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Libri di Lore "dimenticati"

Discussione in 'The Elder Scrolls V: Skyrim' iniziata da Varil, 26 Novembre 2018.

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Vorresti vedere libri che trattano in particolare quali argomenti?

  1. Vampirismo

    6 voti
    40,0%
  2. Lord Vivec

    6 voti
    40,0%
  3. La storia di Daggerfall

    10 voti
    66,7%
  4. Cosmologia, Creazione

    10 voti
    66,7%
  5. Mitologia Nordica

    9 voti
    60,0%
  6. Dei e Pantheon poco approfonditi

    10 voti
    66,7%
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  1. Varil

    Varil Galactic Guy

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    Nuovo libro non ufficiale, tratto da una mod nota come Ayleid Remnants per Morrowind (fattami notare dal buon @MOB2). Mod che aggiunge delle rovine Ayleid a Solstheim, nonchè diverse quest e una vera e propria nuova gilda, la Società degli Studi Ayleid.
    Mod che sto traducendo personalmente e che verosimilmente includerò nel futuro aggiornamento del pacchetto moddato di Morrowind. Buona lettura.


    Rovine Ayleid a Solstheim

    di Vastus Burtrio

    Le città Ayleid di Cyrodiil mostrano quella che consideriamo la forma tradizionale e originale dell'architettura Ayleid. A Valenwood, negli ultimi anni dei loro regni, ci furono dei sottili cambiamenti nello stile. Ma le rovine nella regione di Solstheim mostrano il più grande dei cambiamenti stilistici, con sale più ampie e stanze apparentemente più grandi. Alcuni elementi, come i pilastri in Pietra di Welkynd, i cancelli in metallo e altre opere d'arte, sembrano mantenere l'aspetto più comune. In ogni caso, non tutte le tribù Ayleid erano d'accordo tra loro in molti aspetti della vita, quindi sembra ragionevole aspettarsi che anche lo stile delle loro abitazioni variasse in qualche modo.

    Si presume che gli Ayleid si trasferirono in questa regione più gelida per effettuare ricerche sugli effetti degli agenti atmosferici, o forse sembrava un luogo ideale per coloro che preferivano un clima più freddo, dato che vari clan fuggirono da Cyrodiil dopo e durante la ribellione degli schiavi di Alessia.

    Una delle voci più curiose emerse dai luoghi di Solstheim è che si suppone che un albero cristallino esista in una tomba perduta, da qualche parte nelle profondità di Mafre Tor. Si sa che gli Ayleid erano in grado di far sì che Pietre di Welkynd e simili si formassero naturalmente nelle loro stesse dimore, quindi forse si trattava di una versione diversa delle Grandi Pietre di Welkynd, scomparse da tempo. Una collezione di vetri e minerali Eterei che in qualche modo si espandeva come un albero e forniva una fonte di potere magico a coloro che vivevano in quel luogo.

    Nelle regioni inferiori di Angagarlas si dice che risieda una grande coppa a 6 facce che, se attiva, può trasmutare vari oggetti e manufatti in un'altra forma. Pochi l'hanno vista e ancora meno hanno affermato che faccia davvero qualcosa.

    Quali altri strani misteri esistano ancora e quali no, resta ancora da vedere.
     
    Ultima modifica: 14 Febbraio 2024
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  2. Varil

    Varil Galactic Guy

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    Spirito dei Daedra

    COME DOVRESTI CONOSCERCI

    MORTE, SCONFITTA E TERRORE

    Non possiamo morire. Non temiamo la morte.

    Distruggi il corpo e l'animus verrà scagliato nell'oscurità. Ma l'animus farà ritorno.

    Ma non siamo del tutto coraggiosi.

    Proviamo dolore e lo temiamo. Proviamo vergogna e la temiamo. Proviamo smarrimento e lo temiamo. Odiamo l'oscurità e la temiamo.

    I Furfanti hanno pensieri ridotti e possono provare assai poca paura.

    I Vermai non hanno alcun pensiero e non possono provare paura.

    I Dremora hanno pensieri profondi e devono dominare la paura per trionfare.


    IL LEGAME DEL CLAN

    Non siamo nati. Non abbiamo padri né madri, eppure abbiamo consanguinei e clan.

    La forma del clan è possente. Mostra corpo e pensiero.

    Nella forma del clan risiedono la forza e l'intento.


    IL VINCOLO DEL GIURAMENTO

    Serviamo per scelta. Serviamo i più forti cosicché la loro forza ci sia da scudo.

    I clan servono per antica consuetudine, ma le consuetudini possono mutare.

    I Dremora hanno servito a lungo Dagon ma non fu sempre così.

    La consuetudine è salda finché il vincolo del giuramento è saldo e la fiducia è condivisa.

    Quando il vincolo del giuramento è debole, c'è dolore e vergogna e smarrimento e oscurità e grande terrore.


    COSA PENSIAMO DEGLI UOMINI

    Forse trovate i Furfanti comici e i Vermai bestiali.

    Come credete che vi consideriamo a nostra volta?

    Siete la preda e noi i cacciatori.

    I Furfanti sono i segugi e i Vermai i battitori.

    La vostra carne è dolce e la caccia alquanto divertente.

    Come voi talvolta potete elogiare la volpe o la lepre, ammirandone l'astuzia e la velocità e lamentandovi quando i segugi ne lacerano la carne, così noi talvolta ammiriamo la nostra preda e segretamente applaudiamo quando elude le nostre trappole o sfugge al nostro inseguimento.

    Ma similmente a ogni cosa al mondo, sarete consunti dal tempo ed esauriti. Invecchierete e vi farete più brutti, deboli e stolti. Sarete comunque perduti, presto o tardi che sia.

    Talvolta la preda si volge contro di noi e morde. Ma poco conta. Quando siamo feriti o esauriti, voliamo lontano per recuperare. Talvolta qualcosa di prezioso viene perduto, ma il rischio rende la caccia assai più dolce.


    IL MISTERO DELL'UOMO

    L'uomo è mortale e dominato dalla morte, dal fallimento e dallo smarrimento.

    Ciò sfugge alla nostra comprensione, perché mai non disperate?
     
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  3. Varil

    Varil Galactic Guy

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    I cinque canti di Re Wulfharth


    La lingua di Shor

    Il primo canto di Re Wulfharth è antico e risale al 1E 500 circa. Dopo la disfatta dell'esercito alessiano presso le Lande di Glenumbria, dove il Re Hoag Merkiller fu brutalmente ucciso, Wulfharth di Atmora venne eletto in virtù del Patto dei Capi. Il suo thu'um era così potente che non poteva prestare giuramento orale per il suo incarico e gli scribi avevano il compito di redigere i giuramenti. Subito dopo, gli scribi scrissero la prima nuova legge del suo regno con la quale si ripristinava, con orgoglio, il tradizionale pantheon nordico. Gli editti furono banditi, i loro sacerdoti mandati al rogo e le loro residenze date alle fiamme. Per qualche tempo, lo spettro di Re Borgas sparì dalla circolazione. A causa del suo fanatismo, Re Wulfharth venne chiamato la lingua di Shor e Ysmir, il Drago del Nord.

    Il figlio di Kyne

    Il secondo canto di Re Wulfharth esalta le sue prodezze agli occhi degli antichi dei. Ha combattuto gli orchi dell'est e spedito il loro capo all'inferno. Ha ricostruito il 418° gradino di Hrothgar Alto, danneggiato da un drago. Quando inghiottì una nube temporalesca, per evitare che il suo esercito prendesse freddo, i nord lo chiamarono il Respiro di Kyne.

    Antico Percuotitore

    Il terzo canto di Re Wulfharth narra della sua morte. Orkey, un dio nemico, aveva sempre cercato di distruggere i nord, anche ad Atmora dove rubò i loro anni. Vista la forza di Re Wulfharth, Orkey invocò di nuovo lo spirito di Alduin, il Divoratore del Tempo. A quasi tutti i nord vennero sottratti gli anni fino all'età di sei. Il piccolo Wulfharth invocò Shor, il defunto Condottiero degli Dei, affinché aiutasse il suo popolo. Lo spirito di Shor combatté contro il Divoratore del Tempo nella pianura degli spiriti, così come fece all'inizio del tempo, e vinse, e il popolo di Orkey, gli orchi, furono sconfitti. Mentre il piccolo Wulfharth osservava la battaglia che aveva luogo nei cieli, apprese un nuovo thu'um: "Ciò che accade scuotendo il drago in tal modo". Si servì di questa nuova magia per riportare il suo popolo alla normalità. Tuttavia, nella premura di salvarne un gran numero, consumò troppi dei suoi anni. Divenne più vecchio perfino dei Barbagrigia e morì. Si diceva che le fiamme della sua pira avessero raggiunto il focolare della stessa Kyne.

    Il Re di Cenere

    Il quarto canto di Re Wulfharth narra della sua rinascita. I nani e i demoni dei regni orientali avevano ripreso a combattere e i nord speravano di poter riprendersi i loro vecchi possedimenti. Pianificarono un attacco, ma vi rinunciarono perché consapevoli di non avere un re forte che potesse guidarli. Poi sopraggiunse il Demone di Dagoth, che giurò di essere venuto in pace. Rivelò ai nord una cosa straordinaria: sapeva dove si trovava il cuore di Shor! Molto tempo prima, il dio supremo era stato ucciso dai giganti elfi che avevano strappato il cuore di Shor e l'avevano usato come stendardo per incutere terrore ai nord. Tutto questo funzionò finché Ysgramor non lanciò un'invettiva e i nord risposero all'attacco. Sapendo che alla fine avrebbero perso, i giganti elfi nascosero il cuore di Shor per impedire ai nord di riavere il loro dio. Ma ecco arrivare il Demone di Dagoth con questa buona novella! I nani e i demoni dei regni dell'est avevano il suo cuore e questo aveva scatenato i recenti tumulti. I nord chiesero al Demone di Dagoth perché mai avrebbe dovuto tradire così la sua gente. Lui rispose che i demoni si sono sempre traditi l'un l'altro sin dall'inizio del tempo, era sempre stato così, e i nord gli credettero. I tongue celebrarono con un canto il ritorno dello spirito di Shor. Shor organizzò un esercito come aveva fatto in passato e aspirò le ceneri di Re Wulfharth, disseminate per tanto tempo, e lo ricreò, perché necessitava di un buon generale. Ma il Demone di Dagoth chiese di essere anch'egli generale e dichiarò di essere il segno premonitore benedetto per quella guerra santa. Così Shor ebbe due generali, il Re di Cenere e il Demone di Dagoth, e iniziò a marciare verso i regni dell'est con tutti i figli di Skyrim.

    Montagna Rossa

    Il quinto canto di Re Wulfharth è triste. I sopravvissuti del disastro ritornarono sotto un cielo rosso. Quell'anno venne definito come la Morte del Sole. Il Demone di Dagoth aveva ingannato i nord perché il cuore di Shor non si trovava nei regni dell'est, in realtà non vi era mai stato. Non appena l'esercito di Shor giunse alla Montagna Rossa, tutti i demoni e i nani si lanciarono contro di loro. I loro stregoni sollevarono la montagna e la scagliarono contro Shor che rimase intrappolato sotto la Montagna Rossa fino alla fine del tempo. Uccisero i figli di Skyrim, ma non prima che Re Wulfharth avesse ucciso Re Dumalacath, l'orco-nano, e condannato la sua gente. Poi Vehk il Demone spedì con un'esplosione il Re di Cenere all'inferno e tutto ebbe fine. In seguito, Kyne sollevò le ceneri di Ysmir in cielo, salvandolo dall'inferno e mostrando ai suoi figli il colore del sangue versato in seguito al tradimento. E i nord non avrebbero mai più confidato in alcun demone.


    Il canto segreto di
    Wulfharth il Re di Cenere


    La verità della Montagna Rossa

    Il cuore di Shor si trovava a Resdayn, come Dagoth-Ur aveva promesso. Quando l'esercito si avvicinò alla sponda più occidentale del Mare Interno, osservò al di là della Montagna Rossa dove erano radunati gli eserciti dei dwemer. Ma le notizie riportate da coloro che erano andati in ricognizione affermavano che le forze dei chimer avevano appena lasciato Narsis e, lentamente, stavano raggiungendo i loro cugini contro i nord. Dagoth-Ur disse che il Tribunale aveva tradito la fiducia del loro re, che avevano inviato Dagoth-Ur a Lorkhan, (colui che chiamavano Shor in Resdayn) affinché il dio potesse giurare vendetta sui nani per la loro superbia, e che la pace di Nerevar con i dwemer sarebbe stata la rovina del cammino di Velothi. Era questa la ragione della lenta adunata, disse Dagoth-Ur.

