesso avrebbe avuto cinquant'anni, se era ancora vivo. Probabilmente sposato con una dozzina di bambini, sperava, e una moglie che poteva parlare per due.

    "Sposami, Barenziah", le disse, "ho lavorato a lungo e atteso abbastanza, vero?"

    Matrimonio. "Un contadino con sogni da contadino." Queste parole apparvero nella sua mente, come se fossero li da molto tempo. Eppure, perché no? Se non lui, chi? Le grandi nobili famiglie erano state cancellate durante la guerra e a causa delle sue conseguenze. Le tradizioni degli elfi scuri erano state ripristinate, ma non la loro antica nobiltà. La maggior parte di loro erano fanatici, come Symmachus ma non erano bravi quanto lui. Aveva combattuto per mantenere integra e prospera Mournhold quando i loro cosiddetti consiglieri l'avrebbero spolpata, fino all'osso mentre Ebonheart sarebbe avviizzita. Aveva combattuto per Mournhold, aveva combattuto per lei, mentre lei e l'impero crescevano. Provò un'improvvisa sensazione di gratitudine e, innegabilmente, affetto. Era costante e affidabile. L'aveva servita bene. "Perchè no?" disse, sorridendo.

    L'unione fu posiyiva, sia nei suoi aspetti politici che personali. Mentre il figlio di Tiber Septim la guardava con sospetto, riponeva cieca fiducia nel vecchio amico di suo padre. Symmachus, tuttavia, era ancora mal visto con dalla gente di Morrowind, sospettosa della sua umile discendenza, dei suoi stretti legami con l'Impero, mentre lei era molto popolare. "La Signora ci porta nel suo cuore", si sussurrava, "è stata prigioniera come noi." Barenziah era soddisfatta. C'era lavoro e prosperità e cosa si poteva chiedere di più alla vita? Gli anni passarono rapidamente, tra crisi da affrontare, tempeste e carestie, fallimenti, successi e trame da sventare. Mournhold prosperava. Il suo popolo era al sicuro e in salute, le sue miniere e le sue fattorie erano produttive. Tutto andava bene, salvo che il matrimonio non portò figli. Nessun erede

    Le donne elfo non rimanevano incinta facilmente, e i loro figli richiedevano ancora più attenzioni, figli più nobili di altri, quindi passarono molti decenni prima che si preoccupassero di ciò.

    "La colpa è mia, marito, sono merce avariata". Disse Barenziah amaramente. "Se vuoi prenderne un'altra..."

    "Non nessun altra", sbottò Symmachus, "né so di chi è la colpa, Forse è mia. Ad ogni modo troveremo una cura: se c'è un danno, sicuramente può essere riparato."

    "In che modo? Se non osiamo svelare a nessuno la mia vera storia? I giuramenti dei guaritori non reggono per sempre."

    "Possiamo cambiare un po i tempi e le circostanze, diciamo qualcosa o non la diciamo Jephre è instancabile: la sua mente macchinosa e la sua loquacità sono sempre impegnate a diffondere pettegolezzi e voci".

    Sacerdoti e guaritori andarono e venirono, ma tutte le loro preghiere, pozioni e altri sforzi non produssero nemmeno una fioritura, neppure un singolo frutto. Alla fine, se ne dimenticarono e si affidarono al volere degli dei. Erano ancora giovani, con secoli davanti a loro. C'era tempo. Gli elfi hanno sempre tempo.</font>





    La Vera Barenziah



    Volume 9


    Versione Integrale




    Barenziah cenava nella sala, giocherellando con il cibo nel piatto, annoiata e inquieta. Symmachus non c'era, era stato convocato nella Città Imperiale dal pronipote di Tiber Septim, Uriel Septim. O era il suo pro-pronipote? Si rese conto di non aver capito. I loro volti sembravano confondersi l'uno nell'altro. Forse avrebbe dovuto andare con lui, ma era stata trattenuta dalla delegazione di Tear per una questione faticosa che richiedeva un trattamento delicato.

    Un bardo cantava, ma Barenziah non ascoltava. Ultimamente le canzoni le sembravano tutte uguali, nuove o vecchie. Ma un verso attirò la sua attenzione. Parlava di libertà, di avventura, della liberazione di Morrowind dalle sue catene. Come osa! Barenziah si rizzò, si girò verso di lui e, ancor peggio, si rese conto che stava cantando di un'antica guerra contro i Nord di Skyrim, lodando l'eroismo di Re Moraelyn e dei suoi coraggiosi Compagni. Quella storia era molto vecchia, eppure la canzone era nuova ... e il significato ... Barenziah non era sicura di averlo compreso. Un uomo audace, ma con una buona voce e un buon orecchio per la poesia e la musica. Piuttosto piacente, con un aspetto delicato. Non sembrava esattamente prospero, né così giovane. Certamente non aveva meno di un secolo. Perché non l'aveva mai sentito prima, o almeno sentito parlare di lui?

    "Chi è?" sussurrò al suo compagno di cena, che scrollò le spalle e disse: "Lo chiamano Usignolo, nessuno sembra sapere nulla di lui".

    "Digli di venire a conferire con me quando avrà finito."

    Usignolo venne da lei, la ringraziò per l'onore e la borsa che lei gli porse. I suoi modi non erano audaci, piuttosto discreti e senza pretese. Era abbastanza avvezzo ai pettegolezzi, ma non scoprì nulla su di lui, perché aveva respinto tutte le sue domande con risposte scherzose o storie senza senso, eppure gliele aveva date in modo così affascinante che era impossibile offendersi. "Il mio vero nome? Milady, io non sono nessuno No, no, i miei genitori mi chiamavano Ness Uno, o era Al Cuno? Cosa importa? Come possono i genitori dare un nome a ciò che non sanno? Ah, "Io" Credo che fosse il nome, No No. Sono stato Usignolo per così tanto tempo che non ricordo bene, oh dal mese scorso, o era la scorsa settimana? Tutti i miei ricordi vanno nelle canzoni e nelle storie, vedete. Non ne ho per me stesso, sono davvero noioso, Dove sono nato? Per Chè, Qui Li, ho intenzione di stabilirmi a Dunroman quando vi arriverò, ma non ho fretta.

    "Capisco, e poi sposerai Atleshur?"

    "Molto perspicace, milady, forse, anche se a volte trovo che Inaste sia più affascinante, a dire il vero."

    "Ah, sei volubile, allora?"

    "Come il vento, milady, soffio qua e là, caldo e freddo."

    "Resta con noi per un po ', allora, se lo desideri."

    "Come volete, milady."

    Barenziah notò che il suo interesse per la vita si era riacceso. Tutto ciò che sembrava stantio ora appariva nuovo e fresco. Lo salutò ogni giorno con entusiasmo, in attesa di conversare e cantare con l'Usignolo. A differenza di altri bardi, non decantò mai le sue lodi, né quelle di altre donne, ma solo di grandi avventure e gesta coraggiose. Quando gli chiese di questo, disse semplicemente: "Quale maggiore lode del tuo fascino potresti chiedere, che sia superiore a quella che ti dà il tuo specchio? E trovassi le parole, tu hai quelle dei più grandi bardi della terra? Come potrei competere con loro, io che sono nato una settimana fa?" Una volta parlarono in privato, perché Barenziah, insonne, lo aveva invitato nella sua camera perché la sua musica la calmasse.

    "Sei un pigro e un vigliacco, non sortisco alcun fascino su di te."

    "Milady, per lodarti devo conoscerti e il tuo spirito è avvolto nelle nubi di un incantesimo."

    "Non è così, sono le tue parole che tessono incantesimi e i tuoi occhi, conoscimi se vuoi e se osi". Le si avvicinò; si stesero vicini, baciati e abbracciati. "Nemmeno Barenziah conosce davvero se stessa," le sussurrò dolcemente. "Come potrei io? Barenziah, cerchi e non sai ancora cosa. Cosa vorresti avere che non hai?"

    "Passione", sussurrò, "passione e figli nati da essa".

    "E per i tuoi figli, cosa? Quale diritto di nascita darai loro?"

    "Libertà", sussurrò, "la libertà di essere quello che sono. Dove posso trovare queste cose?"

    "Giacciono accanto a te e sotto di te se hai il coraggio di allungare la mano per prenderle."

    "Ma Symmachus ..."

    "Ti dico che in me c'è la risposta a parte della tua ricerca e sotto di noi in queste miniere, bugie che ci garantiranno il potere di realizzarla. Ciò che Moraelyn ed Edward usarono per liberare High Rock dalla liberazione del dominio dei Nord: se usato correttamente, nessuno può resistergli, quel potere non può controllarlo l'Imperatore: libertà, Barenziah, libertà dalle catene che ti legano, pensaci, Barenziah. " La baciò di nuovo, dolcemente, e si ritirò.

    "Non te ne starai andando?" gridò, perché il suo corpo desiderava ardentemente lui.

    "Per ora", disse. "I piaceri della carne non sono nulla in confronto a ciò che potremmo avere insieme. Vorrei che ci pensassi su".

    "Non ho bisogno di pensarci, cosa dobbiamo fare? Che rito dobbiamo compiere?"

    "Perché, nessuno, puoi entrare liberamente nelle miniere, una volta laggiù ti posso guidare dove giace questa cosa e risvegliarla dal suo luogo di riposo."

    "Il corno dell'evocazione", sussurrò. "Esiste? Come fai a saperlo?" Si dice che sia sepolto "sotto Daggerfall".