    Gli eserciti si espandono

    E Lorkhan (così veniva chiamato Shor in Resdayn) disse: "Non giuro vendetta contro i nani per le ragioni addotte dal Tribunale. Tuttavia, è vero che essi periranno per mia mano insieme a chiunque si unirà a loro. Questo Nerevar è figlio di Boethiah, uno dei padomaic più forti. È un eroe per il suo popolo malgrado il Tribunale e organizzerà un esercito tale che questa battaglia sarà difficile da domare. Abbiamo bisogno di molte più risorse di quelle a nostra disposizione". E così Dagoth-Ur, che voleva vedere i nani morti tanto il Tribunale, si recò a Kogoran e convocò i chap'thil della sua casa, i suoi spiriti segugi, i suoi maghi, gli arcieri e i suoi automi di ottone rubati. E il Re di Cenere, Wulfharth, Ysmir il Canuto, si recò dagli orchi in veste di pacificatore, nonostante nelle sue vene scorresse sangue nordico e portarono molti soldati ma nessun mago. Molti nord non poterono allearsi con i loro nemici di sempre, nemmeno dinanzi alla Montagna Rossa. Erano vicini alla diserzione. Allora Wulfharth disse: "Non vedete dove vi trovate veramente? Non capite chi è veramente Shor? Non capite cosa significa veramente questa guerra?" E guardarono prima il re, poi il dio, i demoni e infine gli orchi, ma solo alcuni erano consapevoli, veramente consapevoli, e furono coloro che restarono.

    Il tamburo del fato

    Nerevar aveva con sé Keening, un pugnale forgiato dal suono dell'ombra delle lune. I suoi campioni erano Dumac Dwarfking, che trasportava un martello di massa divina e Alandro Sul, figlio immortale di Azura che indossava la cotta di maglia dello spettro. Incontrarono Lorkhan nel corso dell'ultima battaglia della Montagna Rossa. Lorkhan aveva di nuovo il suo cuore, dal quale era stato a lungo lontano, e aveva bisogno di tempo. Wulfharth si scontrò con Sul ma non gli fu possibile colpirlo e cadde a causa di ferite dolorose, ma non prima di averlo accecato. Dagoth-Ur fronteggiò Dumac e lo fece ruotare, ma non prima che Sunder avesse colpito il cuore del suo signore. Nerevar si allontanò da Lorkhan e colpì Dagoth-Ur con tutta la sua rabbia, ma a sua volta venne ferito a morte da Lorkhan. Ma Nerevar finse una morte prematura e colpì Lorkhan di sorpresa, al fianco. Il cuore venne reso solido da un colpo ben assestato di Sunder e Keening poté finalmente strapparlo. Fu strappato e Lorkhan venne sconfitto e si pensò che quel calvario fosse così giunto a conclusione.
     
    Ultima modifica: 22 Marzo 2024
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  4. Varil

    Varil Galactic Guy

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    La Regina Lupo
    Libro uno



    di
    Waughin Jarth

    Dalla penna del saggio della Terza Era del primo secolo Montocai:

    3E 63:
    Durante il periodo autunnale di quell'anno, il Principe Pelagius, figlio del Principe Uriel, che a sua volta era figlio dell'Imperatrice Kintyra, nipote del grande Imperatore Tiber Septim, giunse nella città-stato di Camlorn nella provincia di High Rock per corteggiare la figlia di Re Vulstaed. Il suo nome era Quintilla, la più bella principessa di Tamriel, abile in tutte le arti di virtuosa fanciulla ed esperta maga.

    Vedovo da undici anni con un giovane figlio di nome Antiochus, Pelagius giunse a corte e trovò che la città-stato era terrorizzata da un furioso demone lupo mannaro. Invece di dedicarsi alle gioie del corteggiamento, Pelagius e Quintilla partirono insieme per salvare il regno. Con la sua destrezza nell'uso della spada e le arti magiche di lei la bestia venne uccisa. Con i poteri del Misticismo, Quintilla incatenò lo spirito della bestia in una gemma. Pelagius fece trasformare la gemma in un anello e sposò la fanciulla.

    Ma fu detto che lo spirito del lupo sarebbe rimasto con la coppia fino alla nascita del loro primo figlio.

    3E 80
    "L'ambasciatore da Solitude è arrivato, vostra maestà", disse sottovoce il cerimoniere Balvus.

    "Proprio nel bel mezzo di una cena?", borbottò debolmente l'imperatore. "Ditegli di aspettare".

    "No, padre, è assai importante che lo vediate", disse Pelagius alzandosi in piedi. "Non potete farlo attendere e successivamente comunicargli cattive notizie. Non sarebbe diplomatico".

    "Non andatevene allora, siete assai più abile di me nelle arti della diplomazia. Dovremmo avere tutta la famiglia qui", aggiunse l'Imperatore Uriel II, d'un tratto consapevole di quante poche persone fossero presenti a tavola. "Dov'è vostra madre?".

    "A letto con l'arciprete di Kynareth", avrebbe desiderato dire Pelagius, ma come aveva detto suo padre era un abile diplomatico. Quindi rispose: "Assorta in preghiera".

    "E vostro fratello e vostra sorella?".

    "Amiel si trova a Firsthold alla riunione con l'arcimaestro della Gilda dei Maghi. E Galana, sebbene di questo non dovremo far menzione all'ambasciatore, sta preparando le sue nozze con il duca di Narsis. Dal momento che l'ambasciatore si aspetta che lei sia invece data in sposa al suo signore il re di Solitude, riferiremo che si trova alla sorgente termale per liberarsi da un ammasso di foruncoli infettati. Ditegli questo e non solleciterà con troppa insistenza il matrimonio, sebbene potrebbe costituire un mero espediente politico", disse Pelagius sorridendo. "Sapete bene quanto siano schizzinosi i nord riguardo alle donne ricoperte di brufoli".

    "Dannazione, ritengo che dovrei avere un po' di familiari intorno, così da non apparire come un vecchio idiota disprezzato dai propri cari", brontolò l'imperatore, sospettando giustamente che quello fosse proprio il caso. "Cosa ne è di vostra moglie? Dove sono lei e i miei nipoti?".

    "Quintilla è nella stanza dei bambini con Cephorus e Magnus. Antiochus sta probabilmente correndo dietro alle donne in città. Non so dove sia Potema, forse impegnata nei suoi studi. Pensavo che non vi piacesse avere bambini intorno".

    "Mi piacciono soltanto durante le riunioni con gli ambasciatori in umidi saloni delle cerimonie", sospirò l'imperatore. "Conferiscono un'aria di, come dire, di innocenza e civiltà. Ah, fate entrare quel benedetto ambasciatore", disse a Balvus.

    Potema era annoiata. Era la stagione delle piogge nella provincia imperiale, il periodo invernale, e le strade e i giardini della città erano tutti allagati. Non riusciva a ricordare un momento in cui non stesse piovendo. Erano passati soltanto giorni, o erano settimane o mesi da quando il sole aveva brillato l'ultima volta? Non c'era alcun modo per distinguere lo scorrere del tempo nel costante chiarore tremolante delle fiaccole del palazzo e mentre Potema camminava per i corridoi di marmo e di pietra, ascoltando il ticchettio della pioggia, riusciva a pensare soltanto che era annoiata.

    Asthephe, il suo precettore, in quel momento l'avrebbe cercata. Di solito non le dispiaceva studiare. Le risultava alquanto facile memorizzare le cose. Si pose delle domande mentre attraversava il salone da ballo deserto. Quando capitolò Orsinium? 1E 980. Chi scrisse i Trattati Tamrielici? Khosey. Quando era nato Tiber Septim? 2E 288. Chi è l'attuale re di Daggerfall? Mortyn, figlio di Gothlyr. Chi è l'attuale Silvenar? Varbarenth, figlio di Varbaril. Chi è il signore della guerra di Lilmoth? Domanda a tranello: è una dama, Ioa.

    Cosa otterrò se sarò una brava figlia e non mi metterò nei pasticci, e il mio precettore dirà che sono un'eccellente studentessa? Mia madre e mio padre si rimangeranno la promessa di comprarmi una katana daedrica tutta mia, dicendo che non si ricordavano più della cosa e che è troppo costosa e pericolosa per una fanciulla della mia età.

    Alcune voci provenivano dalla sala delle cerimonie dell'imperatore. Suo padre, suo nonno, insieme a un uomo con uno strano accento, un nord. Potema spostò una pietra che aveva liberato dietro un arazzo e si mise in ascolto.

    "A esser franchi, vostra maestà imperiale", echeggiò la voce del nord, "al mio sire, il re di Solitude, non interessa se la Principessa Galana sembra un orco. Vuole un'alleanza con la famiglia imperiale e voi avete acconsentito a offrirgli Galana o a restituire i milioni in oro che vi ha consegnato per soffocare la rivolta khajiiti a Torval. Questo è l'accordo che avete giurato di onorare".

    "Non rammento un simile accordo", disse la voce di suo padre, "E voi, mio signore?".

    Si udì un sommesso brontolio che Potema ritenne essere suo nonno, il vecchio imperatore.

    "Forse potremmo fare una passeggiata verso la sala degli archivi, la mia memoria potrebbe anche essere fallace", la voce del nord suonò sarcastica. "Ricordo chiaramente l'apposizione del vostro sigillo sull'accordo prima di riporlo sotto chiave. Naturalmente, potrei in verità sbagliarmi".

    "Manderemo un valletto nella sala per prendere il documento di cui fate menzione", replicò la voce di suo padre, con quel tono crudo e suadente che era solito usare ogni qualvolta era in procinto di rompere una promessa. Potema lo conosceva molto bene. Rimise a posto la pietra che aveva smosso e si affrettò a lasciare il salone da ballo. Sapeva bene quanto lentamente camminassero i valletti, abituati a svolgere commissioni per un vecchio imperatore barcollante. Lei sarebbe arrivata alla sala degli archivi in un batter d'occhio.

    La massiccia porta d'ebano era chiusa a chiave, naturalmente, ma Potema sapeva cosa fare. Un anno prima, aveva sorpreso la domestica bosmer di sua madre mentre rubava dei gioielli e in cambio del suo silenzio, costrinse la giovane donna a insegnarle come forzare le serrature. Potema sfilò due forcine dalla sua spilla con diamante rosso e fece scivolare la prima dentro la serratura, tenendo la mano ben salda e memorizzando lo schema di cilindretti e scanalature all'interno del meccanismo.

    Ogni serratura aveva una sua configurazione.

    La serratura della dispensa della cucina: sei cilindretti liberi, il settimo bloccato e un chiavistello in senso contrario. Era penetrata in quel locale solo per divertimento, ma se fosse stata un'avvelenatrice, l'intera famiglia imperiale sarebbe ormai morta, pensò ridendo.

    La serratura del nascondiglio segreto di pornografia khajiiti di suo fratello Antiochus: soltanto due cilindretti liberi e una patetica trappola con una penna d'oca avvelenata che aveva disarmato agevolmente esercitando una pressione sul contrappeso. Quello si era rivelato un utile elemento di vantaggio. Era alquanto strano che Antiochus, che sembrava non avere alcuna vergogna, si dimostrasse così facile da ricattare. Dopo tutto, lei aveva solo dodici anni e il divario fra le perversioni del popolo felino e le perversioni dei cyrodilici le sembravano alquanto teoriche. Inoltre, Antiochus le donò la spilla di diamanti che portava al cuore.

    Non era mai stata colta in flagrante. Non quando era penetrata nello studio dell'arcimago e aveva sottratto il suo antico libro di formule magiche. E nemmeno quando si era introdotta nella camera degli ospiti del re di Gilane e aveva rubato la sua corona il mattino prima della cerimonia ufficiale di benvenuto di Magnus. Era divenuto fin troppo semplice per lei tormentare la sua famiglia con quei piccoli crimini. Ma adesso c'era un documento che l'imperatore voleva e per un incontro molto importante. Lei l'avrebbe avuto per prima.

    Quella tuttavia sembrava proprio la serratura più difficile che avesse mai tentato di forzare. Sfiorò ripetutamente i cilindretti di fermo, spingendo delicatamente di lato il morsetto a forcella che afferrava le sue forcine, battendo sui contrappesi. Impiegò quasi mezzo minuto per forzare la porta della sala degli archivi, dove erano riposte le Antiche pergamene.

    I documenti erano ben organizzati in base all'anno, alla provincia e al regno, e Potema in breve tempo fu in grado di trovare la Promessa di Matrimonio stipulata da Uriel Septim II, con la grazia degli dei, l'imperatore del sacro cyrodilico Impero di Tamriel e sua figlia la Principessa Galana e sua maestà Re Mantiarco di Solitude. Afferrò il trofeo e uscì dalla sala, chiudendo a dovere la serratura della porta, prima ancora che il valletto fosse visibile.

    Di ritorno nella sala da ballo, rimosse la pietra e si mise ad ascoltare con avida curiosità la conversazione che si svolgeva all'interno. Per alcuni minuti, i tre uomini, il nord, l'imperatore e suo padre parlarono soltanto del tempo e di alcuni noiosi dettagli diplomatici. Poi ci fu il suono di passi e una giovane voce, il valletto.

    "Vostra maestà imperiale, ho cercato in tutta la sala degli archivi ma non sono riuscito a trovare il documento che avete richiesto".

    "Ecco, vedete", Potema udì la voce di suo padre. "Vi avevo detto che non esisteva".

    "Ma l'ho visto!", la voce del nord era furiosa. "Ero presente quando il mio sire e l'imperatore apponevano le loro firme! Ero lì!".

    "Mi auguro che non vogliate dubitare della parola di mio padre, il sovrano imperatore di tutta Tamriel, non certo quando, come ora, esiste prova che dobbiate esservi... sbagliato", la voce di Pelagius era bassa e minacciosa.

    "Naturalmente no", disse il nord ammettendo rapidamente la sconfitta. "Ma cosa dirò al mio re? Non otterrà alcun legame con la famiglia imperiale e nemmeno la restituzione dell'oro pattuito, sebbene l'accordo... Sebbene io e lui credessimo che l'accordo esistesse?".

    "Non desideriamo creare alcun attrito fra il regno di Solitude e l'Impero", si udì la voce dell'imperatore, fievole, ma sufficientemente chiara. "Cosa ne pensate se invece offrissimo a Re Mantiarco nostra nipote?".

    Potema avvertì il gelo della stanza calare su di lei.

    "La Principessa Potema? Non è forse troppo giovane?", chiese il nord.

    "Ha ben tredici anni", disse suo padre. "È abbastanza grande per sposarsi".

    "Sarebbe una consorte ideale per il vostro re", aggiunse l'imperatore. "È, in verità, per come la conosco, assai timida e ingenua, ma sono certo che apprenderà rapidamente le abitudini di corte. Dopotutto, è una Septim. Credo che sarebbe un'eccellente regina di Solitude. Non troppo eccitante, ma sicuramente nobile".

    "La nipote dell'imperatore non gli è prossima quanto la figlia", disse il nord alquanto miseramente. "Ma non vedo come potremmo rifiutare l'offerta. Ne informerò il mio re".

    "Avete il nostro permesso", disse l'imperatore, e Potema sentì il rumore del nord che lasciava il salone delle cerimonie.

    Lacrime scorrevano dagli occhi di Potema. Dai suoi studi, sapeva chi fosse il re di Solitude. Mantiarco. Sessantadue anni di età e piuttosto grasso. E sapeva anche quanto fosse lontano il regno di Solitude e come fosse freddo il clima dell'estremo nord. Suo padre e suo nonno la stavano abbandonando nelle mani dei barbari nord. Le voci nella stanza continuarono a parlare.

    "Ben fatto, ragazzo mio. Adesso, badate a bruciare quel documento", disse suo padre.

    "Mio principe?", chiese la voce querula del valletto.

    "L'accordo fra l'imperatore e il re di Solitude, sciocco. Non vogliamo che si sappia della sua esistenza".

    "Mio principe, dicevo la verità. Non sono riuscito a trovare il documento nella sala degli archivi. Sembra essere scomparso".

    "Per Lorkhan !", ruggì suo padre. "Perché ogni cosa in questo palazzo viene mal riposta? Ritorna nella sala e continua a cercare finché non l'avrai trovato!".

    Potema guardò il documento. Milioni in pezzi d'oro promessi al regno di Solitude nell'eventualità che la Principessa Galana non sposasse il re. Avrebbe potuto portarlo dentro a suo padre e forse come ricompensa non l'avrebbe data in sposa a Mantiarco. O forse no. Con esso avrebbe potuto ricattare suo padre e l'imperatore e ottenere una considerevole somma di denaro. Oppure poteva esibirlo una volta divenuta regina di Solitude per riempire i suoi forzieri e comprare tutto ciò che desiderava. Ben più di una katana daedrica, questo era certo.

    Così tante possibilità, pensò Potema. E si accorse di non sentirsi più annoiata.
     
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  5. Varil

    Varil Galactic Guy

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    Ted Peterson non si smentisce mai. Quanto vorrei che Bethesda assumesse nuovamente lui e Kirkbride per contribuire alla scrittura di TES VI, ma un uomo può solo sognare...


    La Regina Lupo
    Libro due



    di
    Waughin Jarth


    Dalla penna del saggio della Terza Era del primo secolo Montocai:

    3E 82
    Un anno dopo il matrimonio della nipote quattordicenne, la Principessa Potema, con il Re Mantiarco del regno nordico di Solitude, l'Imperatore Uriel Septim II passò a miglior vita. Suo figlio Pelagius Septim II fu eletto imperatore e si ritrovò con le finanze fortemente depauperate a causa dell'incapacità di governare del padre.

    Come nuova regina di Solitude, Potema si trovò ad affrontare l'opposizione degli antichi casati Nordici che la vedevano come un'estranea. Mantiarco era rimasto vedovo e la sua precedente moglie e regina era molto amata. Gli aveva dato un figlio, il Principe Bathorgh, di ben due anni più grande della giovane matrigna che non vedeva di buon occhio. Ma il sovrano amava la sua regina e patì con lei aborto dopo aborto fino al compimento del suo 29° anno, quando diede alla luce un bambino.

    3E 97
    "Fate qualcosa per alleviare il mio dolore!", gridò Potema, digrignando i denti. Il guaritore Kelmeth pensò immediatamente a una lupa in travaglio, ma scacciò quell'immagine dalla sua mente. Invero i suoi nemici la chiamavano la Regina Lupo, ma non certo per la somiglianza fisica.

    "Vostra maestà, non presentate ferite che io possa curare. Il dolore che avvertite è naturale ed è di aiuto al parto", stava per aggiungere altre parole di consolazione ma dovette interrompersi per schivare lo specchio lanciatogli dalla regina.

    "Non sono una contadina puzzolente!", replicò stizzosamente. "Sono la regina di Solitude, figlia dell'imperatore! Posso invocare i daedra! Offrirò in pegno l'anima di ogni mio ultimo suddito per avere un po' di conforto!".

    "Mia signora", rispose nervosamente il guaritore, tirando le tende e nascondendo il freddo sole del mattino. "Non è saggio fare una simile offerta, nemmeno in burla. Gli occhi di Oblivion sono sempre attenti a un'esclamazione così avventata".

    "Cosa ne sapete voi di Oblivion, guaritore?", brontolò la regina, ma la sua voce si era fatta più calma, più quieta. Il dolore si era placato: "Mi porgereste lo specchio che vi ho lanciato?".

    "Avete intenzione di lanciarlo ancora, vostra maestà?", chiese il guaritore con un sorriso tirato, obbedendo alla sua richiesta.

    "È molto probabile", rispose la regina, guardando la sua immagine riflessa. "E la prossima volta non sbaglierò. Ho un aspetto orribile. Lord Vhokken mi sta ancora aspettando nel salone?".

    "Sì, vostra maestà".

    "Bene, ditegli che devo solo sistemarmi l'acconciatura e sarò da lui. E lasciateci soli. Vi chiamerò a gran voce quando il dolore tornerà".

    "Sì, vostra maestà".

    Pochi minuti dopo, Lord Vhokken fu introdotto nella camera. Era un uomo enorme e calvo, chiamato Vhokken la Montagna da amici e nemici, e quando parlava la sua voce era simile al brontolio del tuono. La regina era una delle poche persone che Vhokken conosceva a non essere affatto intimidita da lui. Le sorrise.

    "Mia regina, come vi sentite?", chiese.

    "Dannata. Ma dal vostro aspetto sembra che la primavera sia sbocciata sul Monte Vhokken. A giudicare dal vostro umore allegro direi che siete stato eletto signore della guerra".

    "Solo temporaneamente, mentre vostro marito il re indaga sull'esistenza di prove riguardo alle voci di tradimento da parte del mio predecessore Lord Thone".

    "Se le avete nascoste secondo le mie indicazioni, le troverà", sorrise Potema, sollevandosi sul letto. "Ditemi, il Principe Bathorgh si trova ancora in città?".

    "Che domanda curiosa, vostra altezza", rise la montagna. "Oggi si terrà il Torneo di Resistenza, sapete che il principe non lo perderebbe per niente al mondo. Inventa nuove strategie di autodifesa ogni anno da mostrare durante i giochi. Non ricordate l'anno scorso, quando entrò nell'arena senza armatura e, dopo aver schivato per ben venti minuti i fendenti di sei spadaccini, si ritirò dal gioco senza neanche un graffio? Dedicò quell'incontro alla madre defunta, la Regina Amodetha".

    "Sì, rammento".

    "Non è amico vostro né mio, vostra altezza, ma è necessario trattare quell'uomo con il dovuto rispetto. Si muove come un fulmine. Non si direbbe, ma sembra riuscire sempre a volgere l'imprevedibilità che lo caratterizza a proprio vantaggio, per sbarazzarsi dei suoi avversari. C'è chi dice che abbia imparato quello stile dagli orchi del sud, apprendendo come anticipare un attacco nemico con una sorta di potere soprannaturale".

    "Non c'è niente di soprannaturale", rispose la regina, sommessamente. "Lo ha ereditato dal padre".

    "Mantiarco non si è mai mosso in quel modo", rispose Vhokken ridacchiando.

    "Non ho mai sostenuto che lo facesse", rispose Potema. Gli occhi della donna si chiusero e strinse i denti. "I dolori stanno riprendendo. Chiamate il guaritore, ma prima devo chiedervi un'altra cosa. È iniziata la costruzione del nuovo palazzo estivo?".

    "Credo di sì, vostra altezza".

    "Niente credo!", gridò la regina, serrando i denti e mordendosi le labbra a tal punto che un rivolo di sangue le scivolò lungo il mento. "Fatelo! Assicuratevi che la costruzione abbia inizio oggi stesso! Il vostro futuro, il mio e quello di questo figlio dipendono da ciò! Andate!".

    Quattro ore dopo, il Re Mantiarco entrò nella stanza per vedere suo figlio. La regina sorrise debolmente quando il sovrano le baciò la fronte. Quando gli porse il bambino, una lacrima solcò il suo volto. Un'altra lacrima seguì subito dopo e poi un'altra ancora.

    "Mio signore", disse amorevolmente. "So che siete incline ai sentimenti, ma non pensavo a tal punto!".

    "Non è solo per il bambino, nonostante sia bellissimo e possegga tutte le splendide caratteristiche di sua madre", rispose tristemente Mantiarco a sua moglie, con i tratti del volto segnati dal tempo, contratti da una smorfia d'angoscia. "Mia dolce sposa, abbiamo dei problemi a palazzo. A dire la verità, questa nascita è l'unica cosa che impedisce a questo giorno di essere il più nefasto del mio regno".

    "Cos'è accaduto? Qualcosa al torneo?", Potema si sedette sul letto. "Qualcosa con Bathorgh?".

    "No, non si tratta del torneo, ma riguarda Bathorgh. Non dovrei farvi preoccupare in un momento come questo. Avete bisogno di riposo".

    "Mio sposo, ditemi!".

    "Desideravo sorprendervi con un regalo dopo la nascita di nostro figlio, così ho fatto restaurare completamente la vecchia residenza estiva. È un bellissimo luogo o almeno lo era. Ho pensato che vi sarebbe piaciuto. A dire la verità, è stata un'idea di Lord Vhokken. Era il luogo preferito di Amodetha". L'amarezza trasparì nella voce del sovrano... "Adesso ho capito perché".

    "Che cosa avete capito?", chiese Potema pacatamente.

    "Amodetha mi ha tradito in quel luogo con il mio fido signore della guerra, Lord Thone. Sono state rinvenute delle lettere che si erano scambiati, le cose più perverse che possiate mai aver letto. E non vi ho ancora detto il peggio".

    "No?".

    "Le date delle lettere corrispondono al momento della nascita di Bathorgh. Il ragazzo che ho cresciuto e amato come un figlio", la voce di Mantiarco era rotta dall'emozione, "era in realtà figlio di Thone, non mio".

    "Mio amato", rispose Potema, provando quasi dispiacere per il vecchio uomo. Gli gettò le braccia al collo mentre il sovrano singhiozzava chinato su di lei e sul loro bambino.