    "No, a lungo ho studiato questa storia. Prima della sua morte, re Edward diede il corno in custodia nelle mani del suo vecchio amico Re Moraelyn, che lo nascosse qui a Mournhold, sotto la tutela del dio Ephen, di cui questo è il luogo di nascita. Ora sai cosa mi è costato vagare per molti lunghi anni".

    "Ma il dio?"

    "Fidati di me, cuore mio, andrà tutto bene." Ridendo, le donò un ultimo bacio e se ne andò.

    Il giorno dopo superarono le guardie alle grandi porte che portavano ai sotterranei. Barenziah fece il suo solito giro di ispezione ma, invece di andarsene in seguito, lei e l'Usignolo passarono per una porta sigillata che conduceva a una zona antica in disuso, da tempo abbandonata. Il percorso era infido, perché alcuni dei vecchi passaggi erano crollati e dovevano aprirsi un passaggio o trovare un modo per aggirarli. Ratti orrendi e ragni enormi si aggiravano qua e là e talvolta li attaccarono.

    "Siamo stati via troppo a lungo", disse Barenziah. "Ci cercheranno, cosa dirò loro?"

    "Per favore, per favore," usignolo rise. "Sei la regina?"

    "Symmachus--"

    "Quel contadino obbedisce a chiunque detenga il potere, lo ha sempre fatto, lo farà sempre, noi avremo il potere, l'amore". Le sue labbra erano il vino più dolce, ogni parola di fuoco e fulmine.

    "Ora," disse lei, "prendimi adesso, sono pronta." Il suo corpo sembrava vibrare, ogni nervo e muscolo erano tesi.

    "Non ancora, non qui, non così." Smosse le antiche macerie polverose e i massi delle pareti rocciose. "Ancora un po '."

    "Qui," disse infine, fermandosi davanti a un muro bianco. "E' qui". Le sue mani lanciarono un incantesimo e il muro si dissolse per rivelare l'ingresso di un antico santuario. Nel mezzo c'era una statua del dio, con il martello in mano, sospeso sopra un'incudine adamantino.

    "Per il mio sangue, Ephen, ti ordino di svegliarti! Sono l'erede di Ebonheart di Moraelyn, ultimodella mia stirpe, antenato del tuo sangue.Per le necessità di Morrowind, con tutta Elvendom in pericolo per le loro forme ed anime, donami ciò che custodisci, Colpisci!

    Alle sue parole la statua si mosse e si risvegliò, e gli occhi di pietra bianca brillarono di rosso. La massiccia testa annuì e il martello colpì l'incudine, che si spezzò in due per lo schianto fragoroso, e il dio della pietra si sbriciolò. Barenziah si coprì le orecchie con le mani e si accovacciò, gridando forte. L'usignolo avanzò con passo deciso e afferrò ciò che giaceva tra le rovine con un grido di estasi, sollevandolo in alto.

    "Qualcuno sta arrivando!" Gridò Barenziah. "Aspetta, quello non è il Corno, è uno bastone!"

    "Esatto, mia cara, vedi, finalmente!" L'usignolo rise ad alta voce, poi - "Mi dispiace, mia cara, che devo lasciarti ora. Forse ci rivedremo un giorno. Fino ad allora - ah, fino ad allora, Symmachus", disse alla figura con un'armatura che era apparsa dietro di loro, "è tua".

    "No!" Barenziah balzò in piedi e corse verso di lui, ma non c'era più - sparito - proprio appena Symmachus, con la spada sguainata, lo raggiunse. La sua lama scacciò un colpo attraverso l'aria vuota, poi rimase immobile come se avesse preso il posto del dio di pietra. Barenziah non disse nulla, niente, niente ...

    Symmachus riuscì a dire alla mezza dozzina di elfi che lo avevano accompagnato solo che l'Usignolo e la regina avevano perso la loro strada, ed erano stati assaliti dai ragni. L'Usignolo era caduto in un profondo crepaccio che si chiuse su di lui. Il suo corpo non poteva essere recuperato. La regina era rimasta gravemente scossa dall'accaduto e pianse profondamente la perdita dell'amico, caduto in sua difesa. Tale era il suo potere di comando che i soldati rimasero a bocca aperta, nessuno dei quali aveva notato l'evento, erano convinti che fosse vero.

    Barenziah fu scortata nella sua camera dove licenziò i suoi servi e rimase seduta stordita, troppo scossa perfino per piangere. Symmachus rimase a guardarla.

    "Hai idea di cosa hai fatto?" disse infine.

    "Avresti dovuto dirmelo" sussurrò Barenziah "Il Bastone dell'Unità e del Caos! Non avrei mai immaginato che giacesse qui." "Un gemito miagolante le sfuggì dalle labbra e si piegò dal dolore. "Che cosa ho fatto? Che cosa accadrà ora? Che cosa sarà di me?"

    "Vi siete amati?"

    "Sì, sì, sì. Oh, che gli dei abbiano pietà di me, lo amavo."

    Il volto di Symmachus si ammorbidì e gli occhi scintillavano di una nuova luce, e sospirò lentamente. "Ahhh, è già qualcosa, diventerai madre se è nel mio potere, per il resto, mia cara, credo che tu abbia scatenato una tempesta sulla terra, Ci vorrà un po ma quando arriverà l'affronteremo insieme. Come abbiamo sempre fatto" Poi si avvicinò a lei la spogliò e la portò a letto. Per il dolore e il desiderio, il suo corpo rispose al suo come mai prima, riversando tutto ciò che l'usignolo aveva svegliato in lei. Era vuota e svuotata, poi si sentì appagata perché un bambino nacque e crebbe dentro di lei. Mentre il bambino cresceva nel suo grembo, così il suo sentimento per il paziente e fedele Symmachus, radicato come lunga amicizia e affetto, ora finalmente maturò nella pienezza del vero amore. Otto anni dopo il loro amore fu benedetto di nuovo con una piccola figlia.

    Subito dopo il furto del bastone da parte dell'Usignolo, Symmachus aveva inviato messaggi segreti a Uriel Septim circa la questione, ma non se n'era andato da solo, scegliendo piuttosto di rimanere con Barenziah durante il suo periodo fertile per concepire un bambino con lei. Per questo, e per il furto, subì la disapprovazione e il sospetto di Uriel Septim. Le spie vennero inviate alla ricerca del ladro, ma l'Usignolo sembrava essere svanito da dove era venuto, dovunque fosse.

    "Elfo scuro, in parte, forse," disse Barenziah, "ma in parte umano, penso camuffato, altrimenti non avrei concepito così in fretta."

    "Un elfo scuro, di sicuro, dell'antica stirpe dei R'Aathim, altrimenti non avrebbe potuto recuperare il bastone", ragionò Symmachus, "e penso che non avrebbe giaciuto con te. Come elfo non avrebbe osato, Non era stato in grado di separarsi da te: sapeva che il Bastone giaceva lì, non il Corno, e che doveva teletrasportarsi al sicuro, perché il Bastone non era un'arma chiaramente visibile, a differenza del corno. Sembra che tutto fosse come si aspettava, eppure come faceva a saperlo? L'ho messo lì io stesso, con l'aiuto dell'ultimo del clan R'Aathim che ora è re a Ebonheart come ricompensa. Septim reclamò il Corno, ma lasciò il Bastone in custodia, L'Usignolo può usare lo Scettro per seminare semi di discordia e dissenso, se lo desidera, eppure questo da solo non gli procurerà il potere. Quello giace con il Corno e nell'abilità di usarlo".

    "Non sono così sicuro che sia il potere che l'Usignolo cerca", disse Barenziah.

    "Tutti cercano il potere," replicò Symmachus, "ognuno a modo suo."

    "Io ho trovato quello che cercavo", disse Barenziah.
     
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  8. Varil

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    La Vera Barenziah



    Volume 10


    Versione Integrale


    Come Symmachus aveva predetto, il furto del Bastone del Caos ebbe poche conseguenze a breve termine. L'attuale imperatore, Uriel Septim, inviò alcuni messaggi piuttosto duri, esprimendo disappunto e insoddisfazione per la scomparsa del bastone e sollecitando Symmachus a compiere ogni sforzo per localizzarlo e comunicarlo al nuovo Mago imperiale di corte, Jagar Tharn, nelle cui mani venne affidata la questione.

    "Tharn!" ringhiò Symmachus con disgusto e frustrazione, camminando su e giu per la piccola stanza in cui Barenziah, incinta da alcuni mesi, stava seduta serenamente, lavorando a maglia una coperta per bambini. "Jagar Tharn, davvero. Non gli darei neppure le indicazioni per attraversare la strada."

    "Cosa hai contro questa persona, marito?"

    "Semplicemente non mi fido di quell'elfo bastardo, metà elfo dei boschi, metà elfo scuro e solo gli dei sanno cos'altro, le peggiori qualità di tutte le sue razze messe assieme, nessuno sa molto su di lui, Si sostiene che sia nato a Valenwood, da madre elfo dei boschi, Sembra esser stato dappertutto da allora... "

    Barenziah, era immersa nella felicità della gravidanza, non aveva fatto altro che incoraggiare Symmachus fino a quel momento, ma questo suscitò il suo interesse. "L'Usignolo, è probabile che fosse questo Jagar Tharn, travestito?"

    "No, il sangue umano sembra essere il solo componente mancante nella discendenza di Tharn." Per Symmachus, Barenziah lo sapeva, quello era un difetto. Symmachus disprezzava gli elfi dei boschi come ladri pigri e gli elfi alti come intellettuali effeti, ma ammirava gli umani, specialmente i bretoni, per il loro combinazione pragmatismo, intelligenza ed energia.