    "D'ora in poi", disse pacatamente il sovrano, "Bathorgh non sarà più il mio erede. Sarà bandito dal regno. Questo bambino che avete dato alla luce oggi, crescerà per regnare su Solitude".

    "E forse anche oltre", rispose Potema. "È anche il nipote dell'imperatore".

    "Lo chiameremo Mantiarco Secondo".

    "Mio caro, sarebbe fantastico", rispose Potema, baciando il volto del sovrano bagnato di lacrime. "Ma posso permettermi di suggerire Uriel, dal nome di mio nonno, l'imperatore, che ci ha uniti in matrimonio?".

    Il Re Mantiarco sorrise alla sua sposa e annuì. Qualcuno bussò alla porta.

    "Mio signore", disse Vhokken la montagna. "Sua altezza il Principe Bathorgh ha concluso il torneo e vi attende per ricevere il premio. Si è opposto vittoriosamente agli attacchi di nove arcieri e dello scorpione gigante che abbiamo portato da Hammerfell. La folla sta urlando il suo nome. Lo chiamano l'Uomo Che Non Può Essere Colpito".

    "Andrò da lui", rispose il Re Mantiarco tristemente e uscì dalla stanza.

    "Oh, può essere colpito", disse Potema stancamente. "Ma è necessario un po' d'impegno".



    La Regina Lupo
    Libro tre



    di
    Waughin Jarth

    Dalla penna del saggio della Terza Era del primo secolo Montocai:

    3E 98
    L'Imperatore Pelagius Septim II morì alcune settimane prima della fine dell'anno, nel 15° giorno della Stella della Sera durante la sagra della Preghiera del Vento del Nord: un pessimo auspicio per l'Impero. Aveva regnato per diciassette difficili anni. Al fine di rimpinguare le casse dell'Impero, decimate dal fallimentare governo che lo aveva preceduto, Pelagius sciolse l'intero Consiglio degli Anziani, obbligando i membri a ricomprare le loro posizioni. Molti consiglieri eccellenti ma poveri, furono allontanati. Numerose fonti sostengono che l'imperatore sia morto avvelenato da un vecchio membro del consiglio desideroso di vendetta.

    I suoi figli giunsero al palazzo per partecipare al suo funerale e all'incoronazione dell'imperatore successivo. Suo figlio minore, il principe Magnus, dell'età di 19 anni, giunse da Almalexia, dove aveva ricoperto il ruolo di consigliere presso la corte reale. Il principe ventunenne Cephorus arrivò da Gilane con la sua sposa Redguard la Regina Bianki. All'età di 43 anni il principe Antiochus, figlio maggiore e presunto erede, si trovava con il padre nella Città Imperiale. L'ultima a fare la sua comparsa fu l'unica figlia dell'imperatore, Potema, la cosiddetta Regina Lupo di Solitude. Trentenne di radiosa bellezza, giunse con un grandioso seguito, accompagnata da suo marito, l'anziano Re Mantiarco, e dal figlioletto di un anno, Uriel.

    Tutti sapevano che Antiochus sarebbe salito sul trono dell'Impero, ma nessuno sapeva cosa aspettarsi dalla Regina Lupo.


    3E 99
    "Questa settimana Lord Vhokken ha condotto numerosi uomini alle camere di vostra sorella ogni notte", riferì la Spia Esperta. "Forse se suo marito ne venisse informato...".

    "Mia sorella è devota alle divinità della conquista Reman e Talos, non alla dea dell'amore Dibella. Con quegli uomini sta complottando qualcosa, altro che orge. Scommetto di aver dormito con più uomini io di lei", disse ridendo Antiochus per poi rabbuiarsi. "Dev'essere dietro agli indugi del consiglio nell'offrirmi la corona, lo sento. Sono già trascorse sei settimane. Sostengono di aver bisogno di aggiornare i registri e di prepararsi all'incoronazione. Sono io l'imperatore! Incoronatemi e all'Oblivion ogni formalità!".

    "Sicuramente vostra sorella non parteggia per voi, vostra Maestà, ma vi sono anche altri fattori in gioco. Non dimenticate come vostro padre trattò il consiglio. Sono i membri che vanno tenuti d'occhio e, se necessario, convinti con efficacia", aggiunse la Spia Esperta, simulando suggestivamente una pugnalata.

    "Così sia allora, ma tenete d'occhio anche quella dannata Regina Lupo. Sapete dove trovarmi".

    "In quale bordello, vostra altezza?", chiese la Spia Esperta.

    "Se oggi è Fredas, sarò al Gatto e il Goblin".

    La Spia Esperta annotò nel suo rapporto che quella notte la Regina Potema non aveva avuto visite, poiché stava cenando oltre i giardini imperiali nel Palazzo Blu con sua madre, l'anziana imperatrice vedova Quintilla. Era una notte mite, sebbene fosse inverno, e stranamente il cielo era limpido nonostante la giornata tempestosa. Il terreno saturo d'acqua non riusciva più ad assorbirne e la struttura ordinata dei giardini pareva quasi cristallizzata. Le due donne presero il vino sull'ampio balcone per ammirare il paesaggio.

    "Stia cercando di sabotare l'incoronazione del tuo fratellastro", disse Quintilla, senza guardare la figlia. Potema notò come gli anni non l'avessero raggrinzita quanto piuttosto scolorita, come il sole su una pietra.

    "Non è vero", disse Potema. "Ma vi darebbe molto fastidio se invece lo fosse?".

    "Antiochus non è mio figlio. Aveva undici anni quando sposai tuo padre e il nostro non è mai stato un rapporto molto stretto. Sono convinta che l'idea di essere il suo presunto erede ne abbia arrestato lo sviluppo. Alla sua età dovrebbe avere una famiglia e dei figli già grandi, eppure sguazza ancora nella dissolutezza e nella fornicazione. Non sarà mai un buon imperatore", disse Quintilla con un sospiro e poi si rivolse a Potema. "Tuttavia sarebbe un male per la famiglia diffondere il seme della discordia. Dividersi in fazioni è facile, ma riunirsi è difficile. Temo per le sorti dell'Impero".

    "Sembrano le parole di... Siete forse in punto di morte, madre?".

    "Ho letto i presagi", disse Quintilla con un pallido e ironico sorriso. "Non dimenticare che ero una rinomata maga a Camlorn. Morirò entro pochi mesi e dopo meno di un anno morirà anche tuo marito. Rimpiango solo di non vivere abbastanza da vedere tuo figlio Uriel salire al trono di Solitude".

    "Avete visto se...", Potema s'interruppe non volendo rivelare troppo dei suoi piani, nemmeno a una donna in punto di morte.

    "Se sarà imperatore? Conosco la risposta anche per questo, figlia mia. Non temere: vivrai e vedrai, in un modo o nell'altro. Ho un regalo per quando raggiungerà la maggiore età", l'imperatrice vedova si tolse dal collo una collana con una sola grande gemma gialla. "È una gemma dell'anima, incantata con lo spirito di un enorme lupo mannaro che sconfissi in battaglia con tuo padre trentasei anni fa. È infusa con gli incantesimi dalla Scuola dell'Illusione e chi la indossa può ammaliare chiunque desideri. Una capacità indispensabile per un re".

    "E per un imperatore", disse Potema, prendendo la collana. "Grazie, madre".

    Un'ora più tardi, lasciandosi alle spalle i rami scuri degli arbusti scolpiti di douad, Potema intravide un'ombra svanire nell'oscurità del folto delle edere al suo avvicinarsi. Altre volte prima d'ora aveva notato che qualcuno la stava seguendo: era uno dei rischi della vita di corte. Ma quell'uomo era fin troppo vicino alle sue camere. Si mise al collo la collana.

    "Venite fuori dove posso vedervi", ordinò.

    L'uomo emerse dall'ombra. Un piccolo uomo scuro di mezz'età, con un vestito nero di pelle di capra. I suoi occhi rimasero fissi, congelati dal suo incantesimo.

    "Per chi lavorate?".

    "Il Principe Antiochus è il mio padrone", disse con voce piatta. "Sono la sua spia".

    Un piano si fece largo nella sua mente. "Il principe si trova nel suo studio?".

    "No, mia signora".

    "E voi ne avete accesso?".

    "Sì, mia signora".

    Potema si abbandonò a un ampio sorriso. Lo aveva in pugno. "Fatemi strada".

    Il mattino seguente, la tempesta riprese con tutta la sua furia. Il continuo picchiettare sui muri e sul soffitto erano un vero tormento per Antiochus, che si rese conto di non essere più immune come una volta alle sbornie notturne. Diede uno spintone alla sgualdrina argoniana che giaceva accanto a lui nel letto.

    "Renditi utile e chiudi la finestra", mugugnò.

    Non appena la finestra fu chiusa, si udì bussare alla porta. Era la Spia Esperta. Sorrise al principe e gli porse un foglio di carta.

    "Che cos'è?" disse Antiochus, con gli occhi socchiusi. "Devo essere ancora ubriaco. Sembra orchesco".

    "Penso che lo troverete utile, vostra maestà. Vostra sorella è qui per vedervi".

    Antiochus considerò il fatto di vestirsi e mandare fuori la sua compagna, ma ci ripensò. "Fatela entrare. Lasciamo pure che si scandalizzi".

    Se Potema si fosse scandalizzata, non lo dava a vedere. Avvolta in una veste di seta arancione e argento, entrò in camera con un sorriso trionfante, seguita dall'uomo-montagna Lord Vhokken.

    "Caro fratello, ho parlato con mia madre la notte scorsa, e mi ha consigliato molto saggiamente. Mi ha suggerito di non combattervi in pubblico, per il bene della nostra famiglia e dell'Impero. Pertanto", disse, estraendo dalla sua veste un pezzo di carta, "vi offro l'opportunità di scegliere".

    "Una scelta?", disse Antiochus ricambiando il sorriso. "Suona come una buona cosa".

    Rinunciate volontariamente ai vostri diritti sul trono imperiale e non sarò costretta a mostrare questa al consiglio", disse Potema porgendogli la lettera. "È una lettera che porta il vostro sigillo, in cui affermate di sapere che vostro padre non è Pelagius Septim II, bensì l'amministratore reale Fondoukth. Anche se negherete l'evidenza, non fermerete di certo le dicerie né tantomeno impedirete al consiglio imperiale di pensare che vostro padre, il vecchio stolto, non fosse capace di essere cornificato. Vero o no, che la lettera sia contraffatta o meno, lo scandalo che ne seguirà distruggerà qualsiasi vostra possibilità di divenire imperatore.

    Antiochus impallidì dalla rabbia.

    "Non temete, fratello", disse Potema riprendendo la lettera dalle sue mani tremanti. "Farò in modo che abbiate una vita agiata e confortevole e tutte le sgualdrine che il vostro cuore, o qualsiasi altro organo, desideri".

    Improvvisamente Antiochus incominciò a ridere. Lanciò uno sguardo alla sua Spia Esperta facendogli l'occhiolino. "Ricordo quando vi introduceste nel mio nascondiglio di arte erotica khajiiti per ricattarmi. Sono trascorsi quasi vent'anni ormai. Abbiamo serrature migliori ora, se avete notato. Sarete delusa di non aver potuto usare le vostre capacità per ottenere ciò che desideravate".

    Potema sorrise appena. Non importava. Ormai l'aveva in pugno.

    "Avrete ammaliato il mio servitore per entrare nel mio studio e usare il mio sigillo", disse sogghignando. "Un incantesimo, forse, di vostra madre, la strega?".

    Potema continuò a sorridere. Suo fratello era più intelligente di quanto pensasse.

    "Sapevate che gli incantesimi, anche quelli più potenti, non durano a lungo? Ovviamente no. La magia non ha mai fatto per voi. Lasciatemelo dire, un salario generoso rappresenta una forte motivazione per mantenere un servitore al proprio fianco, sorella", Antiochus tirò fuori il suo pezzo di carta: "Adesso sono io a darvi la possibilità di scegliere".

    "Che cos'è?" disse Potema, mentre il sorriso spariva dal suo viso.

    "Sembra una stupidaggine ma, sapendo cosa cercare, diventa tutto chiaro. È un documento di prova in cui provate a riprodurre la mia calligrafia. È un vostro dono innato. Magari lo avete fatto altre volte, imitare la scrittura di un'altra persona intendo. Se non sbaglio venne rinvenuta una lettera da parte della defunta moglie di vostro marito che affermava che il suo primogenito era un bastardo. Mi chiedo se non l'abbiate scritta voi quella lettera. Mi chiedo anche cosa penserebbe vostro marito se gli mostrassi la prova del vostro talento. In futuro, mia cara Regina Lupo, mai usare due volte la stessa trappola".

    Potema scosse la testa furiosa, ma incapace di proferire parola.

    "Consegnatemi la vostra lettera contraffatta e andate a fare due passi sotto la pioggia. Poi, più tardi, sciogliete ogni altra trama che avete ordito per allontanarmi dal trono. Antiochus fissò Potema negli occhi. "Sarò io l'imperatore, Regina Lupo. Fuori ora".

    Potema consegnò al fratello la lettera e lasciò la stanza. Per alcuni istanti, fuori nell'atrio, non disse nulla. Si limitò a fissare i rivoli di acqua piovana che scendevano giù dal muro di marmo attraverso una crepa minuscola, quasi invisibile.

    "Puoi contarci, fratello", disse. "Ma non a lungo".






    La Regina Lupo
    Libro quattro



    di
    Waughin Jarth



    Dalla penna del saggio della Terza Era del primo secolo Montocai:
    3E 109
    Dieci anni dopo essere stato incoronato imperatore di Tamriel, Antiochus Septim non aveva ancora impressionato i suoi sudditi, tranne forse per la sua spropositata brama di piaceri carnali. Dalla sua seconda moglie, Gysilla, nell'anno 104 ebbe una figlia cui diede il nome di Kintyra, come la sua pro-pro-pro-prozia, l'imperatrice. Esageratamente grasso e segnato da ogni malattia venerea nota ai Guaritori, Antiochus dedicò poco tempo alla politica. I suoi fratelli, in netto contrasto, eccellevano in questo campo. Magnus aveva sposato Hellena, la regina cyrodilica di Lilmoth, dato che il re-sacerdote Argoniano era già stato giustiziato e rappresentava gli interessi imperiali nella provincia di Black Marsh in modo mirabile. Cephorus e la sua consorte Bianki erano sovrani del regno di Gilane nella provincia di Hammerfell con una generosa progenie di figli. Ma nessuno si mostrò politicamente più attivo di Potema, la Regina Lupo del regno di Solitude nella provincia di Skyrim.

    Nove anni dopo la morte del suo consorte, il Re Mantiarco, Potema governava ancora come reggente al posto del suo giovane figlio, Uriel. La loro corte era diventata molto di moda, in particolare per i sovrani che avevano motivi di rancore nei confronti dell'imperatore. Tutti i sovrani di Skyrim visitavano regolarmente il Castello di Solitude e, nel corso degli anni, si unirono anche gli emissari dalle terre di Morrowind e High Rock. Alcuni ospiti arrivavano addirittura da più lontano.


    3E 110
    Potema sostava in piedi nell'area del porto e osservava la nave in arrivo da Pyandonea. Stagliandosi sul grigio, tra le onde che avevano ospitato numerosi vascelli di costruzione Tamrielica, appariva tutt'altro che esotica. Ricordava un insetto, con le sue vele membranose e il robusto scafo chitinoso, ma aveva già visto imbarcazioni simili, se non identiche, nella provincia di Morrowind. No, se non fosse stato per la bandiera vistosamente aliena, non l'avrebbe distinta dalle altre imbarcazioni nel porto. Mentre la nebbia salmastra si levava tutt'intorno, sollevò la mano in saluto ai visitatori provenienti da un lontano impero isolano.

    I passeggeri non erano solamente pallidi, ma addirittura privi di colorito, come se le loro carni fossero costituite di gelatina bianca e trasparente, ma l'avevano avvertita. All'arrivo del re e del suo interprete, Potema li fissò dritti negli occhi e porse la sua mano. Il re emise una serie di suoni incomprensibili.

    "Sua maestà, Re Orgnum", disse l'interprete titubante. "È deliziato dalla vostra bellezza. Desidera ringraziarvi per avergli offerto un riparo da questi perigliosi mari".

    "Vi esprimete bene in cyrodilico", disse Potema.

    "Parlo correntemente le lingue di quattro continenti", precisò l'interprete. "Posso parlare agli abitanti del mio stesso paese, Pyandonea, al pari di quelli di Atmora, di Akavir e di Tamriel. La vostra lingua è la più semplice, in verità. Attendevo con impazienza questo viaggio".

    "Vi prego, dite a sua Altezza che è il benvenuto nel mio regno e che può ritenermi a sua completa disposizione", replicò Potema, sorridendo. Poi aggiunse, "Capite cosa intendo? Desidero solo essere cortese?".

    "Naturalmente", disse l'interprete, poi rivolse al re alcune parole, alle quali il re reagì con un sorriso. Mentre discorrevano, Potema alzò lo sguardo verso la banchina e vide gli ormai familiari personaggi dal mantello grigio che la osservavano mentre discorrevano con Levlet, l'uomo di Antiochus. L'Ordine Psijic dall'Isola di Summerset. Un tedio.

    "Il mio emissario diplomatico, Lord Vhokken, vi mostrerà le vostre stanze", disse Potema. "Sfortunatamente, ho altri ospiti che richiedono la mia presenza. Spero che sua maestà comprenda".

    Sua maestà Re Orgnum comprese e Potema diede disposizioni per allestire un pranzo con i pyandoneani quella stessa sera. L'incontro con l'Ordine Psijic richiedeva tutta la sua attenzione. Indossò una semplice veste nero e oro e si recò nel salone delle cerimonie per predisporre il tutto. Suo figlio, Uriel, era sul trono e giocava con il suo joughat preferito.

    "Buon giorno, madre".

    "Buon giorno, caro", replicò Potema, sollevando in aria il figlio simulando uno sforzo. "Per Talos, sei pesantissimo. Non ho mai sollevato un bambino di dieci anni così pesante".

    "Probabilmente perché ne ho undici", disse Uriel, perfettamente cosciente dello stratagemma usato dalla madre. "E state per dire che, come undicenne, dovrei forse essere con il mio precettore".

    "Alla tua età lo studio mi appassionava", disse Potema.

    "Io sono un re", osservò Uriel stizzito.

    "Ricordati che non è abbastanza", disse Potema. "Per tuo diritto, dovresti già essere imperatore, lo capisci questo, vero?".

    Uriel assentì con il capo. Potema si concesse un momento per osservare con stupore la sua somiglianza con i ritratti di Tiber Septim. La stessa severa arcata sopraccigliare e il mento volitivo. Una volta cresciuto e persa la sua paffutezza infantile, sarebbe stato la copia perfetta del suo lontano antenato. Sentì una porta aprirsi dietro di lei e un maestro di cerimonie introdusse dei mantelli grigi. Si irrigidì appena, e Uriel, a un cenno, saltò giù dal trono e lasciò il salone delle cerimonie, fermandosi per salutare il più autorevole degli psijic.

    "Buongiorno, maestro Iachesis", disse, pronunciando ogni sillaba con un accento regale che riempì d'orgoglio il cuore di Potema. "Spero che la vostra sistemazione al Castello di Solitude sia di vostro gradimento".

    "Certamente, Re Uriel, vi ringrazio", rispose Iachesis, deliziato e incantato.

    Iachesis e i suoi psijic entrarono nella sala e la porta si richiuse dietro di loro. Potema sedette sul trono solo per un momento prima di scendere sul palco per salutare gli ospiti.

    "Sono spiacente di avervi fatto attendere", disse Potema. "Il pensiero che abbiate navigato per l'intera traversata dall'Isola di Summerset non mi permette di farvi aspettare oltre. Dovete perdonarmi".

    "Non è poi una navigazione così lunga", disse uno dei mantelli grigi, con tono iroso. "Non è come se fossimo venuti da Pyandonea".

    "Ah. Avete intravisto i miei recenti ospiti, Re Orgnum e il suo seguito", concluse Potema con disinvoltura. "Suppongo che sia una situazione insolita per voi, dal momento che tutti noi sappiamo che i pyandoneani intendono invadere Tamriel. Voi siete, presumo, neutrali in questa come in tutte le questioni politiche?".

    "Naturalmente", disse Iachesis con orgoglio. "Non abbiamo nulla da guadagnare né da perdere con l'invasione. L'Ordine Psijic esisteva prima dell'organizzazione di Tamriel sotto la dinastia Septim e prospererà ancora sotto qualsiasi regime politico".

    "Come una pulce sul primo bastardo che incontra, vero?", ribatté Potema, socchiudendo gli occhi. "Non sopravvalutate la vostra importanza, Iachesis. Il frutto del vostro ordine, la Gilda dei Maghi, è due volte più potente di voi e sono completamente dalla mia parte. Stiamo per concludere un accordo con Re Orgnum. Quando i pyandoneani assumeranno il potere e avrò il posto che mi spetta come imperatrice di questo continente, anche voi imparerete il vostro posto".

    Con passo maestoso, Potema uscì dalla sala, lasciando i mantelli grigi a guardarsi l'un l'altro.

    "Dobbiamo parlare con Lord Levlet", disse uno dei mantelli grigi.

    "Sì", concordò Iachesis. "Forse dovremmo".

    Levlet fu presto rinvenuto nel suo ritrovo abituale, alla locanda Luna e Nausea. All'arrivo dei tre mantelli grigi, guidati da Iachesis, il fumo e il baccano parvero affievolirsi. Persino l'odore del tabacco e del flin si dissolse nella loro scia. Levlet si alzò e li accompagnò in una piccola stanza al piano superiore.

    "Avete riconsiderato?", disse Levlet con un ampio sorriso.

    "Il vostro imperatore", disse Iachesis, poi si corresse, "Il nostro imperatore chiese a suo tempo il nostro appoggio in difesa della costa occidentale di Tamriel dalla flotta dei pyandoneani in cambio di dodici milioni di pezzi d'oro. Offrimmo i nostri servigi per cinquanta. Ma dopo aver riflettuto sui pericoli di un'eventuale invasione pyandoneana, abbiamo deciso di accettare la sua offerta originaria".

    "La Gilda dei Maghi ha generosamente...".

    "Forse per dieci milioni di pezzi d'oro", lo interruppe Iachesis.

    Durante il pranzo, Potema promise a Re Orgnum, tramite l'interprete, che avrebbe guidato un'insurrezione contro suo fratello. Era deliziata dal constatare che il suo talento nel mentire funzionava con molte culture differenti. Quella notte Potema divise il suo letto con Re Orgnum, poiché le sembrò un'azione cortese e diplomatica da compiere, e scoprì che era uno degli amanti migliori che avesse mai avuto. Prima di iniziare, le diede alcune erbe che la fecero sentire come se stesse fluttuando sulla superficie del tempo, consapevole solo delle gesta amorose dopo averle compiute. Si sentì come una nebbia rinfrescante che estingueva ripetutamente le fiamme del desiderio. Al mattino, quando la baciò sulla guancia dicendole con i suoi scialbi occhi bianchi che la stava lasciando, la donna avvertì una punta di rammarico.

    Quel mattino la nave lasciò il porto, in rotta verso le Isole di Summerset e le imminenti invasioni. Fece un cenno di saluto in direzione del mare quando avvertì dei passi alle sue spalle. Era Levlet.

    "Lo faranno per otto milioni, vostra altezza", disse.

    "Sia ringraziata Mara ", disse Potema. "Ho bisogno di più tempo per un'insurrezione. Pagateli con il mio oro, dopodiché recatevi nella Città Imperiale e procuratevi i dodici milioni da Antiochus. Questo gioco ci frutterà parecchio e voi, naturalmente, avrete la vostra parte".

    Tre mesi dopo, Potema seppe che la flotta dei pyandoneani era stata completamente distrutta da un terribile fortunale comparso improvvisamente al largo dell'Isola di Artaeum. La dimora storica dell'Ordine Psijic. Re Orgnum e la sua flotta erano stati totalmente annientati.

    " A volte farti odiare dalla gente", disse tenendo stretto il figlio Uriel, "è il modo per ricavare un profitto".
     
    Ultima modifica: 5 Maggio 2024
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  6. alaris

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    Piacerebbe anche a me...
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    Re Orgnum
    il forziere in LotD!
    Sono otto in totale i libri della Regina Lupo o sbaglio?
     
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  7. Varil

    Varil Galactic Guy

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    Eh, LotD è strapieno di oggetti di lore. Pensa che ci sono molti oggetti che erano presenti in Morrowind, ma uno magari non ci fa caso (come il Martello della Campana della Sesta Casata, l'Elmo di Adamantio di Tohan, le 36 lezioni di Vivec e tanto altro).

    Sembrerebbe di sì.
     