    "L'Usignolo di Ebonheart, della casa di Mora, sarò inprigionato - quella casa ha sangue umano dall'inizio. Ebonheart era geloso che il bastone sia stato deposto qui quando Tiber Septim prese il Corno da noi."

    Barenziah sospirò un po '. La rivalità tra Ebonheart e Mournhold c'era sempre stata quasi fin dall'alba dei tempi. Quando vennero unificate, tutte le miniere del clan R'Aathim, una delle casate reali di Morrowind. Ebonheart si divise in due stati distinti, Ebonheart e Mournhold, quando i figli gemelli della regina Lian, nipoti di Moraelyn, rimasero come eredi. Allo stesso tempo l'ufficio del Re Supremo e venne affidato ad un capo di guerra provvisorio nominato da un consiglio provinciale di emergenza. Eppure, Ebonheart era geloso delle sue prerogative, come stato più antico di Morrowind, e sostenne che la custodia del Corno doveva essere giustamente affidata a loro. Mournhold rispose che Moraelyn stesso aveva affidato il Corno in custodia al dio Ephen, e Mournhold era indiscutibilmente il luogo di nascita del dio.

    "Perché non dire a Jagar Tharn dei tuoi sospetti, allora? Lascia che lo recuperi. Finché è sicuro, che importa dove giace?"

    Symmachus la fissò senza capire. "È importante," disse dolcemente, "ma non così tanto", aggiunse. "Certamente non abbastanza per te che ti interessi ulteriormente di esso. Te ne stai li a lavorare a maglia."

    Dopo pochi mesi Barenziah partorì un bel bambino, che chiamarono Helseth. Nulla più si seppe del bastone o dell'"Usignolo". Se Ebonheart lo appoggiava, certamente non se ne vantarono. Gli anni passarono rapidamente e felicemente. Helseth divenne alto e forte. Era molto simile a suo padre, che adorava. Quando Helseth ebbe otto anni, Barenziah partorì un secondo figlio, una bambina, per la grande gioia di Symmachus. Helseth era il suo orgoglio, eppure la piccola Morgia aveva un posto particolare nel suo cuore.

    Poco dopo la nascita di Morgia giunse notizia che un complotto contro l'Imperatore era stato smascherato e che i principali cospiratori Jagar Tharn e Ria Silmane erano morti. Symmachus si rallegrò di questa notizia. "Te l'avevo detto", disse. Eppure da quel momento in poi le relazioni con l'Impero si deteriorarono lentamente, senza una ragione apparente. Le tasse furono aumentate e le quote a favore dell'impero aumentarono di anno in anno. Secondo Symmachus l'Imperatore sospettava che lui avesse partecipato alla cospirazione e cercò di dimostrare la sua lealtà compiendo ogni sforzo per soddisfare le crescenti richieste dell'impero. Prolungò gli orari di lavoro e aumentò le tasse e compensò anche parte della differenza tra i fondi della corona e le loro partecipazioni private. Tuttavia, le richieste aumentarono ulteriormente e anche i cittadini e i nobili diventarono insofferenti.

    "Voglio che tu parta con bambini verso la città imperiale," disse infine Symmachus disperato. "Devi far ragionare l'Imperatore, altrimenti tutta Mournhold sarà in rivolta per la primavera, Tu sai come gestire gli uomini, lo hai sempre fatto." Abbozzò un sorriso.

    Anche Barenziah sorrise. "Anche tu."

    "Sì, anche io," sussurrò.

    "Entrambi i bambini?" Barenziah guardò verso le finestre angolari dove Helseth stava suonando il liuto cantando con la sua sorellina. Helseth aveva quindici anni, Morgia solo otto.

    "Forse inteneriranno il suo cuore. E poi, è ora che Helseth sia presentato alla Corte Imperiale."

    "Forse, ma non è la vera ragione, non pensi di poterli tenere al sicuro qui, se è così, allora nemmeno tu sei al sicuro qui. Vieni con noi," insistette Barenziah.




    La Vera Barenziah



    Volume 11


    Versione Integrale


    Barenziah era di fronte al trono dell'imperatore, spiegando la situazione di Mournhold. Aveva aspettato settimane per un'udienza pubblica con Uriel Septim, rimandata per un pretesto o un altro. "Sua Eccellenza è indisposta." "Una questione urgente richiede la sua attenzione." "Mi dispiace, Vostra Altezza, ci deve essere un errore L'appuntamento è per la prossima settimana No..." E ora c'era riuscita. Non sembrava nemmeno ascoltarla. Non l'aveva invitata a sedersi, né aveva salutato i bambini. Helseth rimase immobile come una statua scolpita, ma la piccola Morgia aveva cominciato ad agitarsi.

    Aveva prima salutato tutti e tre con un sorriso di benvenuto forzato. Poi, mentre presentava i suoi figli, li aveva osservati con un'attenzione di facciata, ma inappropriata. Barenziah aveva a che fare con gli umani da quasi cinquecento anni e aveva sviluppato una tale abilità nel leggere le loro espressioni e i loro movimenti che superava di gran lunga quella di qualunque altro umano. Per quanto l'Imperatore provasse a nasconderlo, c'era una fame nei suoi occhi, e qualcosa di più. Rimpianto. Perché? Aveva molti bei figli. Perché desiderare lei? E perché guardarla con un intenso, seppur celato, desiderio? Ah, beh, forse era stanco della sua Signora. Gli umani erano volubili. Ma dopo quello sguardo lungo e bruciante, il suo sguardo si spostò mentre lei iniziò a parlare, e restò immobile come una pietra.

    Perplessa, Barenziah fissò il suo viso pallido, cercando qualche traccia dei Septim che aveva conosciuto. Non conosceva bene Uriel Septim, lo aveva incontrato solo una volta quando era ancora un bambino e poi alla sua incoronazione vent'anni prima. A quel tempo era severo e dignitoso, ma non gelido come l'uomo che aveva davanti ai suoi occhi. Nonostante la somiglianza fisica, non sembrava affatto lo stesso uomo. Non era la stessa persona, eppure qualcosa le era familiare, più familiare di quanto doveva, qualche postura o gesto ... All'improvviso avvertì una vampata, come se la lava fosse stata versata su di lei. Illusione! Aveva studiato bene le arti dell'illusione da quando l'Usignolo l'aveva ingannata. Aveva imparato a scoprirla e ora la sentiva, proprio come un cieco poteva sentire il sole sul suo viso.

    Illusione, ma perché? La sua mente indagava furiosamente mentre la sua bocca continuava a recitare dettagli sull'economia di Mournhold. Vanità? Gli umani si vergognavano spesso dei segni dell'età, poiché gli elfi erano orgogliosi della loro longevità. Eppure la maschera che Uriel Septim indossava sembrava coerente con la sua età. Barenziah non osò utilizzare nessuna delle sue arti magiche. Anche i piccoli nobili avevano i rudimenti per scoprirle,e proteggersi. L'uso della magia avrebbe suscitato la sua ira come un coltello. Magia. Illusione.

    All'improvviso pensò all'Usignolo e per un attimo lo vide davanti a lei, solo rattristato. Intrappolato. E poi quella visione svanì e un altro uomo rimase seduto lì, con l'aspetto dell'Usignolo eppure diverso. Pelle pallida, occhi rossi e orecchie elfiche e su di lui un fiero bagliore di concentrazione, un'aura di energia, un orrore via via più piccolo. Quell'uomo era capace di tutto! E poi, ancora una volta, vide il volto di Uriel Septim. Come poteva essere sicura che non stesse immaginando tutto? Forse la sua mente le stava giocando brutti scherzi. Sentì un'improvvisa grande stanchezza, come se avesse portato un carico pesante troppo a lungo e troppo lontano.

    "Ricordi, Eccellenza, Symmachus e io abbiamo cenato con la tua famiglia poco dopo l'incoronazione di tuo padre. Non avevi più anni della piccola Morgia, eravamo molto onorati di essere i tuoi unici ospiti quella sera, oltre al tuo migliore amico Justin, ovviamente."

    "Ah, sì", disse l'imperatore. "Ricordo."

    "Tu e Justin eravate così amici, mi è stato detto che è morto poco dopo. Un gran peccato."

    "In effetti, non mi piace parlare di lui." I suoi occhi erano diversi. "Ah, per quanto riguarda la tua richiesta, mia signora, la prenderemo in considerazione e vi faremo sapere."

    Barenziah si inchinò, come i suoi figli. Con un cenno li congedò, e si allontanarono dalla sua presenza. Barenziah trasse un respiro profondo. "Justin" era stato un amico immaginario, anche se Uriel aveva insistito affinché venisse allestito un posto per Justin ad ogni pasto! Non solo, "Justin" era una ragazza, nonostante il nome da uomo. Symmachus era stato al gioco a lungo anche dopo che "Justin" era sparito come tutti gli amici immaginari, chiedendo seriamente dello stato di salute di Justin ogni volta che lui e Uriel Septim si incontrarono, e rispose seriamente. L'ultima volta che Barenziah aveva sentito parlare di "Justin", dopo un'avventurosa gioventù, aveva sposato un elfo alto e si era stabilito a Lilandril. L'uomo che occupava la sedia dell'imperatore non era Uriel Septim! Ma l'Usignolo! Un brivido la percorse e Barenziah capì che aveva ragione. Era lui, davvero! Symmachus si era sbagliato, terribilmente...