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  8. Varil

    Varil Galactic Guy

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    La Regina Lupo
    Libro cinque



    di
    Waughin Jarth


    Dalla penna di Inzolicus, saggio del secondo secolo e studente di Montocai:

    3E 119
    Per ventuno anni, l'Imperatore Antiochus Septim governò Tamriel, e si dimostrò un abile capo nonostante la sua dissolutezza morale. Ottenne la sua più grande vittoria nella Guerra dell'Isola nell'anno 110, quando la flotta imperiale e quella regale dell'Isola di Summerset, con l'ausilio dei poteri magici dell'Ordine Psijic, distrussero la flotta d'invasione pyandoneana. I suoi fratelli, Re Magnus di Lilmoth e Re Cephorus di Gilane, e sua sorella Potema, la Regina Lupo di Solitude, governarono abilmente e i rapporti fra l'Impero e i regni di Tamriel migliorarono notevolmente. Nondimeno, secoli di oblio non erano serviti a porre rimedio alle antiche cicatrici che ancora persistevano tra l'Impero e i sovrani di High Rock e Skyrim.

    Durante una delle rare visite di sua sorella e suo nipote Uriel, Antiochus, sofferente di numerose malattie durante il periodo del suo regno, cadde in coma. Per mesi, rimase sospeso fra la vita e la morte mentre il Consiglio degli anziani preparava l'ascesa al trono della figlia quindicenne, Kintyra.

    3E 120
    "Madre, non posso sposare Kintyra", disse Uriel, più compiaciuto che offeso per la proposta. "È mia cugina di primo grado. E oltretutto, credo che sia già impegnata con uno dei nobili del consiglio, Modellus".

    "Sei così scrupoloso... Vi sono un tempo e un luogo per la convenienza", disse Potema. "Ma a ogni modo hai ragione riguardo a Modellus e non dovremmo rischiare di offendere il Consiglio degli anziani in questo frangente critico. Cosa provi per la Principessa Rakma? Hai trascorso gran parte del tuo tempo in sua compagnia a Farrum".

    "È di mio gradimento", rispose Uriel. "Non ditemi che volete sentire i particolari più osceni".

    "Ti prego, risparmiami i tuoi studi anatomici", Potema storse la bocca. "Ma la sposeresti?".

    "Penso di sì".

    "Molto bene. Mi occuperò dei preparativi allora", Potema prese qualche appunto prima di proseguire. "Re Lleromo si è dimostrato un alleato difficile da conservare e un matrimonio politico manterrebbe Farrum dalla nostra parte. Nel caso ci servissero. Quando è previsto il funerale?".

    "Quale funerale?", domandò Uriel. "Intendete il funerale di zio Antiochus?".

    "Naturalmente", sospirò Potema. "Qualcun altro degno di nota è forse morto recentemente?".

    "C'era un gruppetto di bimbi Redguard che correva nei saloni, quindi immagino che Cephorus sia arrivato. Magnus è giunto a palazzo ieri, quindi sarà previsto per uno dei prossimi giorni".

    "Allora è giunto il momento di parlare al consiglio", disse Potema, sorridendo.

    Indossò vesti nere, non uno dei suoi consueti abiti sgargianti. Era importante avere l'aspetto della sorella addolorata. Guardandosi allo specchio, si rese conto che ormai dimostrava tutti i suoi cinquantatré anni. Ciocche argentee serpeggiavano fra i suoi capelli biondo rame. I lunghissimi, gelidi e secchi inverni delle regioni settentrionali di Skyrim avevano tessuto sul suo volto una rete di rughe sottile come una ragnatela. Nondimeno, era consapevole di poter conquistare i cuori altrui quando sorrideva, e di riuscire a incutere timore quando si accigliava. Ciò era sufficiente ai suoi scopi.

    Il discorso di Potema al Consiglio degli anziani potrebbe forse essere d'ispirazione agli studenti di oratoria.

    Iniziò la sua esposizione con parole di adulazione e umiltà: "Miei venerabili e sapienti amici, membri del Consiglio degli anziani, non sono che un'umile regina di una provincia e posso solo supporre di sollevare una questione che voi stessi avrete già sicuramente ponderato".

    Proseguì tessendo le lodi dell'ultimo imperatore, che fu un sovrano assai popolare nonostante i suoi difetti: "Fu un vero Septim e un grande guerriero, capace di sconfiggere, grazie al vostro sapiente consiglio, l'invincibile armata di Pyandonea".

    Ma assai poco tempo venne sprecato prima che giungesse alla questione che le stava a cuore: "L'Imperatrice Gysilla sfortunatamente non fece nulla per mitigare l'animo lussurioso di mio fratello. In verità, nessun'altra prostituta nei sobborghi della città ha provato più letti di lei. Se avesse adempiuto più fedelmente ai suoi doveri coniugali nella camera da letto imperiale, forse avremmo un vero erede al trono e non quegli ingenui, smidollati bastardi che si vantano di essere i figli dell'imperatore. È diffusa opinione del popolo che la ragazza di nome Kintyra sia figlia di Gysilla e del capitano delle guardie. Si potrebbe perfino pensare che sia la figlia di Gysilla e del ragazzo che pulisce le cisterne. Non lo sapremo mai con certezza. Non certo con la stessa sicurezza della discendenza di mio figlio, Uriel. Il maggiore erede legittimo della dinastia Septim. Miei signori, i principi dell'Impero non appoggeranno di certo un bastardo sul trono, questo ve lo assicuro".

    Concluse con toni più pacati, ma con un richiamo all'azione: "I posteri vi giudicheranno. Sapete cosa deve essere fatto".

    Quella sera, Potema s'intrattenne con i suoi fratelli e le rispettive consorti nella Sala della Mappa, la sua favorita fra le sale da pranzo imperiali. Le pareti erano cosparse di luminose, sebbene evanescenti, raffigurazioni dell'Impero e di tutte le terre esterne conosciute: Atmora, Yokuda, Akavir, Pyandonea, Thras. In alto, la grande cupola di cristallo del soffitto, bagnata dalla pioggia, mostrava immagini distorte delle stelle. Fulmini balenavano ogni minuto, proiettando strane ombre spettrali sulle pareti.

    "Quando parlerete al consiglio?", domandò Potema quando la cena fu servita.

    "Non so ancora se lo farò", rispose Magnus. "Non credo di avere nulla da dire".

    "Parlerò loro quando annunceranno l'incoronazione di Kintyra", disse Cephorus. "Soltanto come una formalità per mostrare il mio sostegno e quello di Hammerfell".

    "Puoi dire di parlare in nome di tutti i sovrani di Hammerfell?", chiese Potema con un sorriso beffardo. "Le Redguard devono amarti moltissimo".

    "Nella provincia di Hammerfell abbiamo relazioni particolari con l'Impero", disse la moglie di Cephorus, Bianki. "In seguito al trattato di Stros M'kai, è stato convenuto che, sebbene Hammerfell sia parte dell'Impero, non ne siamo sudditi".

    "Intuisco che avete già parlato al consiglio", osservò apertamente la moglie di Magnus, Hellena. Era diplomatica per sua natura, ma quale sovrana cyrodilica di un regno argoniano sapeva come riconoscere e affrontare le avversità.

    "Sì, l'ho fatto", rispose Potema soffermandosi ad assaporare un boccone di jalfbird brasato. "Ho presentato loro un breve discorso in merito all'incoronazione questo pomeriggio".

    "Nostra sorella è un'eccellente oratore", disse Cephorus.

    "Sei troppo gentile", replicò Potema ridendo. "Faccio molte cose meglio del parlare".

    "Del tipo?", chiese Bianki sorridendo.

    "Potrei chiederti di cosa hai parlato nel tuo discorso?", intervenne Magnus diffidente.

    Qualcuno bussò alla porta della sala. Il primo maggiordomo sussurrò qualcosa all'orecchio di Potema che sorrise in risposta e si alzò da tavola.

    "Ho detto al consiglio che avrei dato il mio pieno appoggio per l'incoronazione, purché procedano con saggezza. Cosa può esservi di minaccioso in questo?", disse Potema prendendo con sé il suo bicchiere di vino nel dirigersi verso la porta. "Perdonatemi, mia nipote Kintyra vuole conferire con me".

    Kintyra era in piedi nell'atrio con la guardia imperiale. Era solo una bambina, ma dopo un attimo di riflessione, Potema si rese conto che alla sua età si era già sposata da due anni con Mantiarco. Vi era una certa analogia, in verità. Potema poteva vedere Kintyra come una giovane regina, con occhi scuri e la carnagione liscia, candida e soda come il marmo. Un impulso d'ira balenò per un attimo negli occhi di Kintyra quando comparve sua zia, poi l'emozione lasciò il posto a un pacato portamento imperiale.

    "Regina Potema", disse con voce serena. "Sono stata informata che la mia incoronazione avrà luogo fra due giorni. La vostra presenza alla cerimonia non sarà gradita. Ho già dato ordine alla vostra servitù di preparare i vostri effetti personali e una scorta vi accompagnerà nel vostro regno questa notte. È tutto. Addio, zia".

    Potema fece per replicare, ma Kintyra e la sua guardia si voltarono e tornarono indietro lungo il corridoio verso il salone delle cerimonie. La Regina Lupo li osservò allontanarsi, poi rientrò nella Sala della Mappa.

    "Carissima cognata", disse Potema rivolgendosi a Bianki con profonda malevolenza. "Mi avete chiesto cosa faccio meglio del parlare? La risposta è: la guerra".
     
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  9. Varil

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    La Regina Lupo
    Libro sesto




    di
    Waughin Jarth

    Dalla penna di Inzolicus, saggio del secondo secolo:

    3E 120
    La quindicenne Imperatrice Kintyra Septim II, figlia di Antiochus, fu incoronata il terzo giorno del mese del Primo Seme. I suoi zii Magnus, re di Lilmoth, e Cephorus, re di Gilane, erano presenti all'evento, ma sua zia Potema, la Regina Lupo di Solitude, era stata allontanata da corte. Dopo aver fatto ritorno al suo regno, la Regina Potema iniziò a organizzare la ribellione che passò alla storia con il nome di Guerra del Diamante Rosso. I numerosi sovrani e nobili delusi con cui aveva stretto alleanze nel corso degli anni, si unirono a lei opponendosi alla nuova imperatrice.

    I primi attacchi contro l'Impero furono un vero successo. In tutta Skyrim e nelle terre settentrionali di High Rock, l'esercito imperiale si ritrovò sotto attacco. Potema e i suoi eserciti misero a ferro e fuoco Tamriel come una piaga infetta, fomentando sommosse e insurrezioni al loro passaggio. Nell'autunno di quell'anno, il fedele duca di Glenpoint della costa di High Rock, inviò una richiesta urgente di rinforzi all'esercito imperiale e Kintyra, per incitare la resistenza contro la Regina Lupo, guidò personalmente l'esercito.


    3E 121
    "Non abbiamo idea di dove siano", disse il duca palesemente in difficoltà. "Ho inviato pattuglie di esploratori nell'intera regione. Posso solo ipotizzare che si siano ritirati verso nord alla notizia dell'arrivo del vostro esercito".

    "Detesto confessarlo, ma speravo in una battaglia", disse Kintyra. "Vorrei infilzare la testa di mia zia sulla punta di una lancia ed esibirla in tutte le terre dell'Impero. Suo figlio Uriel e il suo esercito si trovano sul confine con la provincia imperiale e si fanno beffe di me. Come possono avere tanto successo? Sono semplicemente abili in battaglia o i miei sudditi mi odiano così tanto?".

    Dopo molti mesi trascorsi a lottare nel fango dell'autunno e dell'inverno, si sentiva stanca. Durante il valico dei Monti Coda di Drago, il suo esercito per poco non cadde in un'imboscata. Un'improvvisa tormenta presso la Baronia di Dwynnen, che solitamente gode di un clima mite, colse tutti di sorpresa e fu così violenta da sembrare scatenata da qualche mago alleato di Potema. Ovunque si volgesse, percepiva la presenza di sua zia. E ora, era stata privata dell'occasione di affrontare la Regina Lupo. Tutto ciò era intollerabile.

    "È terrore, puro e semplice", disse il duca. "Questa è la sua arma più potente".

    "Ho bisogno di farvi una domanda", confidando nella sua forza di volontà per non lasciar trasparire nella voce le paure di cui il duca aveva accennato. "Avete visto il suo esercito. È vero che ha invocato un'armata di guerrieri non-morti asserviti ai suoi ordini?".

    "No, in realtà, non lo è affatto, ma certamente alimenta tali voci. Il suo esercito attacca di notte, in parte per motivi strategici e in parte per fomentare simili paure. Per quanto mi è dato di sapere, non dispone di alcun aiuto soprannaturale, a eccezione degli ormai comuni maghi guerrieri e spadaccini della notte di cui ogni esercito moderno è dotato".