    Ora, si chiese. Che ne era stato di Uriel Septim e, più precisamente, cosa sarebbe accaduto a lei, a Symmachus e a Mournhold? Ripensandoci, Barenziah intuì che i loro problemi erano dovuti a questo falso imperatore, all'Usignolo o a chiunque fosse veramente. Doveva aver preso il posto di Uriel Septim poco prima che le richieste irragionevoli di Mournhold iniziassero. Ciò spiegava perché le relazioni si deteriorarono così a lungo (secondo il tempo degli uomini) dopo gli accadimenti. L'Usignolo conosceva la famosa lealtà di Symmachus e la confidenza con i Septim e stava reagendo di conseguenza. Se le cose erano andate realmente così, erano tutti in grave pericolo. Lei e i bambini erano nelle sue mani lì nella città imperiale e Symmachus solo ad affrontare i problemi creati dall'Usignolo.

    Cosa doveva fare? Barenziah esortò i bambini a precederla, con le mani sulle loro spalle, il suo servitore e le guardie che lo seguivano. Raggiunsero la loro carrozza in attesa - anche se il loro appartamento era a pochi isolati dal palazzo, il loro lignaggio regale impediva loro di camminare e, per una volta, Barenziah ne fu felice. Perfino allora la carrozza sembrava una specie di santuario, anche se saperva che era solo una sensazione.

    Un ragazzo si precipitò verso una delle guardie e gli consegnò una lettera, poi indicò la carrozza. La guardia gliela portò. Il ragazzo attese, con gli occhi spalancati. La lettera era breve e chiedeva semplicemente se a Re Eadwyre di Wayrest, di High Rock, potesse essere concessa una pubblica udienza con lei, poiché aveva sentito molto parlare di lei e sarebbe stato felice di fare la sua conoscenza. Di primo impulso Barenziah stava per rifiutare. Voleva solo lasciare quella città! Sicuramente non aveva alcuna inclinazione per qualsivoglia divertimento con un umano. Alzò lo sguardo accigliata e una delle guardie disse: "Il ragazzo dice che il suo padrone attende la tua risposta, laggiù". Guardò nella direzione indicata e vide un bell'uomo anziano a cavallo, circondato da una mezza dozzina di cortigiani e guardie. Attirò la sua attenzione e si inchinò rispettosamente, togliendosi il cappello piumato.

    "Molto bene," disse Barenziah al ragazzo, d'impulso. "Dì al tuo padrone di contattarmi stasera, dopo l'ora di cena." L'uomo appariva educato e serio, e piuttosto preoccupato, ma non infatuato.




    La Vera Barenziah



    Volume 12


    Versione Integrale


    Barenziah era in piedi davanti alla finestra aperta della torre, in attesa. Percepiva la vicinanza del suo ospite, ma sebbene il cielo notturno fosse chiaro come il giorno ai suoi occhi, non poteva ancora vederlo. Poi all'improvviso fu lì, un punto che si muoveva rapizamente sotto le deboli nuvole notturne. Ancora qualche minuto e il grande falco notturno era lì, le ali spiegate, gli artigli che si allungavano verso la sua spessa fascia di cuoio. Portò l'uccello al suo trespolo dove si posò, ansimando, mentre le sue dita impazienti aprivano il messaggio fissato in una capsula su una zampa. Bevve, poi arruffò le penne e iniziò a mangiare, sicuro in sua presenza. Una piccola parte della sua coscienza condivideva la sua soddisfazione per il lavoro ben fatto, il riposo guadagnato... ma celava un disagio. Le cose non andavano bene, anche per la sua mente di uccello lo percepiva.

    Le sue dita tremavano mentre aprì il foglio sottile scrutando le scritte anguste. Non era la mano audace di Symmachus! Barenziah si sedette, lentamente, stendendo con le dita il documento mentre preparava la sua mente e il suo corpo ad accettare con discrezione il disastro.

    Le Guardie Imperiali avevano disertato Symmachus e si erano unite ai ribelli. Le truppe leali avevano subito una sonora sconfitta. Il capo dei ribelli era stato scelto come re di Morrowind dall'Imperatore. Symmachus era morto. Barenziah e i bambini erano stati dichiarati traditori dell'Impero e una taglia posta sulle loro teste.

    "Mia signora?" Barenziah sobbalzò, sorpresa dall'approccio della sua serva. "Il bretone è qui, re Eadwyre," aggiunse la donna, notando la perplessità di Barenziah. "Ci sono notizie, mia signora?" disse lei, facendo un cenno al falco.

    "Nulla che non mi aspettassi," disse Barenziah in fretta. "Occupati dell'uccello."

    Il re Eadwyre la salutò con tono grave e cortesemente, anche se in modo piuttosto fulmineo. Sosteneva di essere un grande ammiratore di Symmachus, che figurava in modo prominente nelle sue leggende familiari. A poco a poco rivolse la conversazione ai suoi affari con l'Imperatore. Trovandola impassibile, improvvisamente sbottò: "Mia Signora, Regina, devi credermi, l'uomo che appare come l'Imperatore è un impostore! Lo so che sembro pazzo, ma io -"

    "No," disse Barenziah, con improvvisa risolutezza. "Hai ragione, lo so."

    Eadwyre tornò a sedersi al suo posto, con gli occhi accorti. "Lo sapete? Non state assecondando un pazzo? Mia signora, io ... noi abbiamo bisogno del tuo aiuto."

    Barenziah sorrise cupamente con sarcasmo. "Di quale aiuto potrei essere, mio signore?"

    Rapidamente le delineò un piano. La Strega Imperiale Ria Silmane era stata uccisa e dichiarata traditrice dal falso imperatore, eppure conservava un po 'del suo potere e poteva ancora contattare alcuni di quelli che aveva conosciuto bene nel piano mortale. Aveva scelto un Campione che si sarebbe impegnato a recuperare i pezzi mancanti del bastone e usarne il potere per distruggere Jagar Tharn, altrimenti invulnerabile, e salvare il vero Imperatore, che era tenuto prigioniero su un altro piano. Tuttavia, il campione scelto languiva ora nelle segrete Imperiali. L'attenzione di Tharn ddoveva essere attratta da altro mentre il campione veniva liberato con l'aiuto di Ria. Barenziah poteva controllare le orecchie e l'attenzione di Tharn. Avrebbe potuto fornire la distrazione necessaria?

    "Suppongo che potrei ottenere un altra udienza pubblica con lui, sarebbe sufficiente? Cosa intendi dire quando dici che posso controllare la sua attenzione?"

    Eadwyre sembrava a disagio. "Tra i servitori si dice che Jagar Tharn abbia conservato una tua effigie in una specie di sacrario nelle sue stanze ... questo ti sorprende?"

    "Sì e no."

    "Il nostro prescelto potrebbe aver bisogno di qualche giorno per scappare."

    "Ti fidi di me in questo missione? Perché?"

    "Siamo disperati, mia signora, non abbiamo scelta, ma sì, mi fido di te, di Symmachus -"

    "È morto." Barenziah gli spiegò rapidamente e freddamente.

    "My Lady, che notizie terribili!" Per la prima volta il decoro di Eadwyre fu scosso. "Date le circostanze, non possiamo chiedervi troppo -"

    "No, Re mio signore, date le circostanze, devo fare quello che posso per vendicarmi dell'assassino del padre dei miei figli, in cambio chiedo solo che tu protegga i miei orfani come meglio puoi".

    "Assolutamente ve lo giuro, mia signora impavida e nobile!"

    Vecchio pazzo, pensò Barenziah. Non dormì quella notte, ma si sedette su una sedia accanto al letto, con le mani incrociate in grembo, pensando lungamente e profondamente. Non lo avrebbe detto ai bambini, non ancora, non prima di averlo fatto.

    Non aveva bisogno di cercare un altro incontro pubblico con l '"Imperatore" perché venisse convocata al mattino seguente. Disse ai bambini che sarebbe mancata alcuni giorni, Disse loro di non dare problemi ai servitori e li baciò salutandoli. Morgia piagnucolò un po ', perché si sentiva annoiata e sola nella Città Imperiale. Helseth sembrò severo ma non disse nulla. Era molto simile a suo padre.

    Barenziah guardò le torri della grande città. Le venne in mente che quella era proprio la stanza in cui aveva incontrato per la prima volta Tiber Septim e una forte ondata di sentimenti incoerenti la travolse. Quando tornò indietro, Uriel Septim era svanito e l'Usignolo sedeva al suo posto, sorridendo.

    "Lo sapevi," disse lui in tono accusatorio, scrutando il suo volto. "Volevo sorprenderti, potresti almeno fingere."

    Barenziah allargò le braccia, "Ho paura che le mie capacità di fingere non siano all'altezza del tuo, mio signore."

    "Sei arrabbiata con me." Accennò un broncio.

    "Solo un po '," disse lei gelida. "Trovo offensivo il tradimento."

    "Che umanità da parte tua."

    "Cosa vuoi da me?"

    Si asciugò le labbra e si alzò in piedi. "Ora fingi, sai cosa voglio da te, amore mio."

    "Mi vuoi stuzzicare e tormentare, vai avanti, sono in tuo potere".

    "No, no, no, non lo voglio affatto, Barenziah." Si avvicinò, parlando a bassa voce con il tono carezzevole che faceva tremare il suo corpo. "Non vedi? Questo era l'unico modo." Le sue mani si chiusero sulle sue braccia.

    "Avresti potuto portarmi con te!" Le lacrime si raccolsero nei suoi occhi.