    "Sempre di notte", disse Kintyra con tono grave. "Immagino che il motivo sia quello di celare il loro effettivo numero".

    "E per muovere rapidamente le truppe in posizioni strategiche prima che noi ne veniamo a conoscenza", aggiunse il duca. "È straordinariamente abile negli attacchi a sorpresa. Se udite marciare verso est, potete essere certa che vi sarà addosso provenendo da sud. Ma ascoltate, discuteremo di questo domani mattina. Ho dato ordine di preparare le stanze migliori per voi e i vostri uomini".

    Kintyra, seduta negli appartamenti della torre al chiaro di luna e alla luce di una candela di sego, iniziò a scrivere una lettera al suo promesso sposo, Lord Modellus, che si trovava ancora nella Città Imperiale. Sperava di sposarsi in estate nel Palazzo Blu così caro a sua nonna Quintilla, ma la guerra avrebbe potuto impedirlo. Mentre scriveva, guardò fuori dalla finestra verso il cortile sottostante e gli alberi scheletriti e spettrali per la stagione invernale. Due delle sue guardie erano di vedetta tra i merli del maniero, separati da numerosi centimetri di distanza. Proprio come Modellus e Kintyra, pensò, immergendosi nella descrizione di quella metafora nella sua lettera.

    Qualcuno bussò alla porta interrompendo la sua ispirazione poetica.

    "Una lettera, vostra maestà, da parte di Lord Modellus", disse il giovane messo, porgendole il messaggio.

    Era un messaggio breve e lo lesse velocemente, prima ancora che il messo potesse ritirarsi. "Qualcosa non mi convince. Quando è stato scritto questo messaggio?".

    "Una settimana fa", riferì il messo. "Disse che era molto urgente e che dovevo portarvelo il più presto possibile, mentre il mio signore chiamava a raccolta l'esercito. Suppongo che abbiano già lasciato la città".

    Kintyra congedò il messo. Modellus diceva di aver ricevuto una sua lettera con la quale richiedeva immediatamente dei rinforzi per la battaglia di Glenpoint, ma non c'era alcuna battaglia a Glenpoint e lei era appena arrivata. Allora chi aveva scritto la lettera imitando la sua calligrafia e perché volevano che Modellus portasse un secondo esercito fuori dalla Città Imperiale fino a High Rock?

    Dalla finestra entrava un'aria gelida e Kintyra andò a chiudere le imposte. Le due guardie di vedetta erano sparite. Si sporse e udì un rumore sordo, come se qualcuno stesse lottando dietro gli alberi spogli e non si accorse che si era aperta la porta.

    Quando si voltò, vide la Regina Potema e Mentin, il duca di Glenpoint, nella stanza con un esercito di guardie.

    "Vi muovete furtivamente, zia", disse dopo un momento di pausa. Poi si rivolse al duca. "Cosa vi ha spinto a rinunciare alla vostra fedeltà nell'Impero? La paura?".

    "E l'oro", disse il duca con sincerità.

    "Cos'è successo al mio esercito?", chiese Kintyra fissando Potema negli occhi. "La battaglia è finita così presto?".

    "Tutti i vostri uomini sono morti", disse Potema con un sorriso. "Ma non vi è stata alcuna battaglia. Soltanto un deliberato assassinio silenzioso ed efficiente. Vi saranno battaglie in futuro, contro Modellus sui Monti Coda di Drago e contro ciò che resta dell'esercito imperiale in città. Riceverete periodiche notizie sull'andamento della guerra".

    "Dunque mi terrete qui come vostro ostaggio?", chiese Kintyra con tono distaccato e rendendosi conto improvvisamente della solidità delle pareti di pietra e dell'alto soffitto della sua stanza nella torre. "Dannazione, guardatemi! Sono la vostra imperatrice!".

    "Guardatela da questo punto di vista. Smetterete di essere una sovrana di seconda categoria per diventare una martire di prim'ordine", disse Potema strizzando l'occhio. "Ma non vi biasimerò se non vorrete ringraziarmi per questo".
     
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  10. Varil

    Varil Galactic Guy

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    La Regina Lupo
    Libro sette



    di
    Waughin Jarth


    Dalla penna di Inzolicus, saggio del secondo secolo:

    3E 125
    La data esatta dell'esecuzione dell'Imperatrice Kintyra Septim II nella torre del Castello di Glenpoint dà adito ad alcune congetture. Alcuni ritengono che sia stata giustiziata poco dopo la sua cattura nel 121° anno, mentre altri sostengono che probabilmente fu tenuta in vita come ostaggio fino a poco tempo prima della riconquista delle terre occidentali di High Rock nell'estate del 125° anno, da parte di suo zio Cephorus, re di Gilane. Nondimeno la certezza della morte di Kintyra radunò molti sovrani contro la Regina Lupo Potema e suo figlio, incoronato imperatore con il nome di Uriel Septim III quattro anni prima, dopo l'invasione della Città Imperiale scarsamente difesa.

    Cephorus impegnò il suo esercito in guerra nella provincia di High Rock, mentre suo fratello Magnus, re di Lilmoth, condusse le sue truppe argoniane attraverso le terre dei fedeli alleati di Morrowind fin nella provincia di Skyrim per combattere Potema nelle terre in cui era sovrana. Le truppe di rettili combatterono valorosamente durante i mesi estivi, ma nel corso dell'inverno arretrarono a sud per radunarsi e attaccare nuovamente non appena il clima si fosse riscaldato. In tale situazione di stallo, la guerra durò per altri due anni.

    Inoltre, nel 125° anno, la moglie di Magnus, Hellena, diede alla luce il loro primogenito, un fanciullo a cui venne dato il nome di Pelagius, come l'imperatore che fu padre di Magnus, Cephorus, del defunto Imperatore Antiochus e della terribile Regina Lupo di Solitude.


    3E 127
    Potema sedeva su morbidi cuscini di seta sul tiepido tappeto erboso di fronte alla sua tenda e osservava il sole levarsi al di sopra del bosco scuro sul lato opposto del prato. Era una mattina particolarmente carica di energia, tipica della stagione estiva nelle terre di Skyrim. Il sonoro cicaleccio degli insetti si diffondeva tutto intorno a lei e il cielo era un turbinio di migliaia di uccelli dai colori sgargianti, che volteggiavano vorticosamente dando forma a una miriade di figure. La natura era ignara della guerra in arrivo a Falconstar, ella pensò.

    "Vostra altezza, una missiva dall'esercito a Hammerfell", disse una delle sue serve, facendo entrare un corriere che respirava affannosamente, sporco per il fango e il sudore. Prova di una lunga e disperata cavalcata per innumerevoli miglia.

    "Mia regina", disse il corriere con lo sguardo rivolto al suolo. "Reco gravi notizie riguardo a vostro figlio, l'imperatore. Ha affrontato l'esercito di vostro fratello Re Cephorus, nella campagna di Ichidag in Hammerfell, e in quelle terre si sono scontrati in battaglia. Dovreste esserne fiera, poiché ha combattuto con grande valore, ma infine l'esercito imperiale ha subito una pesante sconfitta e vostro figlio, l'imperatore, è stato catturato. Re Cephorus lo sta trasportando a Gilane".

    Potema ascoltò le notizie, accigliandosi appena. "Quello sciocco maldestro", disse infine.

    Potema si alzò in piedi e vagò nell'accampamento, dove gli uomini si stavano armando per prepararsi alla battaglia. Da molto tempo ormai, i soldati avevano capito che la loro sovrana non amava le cerimonie e preferiva vederli al lavoro piuttosto che essere salutata con formalità. Lord Vhokken si trovava dinanzi a lei, già impegnato in una discussione con il comandante dei maghi guerrieri, per concordare le ultime strategie di battaglia.

    "Mia regina", disse il corriere, che l'aveva seguita. "Cosa pensate di fare adesso?".

    "Ho intenzione di vincere questa battaglia contro Magnus, nonostante la superiorità della sua posizione presso le rovine del Castello di Kogmenthist", rispose Potema. "In seguito, non appena saprò cosa Cephorus intende fare con l'imperatore, reagirò di conseguenza. Se vi sarà da pagare un riscatto, lo pagherò. Se verrà richiesto uno scambio di prigionieri, così sarà. Adesso, vi prego, provvedete a lavarvi e a riposare e lasciate perdere la guerra".

    "Non è uno scenario ideale", osservò Lord Vhokken quando Potema entrò nella tenda del comandante. "Se attacchiamo il castello da occidente, ci troveremo esposti al fuoco dei loro maghi e arcieri. Se giungiamo da oriente, dovremo passare attraverso le paludi, e gli argoniani se la cavano meglio di noi in quel tipo di terreno. Estremamente meglio".

    "Cosa abbiamo a nord e a sud? Soltanto colline, esatto?".

    "Colline molto scoscese, vostra altezza", disse il comandante. "Potremmo posizionare in quel punto gli arcieri, ma saremmo troppo vulnerabili se schierassimo il grosso delle nostre forze".

    "Così rimane la palude", disse Potema. Poi aggiunse pragmaticamente: "A meno che non ci ritiriamo e aspettiamo che siano loro a uscire allo scoperto prima del combattimento".

    "Se aspettiamo ancora, l'esercito di Cephorus giungerà da High Rock e resteremo intrappolati fra le due compagini", disse Lord Vhokken. "Non è certo una situazione desiderabile".

    "Parlerò alle truppe", disse il comandante. "Farò in modo di prepararle per l'attacco dalla palude".

    "No", disse Potema. "Parlerò loro io stessa".

    In pieno assetto da combattimento, i soldati si raccolsero al centro dell'accampamento. Costituivano un'eterogenea moltitudine di uomini e di donne, cyrodilici, nord, bretoni e dunmer, giovani reclute e anziani veterani, figli e figlie di nobili, bottegai, schiavi, sacerdoti, prostitute, agricoltori, studiosi e mercenari. Tutti raccolti sotto l'insegna del diamante rosso, il simbolo della famiglia imperiale di Tamriel.

    "Figli miei", esordì Potema, con voce squillante nella calma foschia del mattino. "Abbiamo combattuto insieme innumerevoli battaglie, sulle vette delle più alte montagne e sulle spiagge più remote, attraverso foreste e deserti. Ho assistito a grandi atti di valore da parte di ognuno di voi e la cosa mi riempie di orgoglio. Ho anche assistito a combattimenti sleali, pugnalate alle spalle, crudeli e arbitrari atti di barbarie, e anche di ciò sono compiaciuta. Perché voi tutti siete dei guerrieri".

    Caricando di fervore il suo discorso, Potema avanzò lungo le file dei soldati, guardando ciascuno di loro negli occhi. "La guerra è nel vostro sangue, nella vostra mente, nei vostri muscoli, in qualsiasi cosa pensiate o facciate. Quando questa guerra avrà fine, quando avremo sgominato le forze che cercano di sottrarre il trono al vero imperatore, Uriel Septim III, forse cesserete di essere guerrieri. Forse tornerete alla vita che conducevate prima, alle vostre fattorie e alle vostre città, e mostrerete con orgoglio le vostre cicatrici e racconterete le vostre imprese gloriose ai vostri vicini stupefatti. Ma in questo giorno, siatene certi, voi siete dei guerrieri. Voi siete la guerra stessa".

    Capì che le sue parole stavano avendo successo. Tutto intorno a lei, occhi iniettati di sangue si stavano focalizzando sul massacro ormai prossimo, le braccia si irrigidivano intorno alle armi. Proseguì gridando ad alta voce: "E voi avanzerete attraverso le paludi, come una forza inarrestabile proveniente dalla regione più oscura dell'Oblivion, e strapperete le scaglie dai rettili al Castello di Kogmenthist. Siete guerrieri e combattere non basta. Dovete vincere. Voi dovete vincere!".

    I soldati tuonarono in risposta, terrorizzando gli uccelli sugli alberi tutto intorno all'accampamento.

    Da una posizione favorevole sulle colline verso sud, Potema e Lord Vhokken godettero di un'eccellente visuale sulla battaglia in corso. Le due compagini sembravano due sciami d'insetti di colori opposti che si agitavano avanti e indietro su un mucchio di sporcizia rappresentato dalle rovine del castello. Di tanto in tanto, una vampata di fuoco o una nuvola di acido da parte di uno dei maghi guizzava sopra la battaglia attirando la loro attenzione, ma per numerose ore il combattimento fu soltanto caos.

    "Un cavaliere in avvicinamento", disse Lord Vhokken rompendo il silenzio.