    Lui scosse la testa. "Non avevo il potere Ah, ma ora, ora ho tutto. Da avere, da condividere - con te." Agitò la mano verso la finestra e indicò la città. "Tutta Tamriel giace ai tuoi piedi - e questo è solo l'inizio."

    "È troppo tardi. Troppo tardi. Mi hai abbandonato a lui."

    "È morto, è passato solo qualche anno ... cosa importa?"

    "I bambini -- "

    "Li adotterò, ne faremo altri insieme, Barenziah, ho poteri che non puooi immaginare!" Si mosse per baciarla ma lei gli sfuggì dalla presa e si voltò.

    "Non ti credo."

    "Lo sai, lo sai, sei ancora arrabbiata, tutto qui." Disse con un grande sorriso. "Cosa vuoi?"

    Lei scrollò le spalle. "Una passeggiata in giardino, una canzone o due".

    "Ah, vuoi essere corteggiato."

    "Perché no? Lo fai così bene. È passato molto tempo da quando ho avuto il piacere."

    E così trascorsero i loro giorni in corteggiamento, camminando, parlando, cantando e ridendo insieme, mentre gli affari dell'Impero erano lasciati ai subalterni.

    "Mi piacerebbe vedere il bastone," disse un giorno Barenziah. "L'ho solo intravisto."

    "Niente mi darebbe più piacere, gioia del mio cuore, ma è impossibile."

    "Non ti fidi di me", Barenziah fece il broncio, ma si addolcì le labbra per il suo bacio.

    "Sciocchezze, amore, non è qui, in realtà non è da nessuna parte". Lui rise e la baciò di nuovo, dolcemente.

    "Ora parli ancora per enigmi, voglio vederlo, non puoi averlo distrutto."

    "Ah, hai acquisito saggezza, dall'ultima volta che ci siamo incontrati."

    "Hai motivato un po 'il mio interesse: quell'oggetto non può essere distrutto e non può essere rimosso da Tamriel, non senza gravi conseguenze per la terra stessa".

    "Ahhh, impressioannte, eppure, come ho detto, non è da nessuna parte, puoi risolvere l'enigma?" L'attirò a sé e lei si chinò nel suo abbraccio. "Ecco ancora un enigma più grande," sussurrò, "come può uno creare uno dal due?, Posso farlo e te lo mostrerò." I loro corpi si unirono, le membra si intrecciarono. Più tardi, quando si appisolarono, pensò, assonnata. "Uno da due, due di uno, tre di due ... ciò che non può essere distrutto o bandito potrebbe essere diviso, forse ..."

    L'Usignolo teneva un diario. Scriveva delle annotazioni ogni sera dopo i rapidi rapporti dei suoi sottoposti. Era chiuso a chiave, ma il lucchetto era semplice, così Barenziah riuscì a dare uno sguardo furtivo mentre era occupato nel bagno. Scoprì che il primo pezzo del bastone era nascosto in un'antica miniera nanica chiamata Tana della Zanna, sebbene la sua posizione fosse solo indicata vagamente. Il diario era pieno di eventi annootati in una strana stenografia, ed era molto difficile da decifrare.

    Tutta Tamriel, pensò, nelle sue mani e nelle mie, e forse ancora di più, eppure ... Nonostante il suo fascino superficiale c'era un freddo vuoto nel suo cuore, un vuoto di cui era completamente all'oscuro, pensò. Di tanto in tanto si intravvedeva, quando i suoi occhi si spalancavano e si irrigidivano. Sogni contadini, pensò Barenziah, e Straw balenò davanti ai suoi occhi, con aria triste, e poi Therris, con un sorriso beffardo e orbite vuote. Symmachus, che fece ciò che andava fatto, con calma ed efficienza. L' Usignolo. L' Usignolo, che avrebbe governato tutto e altro, e diffuso il caos in nome del potere.

    Barenziah ottenne un permesso dall'Usignolo, seppur riluttante, per andare dai suoi figli, che andavano informati della morte del loro padre e dell'offerta dell'imperatore della sua protezione. Eadwyre la chiamò e lei gli raccontò quello che aveva scoperto fino a quel momento, spiegandogli che doveva rimanere ancora un po 'e scoprire quanto più poteva.

    Al palazzo, Barenziah fu scortato non nella grande sala, ma in un piccolo salotto dove l'Imperatore faceva colazione da solo. Accennò un saluto e agitò la mano alla finestra. "Splendida vista, non è vero?"

    L'Usignolo la stuzzicò riguardo al suo anziano ammiratore. Era perfettamente al corrente del sospetto di Eadwyre, anche se, come detto, nessuno prendeva sul serio il vecchio pazzo. Barenziah riuscì ad organizzare una riconciliazione di sorta tra di loro. Eadwyre ritrattò pubblicamente i suoi sospeti e il suo "vecchio amico" lo perdonò. Così venne invitato a cena da loro almeno una volta alla settimana. Ai bambini piaceva Eadwyre, perfino ad Helseth, che disapprovava il legame di sua madre con l '"Imperatore" e di conseguenza detestava l'Usignolo. Era diventato scontroso e capriccioso e spesso litigava con entrambi.

    Eadwyre non era felice e l'Usignolo si dilettava nel mostrare pubblicamente il suo affetto per Barenziah. Non potevano sposarsi, ovviamente, perché Uriel Septim era già sposato. Aveva esiliato la vera imperatrice poco dopo aver preso il posto di Septim, ma non aveva osato farle del male. Era tenuta nel Tempio dell'Unico. Venne dichiarato pubblicamente che era malata, e circolavano voci che lei avesse problemi mentali. Anche i bambini dell'Imperatore erano stati inviati in varie carceri mascherate da "scuole".

    "L'Imperatrice peggiorerà, col tempo", disse incurante l'Usignolo, guardando i seni gonfi e il ventre pronunciato di Barenziah con soddisfazione. "Per quanto riguarda i suoi figli ... beh, la vita è piena di pericoli, non è vero? Ci sposeremo, il tuo bambino sarà il mio vero erede". Lui voleva il bambino. Barenziah ne era sicuro. Era molto meno sicura dei suoi sentimenti per lei. Litigavano, spesso violentemente, di solito su Helseth, che voleva mandare a scuola. Barenziah non fece nessuno sforzo per evitare questi litigi. L'Usignolo non aveva interesse per una vita pacifica e gli piaceva molto seminare discordia. Occasionalmente Barenziah prendeva i bambini e si ritirava nel loro vecchio appartamento, dichiarando che non voleva più avere niente a che fare con lui.

    Era incinta di sei mesi prima di decifrare finalmente la posizione dell'ultimo pezzo del bastone - facile, dato che ogni elfo scuro sapeva dove si trovava Dagoth-Ur. Quando litigò con l'Usignolo, lasciò la città con Eadwyre e viaggiarono a lungo per High Rock e Wayrest.

    L'Usignolo era furioso, ma c'era poco che potesse fare. I suoi assassini erano piuttosto inetti, e non osava lasciare il suo posto di potere per inseguirli di persona, né poteva apertamente dichiarare guerra a Wayrest. Non aveva alcun diritto legittimo su di lei sul suo bambino non ancora nato. La nobiltà disapprovava il suo legame con Barenziah e si rallegrava che fosse andata via. Wayrest era ugualmente disapprovante e diffidente nei suoi confronti, ma Eadwyre era molto amato dalla sua prospera piccola città, e le fecero ammenda per le sue eccentricità.

    Barenziah ed Eadwyre si sposarono un anno dopo la nascita di suo figlio da Jagar Tharn. Eadwyre le voleva bene ed anche ai suoii figli. Lei non lo amava, ma lei era affezionata a lui, e già era qualcosa. Era bello avere qualcuno accanto, e Wayrest era un posto molto piacevole, un buon posto dove i bambini potevano crescere, mentre aspettavano, e speravano, e pregavano per il successo del loro Campione nella sua lunga missione.
     
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  9. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    intendi dell'intervista al Sommoinsuperabilenumerouno? Guarda che si riesce a mettere i sub con traduzione automatica in ita ;)
     
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  10. Varil

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    Canzoni del ritorno
    Volume 2


    Il primo racconto del Darumzu

    Il nostro grande signore, Ysgramor, precursore di noi tutti, incaricò i suoi due amati figli (assieme a lui gli unici superstiti delle violenze di Saarthal) di cercare i più coraggiosi guerrieri della terra e preparare il grande ritorno.

    Si chiamavano Yngol e Ylgar, ed erano conosciuti ad Atmora come abili guerrieri con occhi lucenti e un grande futuro. Yngol il più anziano, era uno stratega coraggioso, il cui sapere sul campo di battaglia sconfiggeva i nemici prima ancora che sapessero che la battaglia fosse cominciata. Ylgar, il più giovane, era posseduto da uno spirito incrollabile che lo rendeva in grado di compiere delle prodezze incredibili in battaglia. Assieme, la mente e il braccio, erano in grado di sconfiggere gloriosamente ogni nemico che si ergeva dinanzi a loro.

    Prima di separarsi per radunare i loro equipaggi, i due si strinsero braccia e collo alla vecchia maniera e risero con lo sguardo rivolto verso il cielo pensando alle storie a venire.

    Dopodiché, il giovane Ylgar raggiunse gli imponenti cantieri navali di Jylkurfyk nel meridione, per commissionare due navi: una per sé e una per suo fratello. Lui avrebbe comandato la Darumzu e suo fratello la Harakk, ribattezzate secondo i nomi delle loro stelle preferite nel firmamento. Gli spiriti dei costruttori navali furono stimolati adeguatamente dalle storie di Ysgramor sui selvaggi elfi e si misero al lavoro per creare due navi degne della loro patria.

    Tutto era pronto, Ylgar fece visita alle accademie per chiedere a dei soldati onorevoli e ai suoi amici e consiglieri più fidati di unirsi a lui nel rischioso viaggio del ritorno. Da quel momento, le storie della nuova terra a sud iniziavano a diffondersi e la sua mera presenza fu abbastanza per far sì che i migliori guerrieri abbandonassero i loro impegni per unirsi a lui.

    Fu in grado di chiamare al suo lato le Sorelle di scudo, Froa e Grosta (che pensavano e parlavano all'unisono), le quali portarono con loro la saggia maestra di guerra, Adrimk, che fu la prima a insegnare alle donne come danzare tra le lame. A sua volta, lei radunò sotto il suo comando tutti gli studenti dai nomi ancora sconosciuti, ma che un giorno sarebbero stati noti come: Hermeskr (il lanciatore di scudo), Urlach (lo sputa fiamme), Ramth il Fantastico, Merkyllian Ramth, e Uche il Lungimirante, che avrebbe visto la prima di molte albe.

    Nel Giorno del Passaggio Finale, quando l'imponente flotta di navi a remi vide per l'ultima volta il verde dell'estate di Atmora, i fratelli si stavano avvicinando alla scia del padre, mentre i Cinquecento da poco radunati si accingevano a salpare verso Tamriel. Ylgar vide il suo astuto fratello sorridere lontano fra le onde ed entrambi inneggiarono canti di guerra, aspettando il giorno in cui assieme avrebbero versato il sangue degli infidi elfi sul terreno che osavano reclamare come loro.

    Ma il soccorso di Kyne non va preso alla leggera: sebbene le sue benedizioni sollevarono il vento che consentì ai coraggiosi marinai di navigare verso il proprio destino, il dio pianse anche delle grandi lacrime che li divisero. Quando la Tempesta della Separazione giunse, il giovane Ylgar non ebbe paura, perché la sua ciurma era forte e capace, e la sua nave fu guidata verso la foresta di onde come attirata dal destino.

    Quando il cielo si schiarì, e Ylgar intravide di nuovo, con nuovi occhi, la terra del suo passato e del suo futuro, sapeva che il vascello di suo fratello non era all'orizzonte. La Darumzu, in ritardo, attraccò sulla spiaggia e Ylgar corse da suo padre per avere notizie del fratello. Il grande Ysgramor, precursore di noi tutti, pianse per la perdita del figlio e cercò conforto tra le braccia della sua unica gioia rimasta. I membri della Harakk diventarono così le prime vittime fra i Cinquecento e Ylgar, per l'amore che provava nei confronti di suo fratello, divenne così furibondo che la sua ciurma sarebbe presto diventata la più rinomata tra le fila dei nobili e onorati Compagni.
     
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    Canzoni del ritorno
    Volume 7


    La leggenda di Jorrvaskr


    Quando alla fine Saarthal fu riconquistata e gli elfi sanguinari rispediti nelle loro alte città, il grande Ysgramor lanciò il suo spaventoso grido di guerra che riecheggiò in tutti gli oceani. I Cinquecento che erano ancora in piedi, si unirono all'ovazione della vittoria e al lamento dei fratelli caduti. Questo grido, a quanto pare, riverberò fino alle distanti, verdi e glaciali coste di Atmora, così gli antenati seppero che era il momento di attraversare il mare.

    Come il riverbero si dissolse trasformandosi in silenzio, tutti guardarono Ysgramor, che brandiva la sacra Wuuthrad, in attesa del prossimo ordine. Con i suoi polmoni che urlavano la furia dell'umanità, l'uomo ordinò di continuare la marcia, per mostrare ai mer il terrore che avevano attirato su se stessi con il loro inganno.

    "Avanti", ruggì. "Nel ventre di questa nuova terra. Stanate i miserabili dai loro comodi palazzi. Obbligateli allo squallore e alla fatica, affinché paghino per i tradimenti e i peccati commessi contro il nostro popolo. Nessuna tregua e nessuna gentilezza, proprio come farebbero loro". Il nostro mitico antenato impartì l'ordine poiché ancora non aveva compreso la profezia dei Serpenti Gemelli, secondo la quale sarebbe morto prima di assistere al vero destino della sua gente.

    Sentendo ciò, il Circolo dei Capitani radunò le proprie squadre. Da qui, decretarono che avrebbero proseguito, lasciando che ogni flotta navale trovasse la sua strada, cercando il proprio destino alla luce del sole. Trascorsero la notte a festeggiare e il Giuramento dei Compagni fu rinnovato, con ognuno dei Cinquecento (preservarono il nome in onore degli scudi spezzati a Saarthal) che promise di agire come Fratello o Sorella di scudo con qualunque atmorano avesse incontrato lungo il cammino.

    Come le mani rosse dell'alba si allungarono da oriente, i Cinquecento Compagni di Ysgramor intrapresero il loro viaggio, veleggiando ora sulla terra, con onde di pietra e creste di alberi sotto i loro scafi.

    Il primo equipaggio a staccarsi dalla flotta terrestre era quello di Jorrvaskr, che era composto dagli amici più stretti di Ysgramor. Il capitano era conosciuto come il Fanatico del Fiume, così chiamato dallo stesso precursore dai tempi della loro gloriosa gioventù. Mentre costruivano il loro scintillante scafo, chiesero aiuto a Menro e Manwe, che ora trasportavano il loro legname attraverso la nuova terra di Tamriel. Fra i più feroci della Jorrvaskr, c'erano Tysnal, ribattezzato due volte, e Terr, suo gemello e Fratello di scudo a cui era meglio non menzionare il girovita. Ma non finisce qui: c'erano Meksim il Viandante, Brunl, che combatteva con la sua mano non dominante, e Yust il Sorridente. Questi e altri giurarono fedeltà al fanatico e si spinsero nelle ombre dove il sole non batteva ancora.

    Volsero a sud, a piedi e con le cavalcature. Trovarono degli elfi, che furono annientati e non poterono raccontare i dettagli di quella battaglia. I numeri di Jorrvaskr rimasero inalterati: in battaglia erano astuti e le loro menti erano affilate quanto le loro lame.

    A un certo punto, quando il sole splendeva sulla sua casa sopraelevata, Jonder il Minuto, che era corso in avanscoperta, giunse alla collina per raccontare quanto visto. In mezzo a una vasta piana aveva visto il monumento di un uccello, con gli occhi e il becco avvolti nelle fiamme. Quando suo fratello e sua sorella risalirono la collina, videro il monumento in tutto il suo splendore, ma nelle vicinanze non c'erano elfi e questo li preoccupava.

    "Non può essere", disse Kluwe quando andò da Loate con la faccia tra le mani. "Non è forse questa terra adatta per le messi? Ma allora perché quei subdoli elfi non sono qui a coltivarla?". Domandarono ai loro prigionieri elfi, che avevano in gran numero, cosa ci fosse che non andava in quelle terre. Ma anche i prigionieri, ancora in possesso della loro lingua, non sapevano nulla di quella vallata. Fissavano terrorizzati il colosso alato e dalle loro chiacchiere i guerrieri di Jorrvaskr appresero che era addirittura più antico degli elfi. Nulla è dato sapere di colui che scolpì la roccia, ma sicuramente era in possesso di una magia quasi antica quanto il Nirn stesso: un residuo degli sforzi divini di rendere il Mundus un paradiso prima della distruzione di Lorkhan.

    Primo di una lunga serie, questo equipaggio della Jorrvaskr, con pagani e antenati di tutti noi, non temeva le storie sulle divinità. Anzi, se gli elfi temevano qualcosa, lo avrebbero fatto loro. Così cominciò Menro e Manwe si rimisero di nuovo all'opera, con mani impazienti che desideravano lavorare il legno atmorano che li aveva trasportati oltre il mare. E quella che era la loro nave divenne il loro rifugio e questa valle divenne il loro chiodo fisso fino alla fine dei loro giorni.

    Così cominciò la costruzione della Grande Città, cinta dalle fluenti acque del Fiume Bianco ed eretta dai prediletti di Ysgramor e altri ventidue dei gloriosi Cinquecento Compagni.
     
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  12. Varil

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    Canzoni del ritorno
    Volume 19


    La seconda fiaba della Ylgermet



    Quando la battaglia finale al passo arido terminò e i rivoli della neve disciolta si rigettarono in mare trasportando il sangue elfico, l'equipaggio di Kaal Kaaz, la Sadon Reyth, e gli audaci uomini della nave del nostro signore, la Ylgermet, finalmente si separarono per non rivedersi mai più. Si divisero con la consapevolezza che nel loro torace batteva il cuore dei compagni, a riprova del grande amore che quei Cinquecento provavano per i loro fratelli e specialmente per Ysgramor, precursore di tutti noi.

    Stavano proseguendo a est, in cerca del mare, quando incapparono nel Tumulo di Yngol, il potente figlio di Ysgramor che era caduto per il volere di Kyne e non per l'inganno degli elfi. Il nostro signore non si era aspettato di rivederlo così presto e, alla sua vista, il suo dolore riemerse in superficie come una ferita che si riapre.

    I suoi occhi si rivolsero a sud, dove il fiume incontrava il mare, e dichiarò che in quel luogo, insieme all'equipaggio della Ylgermet, avrebbe creato una grande città in onore della razza umana, in modo che dal suo palazzo avrebbe sempre potuto ammirare la collina che ospitava i resti del suo adorato figlio, nella certezza che la sua discendenza avrebbe ritrovato la pace tanto estranea ad Atmora.

    I prigionieri elfici furono messi ai lavori forzati, disponendo le pietre secondo i gusti del loro conquistatore. Durante la costruzione della città, morirono tanti elfi quanto quelli trucidati lungo la strada dall'equipaggio della Ylgermet. Ma a Ysgramor non bastava e li spinse oltre i limiti per costruire delle strutture imponenti che avrebbero torreggiato sul fiume, in modo che nessuno avrebbe potuto accedere al regno senza prima porgergli i suoi rispetti.

    E fu così che venne costruito il grande ponte che solcava il fiume, per impedire a qualsiasi elfo di infiltrarsi nel tentativo di vendicare i loro infidi cugini. Tanto il ponte era lungo, quanto il palazzo era alto a forma di spirale che si innalzava verso il cielo, per dimostrare il proprio dominio sui venti che tanto dolore avevano causato.

    Nei meandri della città, fu preparata una grande tomba per il giorno in cui Lord Ysgramor, precursore di tutti noi, sarebbe stato richiamato a Sovngarde. Ma come ben sappiamo, l'eroe scelse invece di essere sepolto lungo la costa, rivolto ad Atmora: nonostante fosse morto e vissuto in questa nuova terra, il suo cuore avrebbe sempre desiderato le bellezze della sempreverde Atmora, prima del sopraggiungere del gelo.

    E così venne fondata Windhelm, la città dei Re, nonostante la sua storia sia lunga e le sue glorie non finiscano con il suo fondatore.





    Canzoni del ritorno
    Volume 24

    Il primo racconto del Krilot Lok



    [Quando fu il momento di] smantellare l'accampamento, non tutti gli equipaggi si diressero a meridione attraverso le terre collinose. Alcuni tornarono di corsa alle navi, perché i loro cuori appartenevano alle onde così come appartenevano l'uno all'altro [in quanto Compagni].

    Uno di questi equipaggi era quello del Krilot Lok, nerboruti energumeni provenienti dall'estremità [orientale] di Atmora. La loro pelle era rossa come l'alba e si diceva che il mattino stesso aveva preso [i suoi splendidi colori da] i primi volti che vedeva all'inizio della giornata. La grande Kyne sollevò i loro spiriti e i loro venti, spingendoli a occidente con le terre di Tamriel sempre all'orizzonte, a sud.

    Questi instancabili viaggiatori videro cose spaventose e terribili. Interi regni di uomini a loro ignoti, con la pelle scura come la carne troppo cotta. Gli elfi [ancor più scaltri dei traditori settentrionali] li attaccarono, finché poi non trovarono riparo su percorsi più protetti. Grandi deserti come non ne avevano mai visti nella loro terra, popolati da bestie che parlavano come uomini con la [ferocia?] degli elfi. Molti stimati e valorosi Compagni morirono sulla punta delle lance dei serpenti con le gambe della palude meridionale.

    Del valoroso equipaggio del Krilot Lok facevano parte Roeth e Breff l'Anziano, i grandi Fratelli di scudo (che spesso si scambiavano le lance), e le [loro] mogli guerriere, Britte e Greyf (la bella fanciulla), Sorelle di scudo in grado di seminare [il terrore?] per i mari ghiacciati. Insieme i quattro osservarono l'abisso di alberi che era la maleodorante patria degli uomini serpente. E dal momento che erano atmora consacrati che non temevano nulla di Tamriel, si avventurarono in cerca di gloria nella più pericolosa tra queste nuove terre.

    Avanzarono devastando le paludi, segnando il sentiero tra loro e la nave in modo da non perdere mai di vista la costa. Nel giorno remoto in cui alla fine Roeth cadde, quando Britte lanciò il suo celebre urlo di guerra e tutte le paludi si svuotarono, il sentiero si riempì nuovamente dei vili uomini serpente. Così iniziò la [rovente?] marcia di questi nostri grandi capitani.
     
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  13. Varil

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    Le 36 Lezioni di Vivec, Sermone 37 (tratto da The Elder Scrolls Online: Morrowind)

    Hai scoperto il trentasettesimo Sermone di Vivec, che è una piegatura della luce, molto tempo dopo le cronache dell'Hortator, che indossò volti incostanti e governò come voleva, fino all'apocalisse.

    Vivec era trasportato da nastri d'acqua che scrivevano in rosso i loro accoppiamenti stellari. Questo era un nuovo luogo di velocità. I suoi occhi si infransero sugli spuntoni sopra la torre, dove il Fantasma del Vuoto era accovacciato su un tamburo di scaglie di drago, imbecille nel suo ritmo. E gli chiese:

    “Chi sei tu, che non hai bisogno di alcuna firma?”

    Tre in tutto, le vesti di Ayem si allungarono verso il bordo nero e brillante della memoria, tracciando un arco di acquisto. Questa era una nuova mansione di corsa. E Seht tenne il suo ventre gonfio per il suo nome, la figlia dell'orologiaio, nuotando nella confessione morta lungo un secolo di filo, Nominandola, non mangiata, un deposito segreto d'oro di Veloth e dei Velothi, perché dove altro avrebbero saputo andare?

    “Vai qui: un mondo senza ruota, che traccia zero morti, ed echi che cantano”, disse Seht, finché tutto fu fatto, e al centro c'era qualsiasi cosa.

    E il momento rosso divenne un grande ululato incontrollato, perché la Casa Provvisoria era in rovina. E Vivec divenne come vetro, una lampada, poiché la criniera del drago si era spezzata, e la luna rossa lo invitò a venire.

    “Il segno della regalità non è questo”, gli disse un segnale di spostamento verso il blu (femmina), “non c'è lezione giusta che si possa imparare da soli”.

    Ed egli rifiutò lo spago della sua rete di cattura, a dispetto del fatto che un popolo non continuato non sarebbe diventato più pieno con la propria ricerca, eppure i loro spiriti si struggevano per la fuga. Ma i segnali maschili furono offesi e Vivec assunse una forma di combattimento. Disfece la sua luce orientale, dicendo agli ALMSIVI che, mediante la guerra, erano diventati spose di vetro, che nessun potere poteva osservare.

    La luce si piegò e Vivec indossò una corazza fatta di piastre rosse di gioielli e una maschera che lo marchiava come nato nelle terre dell'Uomo. Ruotando, si disperse in un balsamo di insetti, presente sul collo di bulbi-di-Hist quando sfidati. Ruggì e diede in pasto le sue dita a fantasmi mastodontici. I fuochi di segnalazione si chiesero se avessero scambiato questo gesto per una resa, poiché Vivec aveva detto al vuoto che poteva imparare ad annullare tutto.

    La luce si piegò e da qualche parte una storia fu infine cancellata. Vivec ricordava le risate degli uomini dei Netch del suo villaggio quando le cacce erano buone. Marciò con suo padre nella cenere, diventando forte negli uncini e nella navigazione, capace di far scorrere una giunca nel fango. A undici anni cantò per un ashkhan. Si ammalò dopo la Montagna Rossa, con il sangue-di-nix e la febbre, e rimase infermo per cento anni. Sua madre visse più di lui e depose il suo cadavere sull'altare di Padhome. Gli diede la sua pelle da indossare nell'oltretomba.

    La luce si piegò, e Vivec si svegliò e fece crescere le zanne, non volendo fare di sé stessa una cosa pieghevole. Questa era una promessa nuova e lunare. E nel suo Morso, ella scavò una galleria verso l'alto e poi verso il basso, mentre suo fratello e sua sorella si spargevano sui cieli, sottili fratture di dissenso, cibo per gli scarabei e per il Verme. Prese il suo popolo e lo mise al sicuro, e si sedette con Azura a disegnare le sembianze di suo marito nella terra.

    “Poiché ho tolto la mia mano sinistra e la mia destra, dirà lui”, disse lei, “giacché è così che vincerò contro di loro. Ama da solo e conoscerai solo errori di sale".

    La creazione del mondo dalle parole è AMARANTH.
     
    Ultima modifica: 7 Giugno 2024
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  14. alaris

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    Ecco perchè non l'ho mai letto...:)
     
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  15. Varil

    Varil Galactic Guy

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    L'ho appena tradotto personalmente.
    È ancora più senza senso dei 36 sermoni classici. Sebbene ne catturi perfettamente lo stile, dubito l'abbia scritto Kirkbride.
    Ma ci sono un sacco di riferimenti a roba scritta da Kirkbride in maniera non ufficiale. Fa immenso piacere vedere che seguano la sua lore non canonica anche nei giochi. Ma perché non lo chiamano direttamente a scrivere nei giochi?

    EDIT: chiedo venia, in realtà a quanto pare anche il 37esimo sermone l'ha scritto proprio Kirkbride!
    Su Reddit, ad un utente che gli chiedeva se l'avesse scritto lui, rispose "non vedo chi altri avrebbe potuto farlo".
     
    Ultima modifica: 6 Giugno 2024
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  16. Varil

    Varil Galactic Guy

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    Canzoni del ritorno
    Volume 56

    L'ultima fiaba della Chrion



    Le canzoni del ritorno sono eterne e numerose. I Cinquecento, quei Compagni di Ysgramor che gettarono le basi della casa dell'umanità, ardevano di un fuoco scomparso fin dai tempi antichi. Ogni nave trasportava un equipaggio capace di lezioni leggendarie che alimenterebbero l'orgoglio millenario di qualsiasi nazione. Durante questo periodo di colonizzazione, manipoli di Compagni vagarono per la terra, portando la luce delle vere divinità nelle terre pagane di elfi e bestie.

    Ma erano dei semplici mortali e al giungere della loro ora avrebbero assaporato le glorie di Sovngarde.

    Fu durante uno degli incalcolabili anni dopo la riconquista di Saarthal che l'equipaggio della Chrion trovò la sua fortuna nelle terre orientali nei pressi della Montagna Rossa. Erano accampati, circondati dai cadaveri dei feroci elfi che avevano tentato di ingannarli con una proposta di pace. Ma il capitano della Chrion era il sagace Rhorlak e non avrebbe mai mostrato pietà ai bugiardi delle terre meridionali, come gli era stato ordinato da Ysgramor, il suo signore e precursore di tutti noi.

    Fu in questo stato di euforia che furono avvicinati da un messaggero giovane e spossato del loro equipaggio gemello della Kaal Kaaz. Il ragazzo, Asgeir, come raccontano le ballate, aveva percorso una distanza inimmaginabile a rotta di collo dai campi intrisi di sangue del Sole Coperto per riferire le notizie agli interessati. Quando giunse al loro campo, singhiozzò prima di alleggerire il suo cuore rivelando che il potente Ysgramor aveva tirato l'ultimo respiro.

    Asgeir proseguì la sua maratona per informare gli altri equipaggi non appena li avesse rintracciati (alcuni si erano ormai insediati per ricompensare gli uomini dei loro atti coraggiosi), mentre sull'accampamento della Chrion discese un velo di tristezza. Tra questi fuochi sedevano gli uomini più coraggiosi e le donne più audaci che avessero mai poggiato piede su questa terra, eppure la notizia li mise in ginocchio. Mentre noi, al giorno d'oggi, conosciamo la gloria di Ysgramor solo per come ci viene raccontata dalle storie, questi Compagni l'avevano saggiata personalmente e una perdita del genere fu talmente dura da accettare che le parole non bastano a descriverne il lutto.

    Perché, in verità, le storie raccontano di come Rhorlak, il più navigato e inflessibile dei capitani, crollò per il dolore senza mai più risollevare la sua potente ascia. E ovunque a Tamriel, mentre la notizia si diffondeva come una nube scura che ricopriva il cielo, altre luci brillanti si spensero in onore dei confronti del loro generale e condottiero di guerra caduto.

    E così terminarono il periodo del ritorno e le glorie originali dei Cinquecento Compagni di Ysgramor, precursore di tutti noi.
     
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  17. Varil

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    Minaccia incombente - Vol. I



    di
    Lathenil di Sunhold


    Quello che segue è il resoconto di Lathenil di Sunhold, un rifugiato altmer dell'Isola di Summerset che venne a Cyrodiil all'inizio della Quarta Era. Secondo Lathenil, egli non fuggì in seguito alla crisi dell'Oblivion di Summerset... Anzi, fuggì dall'oscura ombra che i Thalmor gettarono sulla sua patria.

    Lathenil aveva una presenza veramente intensa, per dirla in maniera educata, e alcune accuse sul suo coinvolgimento con i Thalmor rasentano la follia. Può essere per questo motivo che i suoi ardenti avvertimenti e le sue critiche esplicite sui Thalmor e sul Regno degli aldmeri non vennero ascoltate, ma la storia gli ha dato ragione almeno in parte.

    Praxis Erratuim, storico imperiale



    Ero poco più di un bambino quando la Grande Angoscia ricadde su di noi. L'aria stessa si squarciò, lasciando aperte le ferite infette dei daedra fuoriusciti dalle viscere dell'Oblivion. Furono in molti a correre verso le coste, cercando rifugio dall'esercito omicida di Dagon, ma il mare tradì il nostro popolo sollevando le navi nei nostri porti e distruggendole, abbandonandoci a un destino così vile e atroce che la morte sarebbe stata una misericordia.

    La Torre di Cristallo si ergeva come il nostro ultimo baluardo di speranza, sia in senso letterale sia figurato.

    I rifugiati riempirono la Torre di Cristallo fino a saturarla. La paura sospesa nell'aria e la cappa di disperazione che ci soffocava erano entrambe tangibili. Potevamo vedere i daedra mentre si muovevano attraverso gli alberi in lontananza, ma alla fine non vennero. I giorni passavano e i daedra ancora non si avvicinavano a portata di freccia dal nostro bastione. La speranza cominciò a crescere: "Ci temono", disse qualcuno. "Persino i daedra sanno che non devono scherzare con la saggezza e la magia delle Leggi Cristalline".

    Era come se le creature dell'Oblivion stessero aspettando che una reazione del genere alimentasse i nostri cuori prima di agire.

    Durante il sonno, innumerevoli legioni di daedra si ammassarono attorno a noi... e non erano sole. Assieme a loro c'erano centinaia di prigionieri altmer. Quando giunse l'alba, fummo svegliati dalle loro grida mentre i daedra li flagellavano e scorticavano. Assistemmo allo scempio dei nostri simili mentre venivano completamente profanati: fatti a pezzi e divorati vivi, impalati sulle loro malvagie macchine da guerra e serviti in pasto alle loro bestie immonde.

    Questa carneficina fu soltanto un preludio per stuzzicare il loro appetito.

    Una volta che i daedra ebbero finito, rivolsero lo sguardo verso la Torre di Cristallo. Il nostro grande e nobile bastione era di impedimento, come una possente quercia è di impedimento a una valanga che si erge altezzosa per alcuni istanti, sembrando quasi in grado di cavalcare l'onda di distruzione, per poi essere spazzata via.

    I nostri lodevoli maghi decimarono gli immondi, incenerendone a dozzine. Gli arcieri puntavano alla fessura più stretta delle loro armature daedriche da oltre cento passi, abbattendo comandanti e capitani. La potenza e abilità dei nostri eroici difensori erano uno spettacolo sorprendente, ma insufficiente. I daedra si arrampicarono sui cadaveri dei loro compagni, marciando a testa bassa verso la morte e la distruzione in un modo che avrebbe fatto tremare persino la più potente armata di tutta Tamriel.

    Quando infransero le mura, fuggii assieme agli altri codardi. Di certo, non ne vado orgoglioso. Da allora la mia esistenza ne è stata ossessionata e brucio di vergogna ad ammetterlo, ma è la verità. Fuggimmo in preda al panico, abbandonando quei prodi altmer che tennero le linee contro il furioso attacco, per preservare e difendere la nostra famosa Torre di Cristallo.

    Corremmo attraverso passaggi abilmente nascosti ed emergemmo ben lontano dal caos che era disceso sulla nostra torre. Questo è ciò che accadde. Cominciò come una folata di vento frusciante attraverso le foglie di una fitta foresta, ma il suono non si affievolì. Aumentò in un boato finché la terra stessa su cui poggiavo cominciò a tremare. Mi girai a guardare e il mondo trattenne il respiro...

    Rimasi in piedi paralizzato come se il cuore della mia patria mi fosse strappato dal petto. L'inimmaginabile, l'incomprensibile... la Torre di Cristallo rasa al suolo, con la stessa dignità di un mendicante che incontra un pugno di ferro. Osservai per un'eternità, cercando di riconciliare quello che sapevo con quello che vidi.

    I singhiozzi tormentarono il mio petto, il pianto colmò l'aria attorno a me quando la magia si esaurì e realizzai dove mi trovavo. C'erano altri rifugiati paralizzati dallo stesso orrore che aveva stregato anche me. "Andiamo", dissi con una voce rauca come il mio cuore: il cuore della mia terra era in frantumi.

    Feci quello che era in mio potere e urlai tutta la paura, l'odio e l'agonia per quello che era appena accaduto, trasformando la parola in un grido folle: "Andiamo!". Poi corsi senza voltarmi, sentendo che gli altri mi stavano seguendo.
     
    Ultima modifica: 8 Giugno 2024
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  18. alaris

    alaris Supporter

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    Incredibile la libreria dei TES...
     
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  19. Varil

    Varil Galactic Guy

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    Questo titolo meriterebbe un remake fatto come si deve. Ha un potenziale enorme, ma ad oggi è ingiocabile (anzi, forse lo è sempre stato). Tuttavia la storia (scritta da Kirkbride e Todd Howard) ha grandissimo appeal, è veramente notevole e ha un potenziale enorme se ben sfruttata. Con tutti i remake non necessari fatti negli ultimi 10 anni, perché non fare questo? Assurdo...
    Pensa che io ho stampato gran parte dei libri pubblicati in questo thread e li sto leggendo su carta. Lo preferisco decisamente, al netto purtroppo di qualche errore di traduzione, a volte anche importante, anche tra i libri presi dalla traduzione di Skyrim, che è la migliore ad oggi.
    Ogni volta che non mi torna qualcosa, vado a controllare alcuni termini su www.uesp.net, che è la Bibbia dei TES, ovviamente solo in inglese.
     
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  20. alaris

    alaris Supporter

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    Redguard ai tempi avrei voluto giocarlo ma non essendo localizzato niente da fare. Mi piacerebbe moltissimo un remake localizzato lo comprerei al dayone. Non capisco Beth in quanto non sfrutta i suoi giochi vecchi con i remake
    Leggerli su carta, concordo, è un'altra cosa molto meglio.
     
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