    La giovane donna Redguard indossava il cimiero di Gilane, ma recava con sé una bandiera bianca. Potema le consentì di avvicinarsi. Come il corriere di quella mattina, anche la donna era esausta per il viaggio.

    "Vostra altezza", disse senza fiato. "Sono stata inviata da vostro fratello, il mio signore Re Cephorus, per recarvi infauste notizie. Vostro figlio Uriel è stato catturato a Ichidag sul campo di battaglia e quindi condotto a Gilane".

    "Ne ero al corrente", disse Potema sprezzante. "Ho i miei corrieri. Potete dire al vostro signore che dopo aver vinto questa battaglia, pagherò qualsiasi riscatto o proposta di scambio".

    "Vostra altezza, una folla infuriata ha assaltato la carrozza su cui viaggiava vostro figlio prima che raggiungesse Gilane", la donna aggiunse velocemente. "Vostro figlio è morto. È stato bruciato vivo dentro la sua carrozza. È morto".

    Potema distolse lo sguardo dalla giovane donna e lo abbassò verso la battaglia. I suoi soldati erano in procinto di vincere. L'esercito di Magnus si stava ritirando.

    "Un'altra notizia, vostra altezza", disse la donna. "Re Cephorus verrà proclamato imperatore".

    Potema non volse lo sguardo verso la donna. La sua armata stava celebrando la vittoria.
     
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  11. alaris

    alaris Supporter

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    E adesso...l'ottavo capitolo! Grande Varil!
     
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  12. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    eh! Lady macb....pardon: Potema è uno dei personaggi più giganteschi di quel lore...meriterebbe un gioco dedicato...(e non quello spreco che ne hanno fatto in skyrim :emoji_rage:)
     
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  13. Varil

    Varil Galactic Guy

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    E perchè, Barenziah? Pelagius il Pazzo? Decumus Scotti? Tiber Septim? Ysgramor? Wulfharth? Vivec? Alessia?
     
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  14. Varil

    Varil Galactic Guy

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    La Regina Lupo
    Libro ottavo




    di
    Waughin Jarth



    Dalla penna di Inzolicus, saggio del secondo secolo:

    3E 127
    Dopo la battaglia di Ichidag, l'Imperatore Uriel Septim III fu catturato e prima che potesse essere portato nel castello di suo zio nel regno di Hammerfell di Gilane, trovò la morte per mano di una folla inferocita. Questo zio, Cephorus, fu quindi proclamato imperatore e si recò alla Città Imperiale. Le truppe prima fedeli all'Imperatore Uriel e a sua madre, la Regina Lupo Potema, passarono con il nuovo imperatore. Come ricompensa, la nobiltà di Skyrim, Rupe Alta, Hammerfell, dell'Isola di Summerset, Valenwood, Palude Nera e Morrowind chiese e ottenne una maggiore indipendenza e autonomia dall'Impero. La Guerra del Diamante Rosso era finita.

    Potema continuò una battaglia ormai persa, la sua area di influenza continuava a diminuire fino a quando le rimase solo il regno di Solitude. Evocò alcuni daedra perché combattessero per lei, fece resuscitare i suoi nemici caduti come guerrieri non morti e attaccò i fratelli, l'Imperatore Cephorus Septim I e Re Magnus di Lilmoth. Man mano che la sua pazzia aumentava, gli alleati cominciarono ad abbandonarla e i suoi unici compagni erano gli zombie e gli scheletri che lei stessa aveva riunito negli anni. Il regno di Solitude divenne una terra di morte. Racconti di un'antica Regina Lupo servita da scheletri in putrefazione che faceva piani di guerra con generali vampireschi spaventavano i suoi sudditi.


    3E 137
    Magnus aprì la piccola finestra della sua stanza. Per la prima volta dopo settimane, udì i suoni della città: il cigolio dei carri, gli zoccoli dei cavalli sul selciato, il riso lontano di un bambino. Tornò verso il letto sorridendo, per lavarsi il viso e per finire di vestirsi. Qualcuno bussò alla porta in modo da farsi riconoscere.

    "Entra, Pel", disse.

    Pelagius irruppe nella stanza. Si notava che era stato sveglio per ore. Magnus si meravigliò di tanta energia e si chiese quanto più a lungo sarebbero durate le battaglie se fossero state condotte da dodicenni.

    "Hai già visto fuori?", chiese Pelagius. "Tutta la gente della città è tornata! Ci sono negozi e una Gilda dei Maghi, poi, giù al porto ho visto radunarsi botteghe ambulanti provenienti da tutta la zona!".

    "Non hanno più paura. Abbiamo dato una lezione a tutti gli zombie e i fantasmi del circondario, quindi sanno che se tornano sono al sicuro".

    "Zio Cephorus quando morirà si trasformerà in uno zombie?", chiese Pelagius.

    "Gli auguro di no", rise Magnus. "Perché me lo chiedi?".

    "Alcune persone dicono che è vecchio e malato", rispose Pelagius.

    "Non è molto vecchio, in realtà", disse Magnus. "Ha sessant'anni. Solo due più di me".

    "E quanti anni ha la zia Potema?", proseguì Pelagius.

    "Settanta", disse Magnus. "Lei sì che è vecchia. Per ora fermiamoci qui con le domande. Devo incontrare il comandante; ne possiamo riparlare a cena. Riuscirai a trovare qualcosa da fare senza finire nei guai?".

    "Sissignore", rispose Pelagius. Capì che suo padre doveva continuare l'assedio al castello di zia Potema. Dopo averlo espugnato e messo in prigione Potema, si sarebbero trasferiti dalla locanda al castello. Pelagius non vedeva l'ora. In tutta la città aleggiava un odore di morte, dolciastro e strano, ma lui, senza un bavaglio per proteggersi dal fetore, non riusciva ad avvicinarsi neanche al fossato del castello. Avrebbero potuto spargere un milione di fiori e non sarebbe cambiato nulla.

    Camminò per la città per ore comprando del cibo e dei nastri per sua sorella e sua madre a Lilmoth. Pensò a chi altri avrebbe potuto fare un regalo e rimase interdetto. Tutti i suoi cugini, i figli di zio Cephorus, zio Antiochus e zia Potema erano morti durante la guerra, alcuni in battaglia e altri per le carestie dovute agli incendi nei campi. Zia Bianki era morta l'anno precedente. Erano rimasti in vita solo lui, sua madre, sua sorella, suo padre e suo zio l'imperatore. E zia Potema. Ma lei in realtà non contava.

    Quando quella mattina arrivò alla Gilda dei Maghi, decise di non entrarci. Quei posti lo spaventavano sempre, con quel fumo strano, quei cristalli e quei libri vecchi. Questa volta, invece, a Pelagius capitò di comprare un regalo per zio Cephorus. Un souvenir della Gilda dei Maghi di Solitude.

    Una signora anziana non riusciva ad aprire la porta, così Pelagius lo fece per lei.

    "Grazie", disse la donna.

    Era probabilmente la creatura più vecchia che avesse mai visto. Il suo volto era come una mela marcia incorniciata da un turbine disordinato di capelli bianchi. Istintivamente si spostò quando lei cercò di fargli una carezza sulla testa con il suo artiglio rugoso. Ma portava al collo una gemma che lo affascinò subito. Era un gioiello singolo, di un giallo luminoso che sembrava intrappolare qualcosa. Quando la luce delle candele lo illuminò, rivelò la forma di un animale a quattro zampe che camminava.

    "È una gemma dell'anima", disse. "Infusa con lo spirito di un grande lupo mannaro demoniaco. Molti, molti anni or sono le fu donato il potere di ammaliare le persone ma sto pensando di cambiare incantesimo. Forse qualcosa della Scuola dell'Alterazione come serratura o scudo". Fece una pausa e osservò attentamente il ragazzo con il suo sguardo acquoso e ingiallito. "Hai un aspetto familiare, ragazzo. Come ti chiami?".

    "Pelagius", rispose. Normalmente avrebbe risposto "Principe Pelagius" ma gli era stato detto di non attirare l'attenzione in città.

    "Conoscevo una persona che si chiamava Pelagius", disse la vecchia e sorrise lentamente. "Sei qui da solo, Pelagius?".

    "Mio padre è... con l'esercito, ad attaccare il castello. Ma tornerà non appena le mura saranno state espugnate".

    "Spero non manchi molto", sospirò la vecchia. "Niente dura, neanche le costruzioni più solide. Stai comprando qualcosa alla Gilda dei Maghi?".

    "Volevo comprare un regalo per mio zio", disse Pelagius. "Ma non so se ho abbastanza denaro".

    La vecchia lasciò che il ragazzo guardasse negli scaffali mentre lei andò dall'incantatore della gilda. Era un giovane nord, ambizioso e nuovo nel regno di Solitude. Bastarono una piccola opera di convincimento e molto denaro per fargli rimuovere l'incantesimo della persuasione dalla gemma dell'anima e instillare un incantesimo potente, un veleno lento che avrebbe tolto il senno a chi lo indossava, anno dopo anno fino a perdere completamente la ragione. Acquistò anche un anello di resistenza al fuoco molto economico.

    "Per essere stato così gentile con una signora anziana", disse dando al ragazzo la collana e l'anello. "Regala questo anello a tuo zio e digli che racchiude un incantesimo per la levitazione; se dovesse cadere nel vuoto, questo lo proteggerà. La gemma dell'anima, invece, è per te".

    "Grazie", disse il ragazzo. "Ma sei troppo gentile".

    "La gentilezza non c'entra nulla", rispose la donna e aveva ragione. "Vedi, sono stata nella sala degli archivi del palazzo imperale una o due volte e ho letto di te nelle profezie delle Antiche pergamene. Un giorno sarai imperatore, ragazzo, l'Imperatore Pelagius Septim III e, guidato da questa gemma dell'anima, i posteri ricorderanno le tue gesta per sempre".

    Con queste parole, la vecchia sparì in una via dietro la Gilda dei Maghi. Pelagius la seguì con lo sguardo ma non pensò di guardare dietro a un mucchio di pietre. Se l'avesse fatto, avrebbe scoperto una galleria che passava sotto la città fino al cuore del castello di Solitude. E se vi fosse arrivato, avrebbe trovato, dopo non-morti barcollanti e le rovine ammuffite di un castello un tempo grandioso, la camera da letto della regina.

    In quella stanza avrebbe trovato la Regina Lupo tutta composta ad ascoltare i suoni emessi dal suo castello che crollava. Avrebbe anche visto un ghigno sdentato salirle alle labbra nel suo ultimo respiro.

    Dalla penna di Inzolicus, saggio del secondo secolo:

    3E 137
    Potema Septim morì dopo un anno di assedio al suo castello. In vita fu la Regina Lupo di Solitude, sorella dell'Imperatore Pelagius II, moglie del Re Mantiarco, zia dell'Imperatrice Kintyra II, madre dell'Imperatore Uriel III e sorella degli Imperatori Antiochus e Cephorus. Alla sua morte, Magnus nominò suo figlio Pelagius capo nominale dello stato di Solitude sotto la tutela del consiglio reale.

    3E 140
    L'Imperatore Cephorus Septim morì in seguito a una caduta da cavallo. Suo fratello fu proclamato imperatore con il nome di Magnus Septim.

    3E 141
    Pelagius, re di Solitude, viene descritto come "occasionalmente eccentrico" negli annali imperiali. Sposa Katarish, duchessa di Vvardenfell.

    3E 145
    L'Imperatore Magnus Septim muore. Viene incoronato suo figlio, noto come Pelagius il Pazzo.
     
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  15. alaris

    alaris Supporter

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    Che lore pazzesca quella dei Tes...
     
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  16. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    e Sheogorath?
    Se tu ti decidessi a fare Shivering Isles, potresti finalmente capire le ragioni per cui io sono fanaticamente convinto che Peterson è il migliore scrittore dei TES in assoluto
    Sia per quanto riguarda la trama (filosoficamente spiazzante e con la miglior rappresentazione della schizofrenia che io abbia mai visto) che per i dialoghi del Principe della follia che sono certamente tra quelli scritti meglio nella storia dei vg
    datti una mossa! :emoji_rage:
     
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  17. Varil

    Varil Galactic Guy

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    Shivering Isles ce l'ho nella mia lista di cose da fare prima di morire xD
     
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  18. Varil

    Varil Galactic Guy

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    Per fare contento effe :p


    Miti di Sheogorath

    di
    Mymophonus


    Sheogorath inventa la musica

    Tanto tempo fa, in un'era in cui il mondo era ancora primitivo, Sheogorath decise di andare tra i mortali. Indossò la maschera del Gentiluomo con Bastone e viaggiò da un luogo all'altro senza essere riconosciuto. Dopo undici giorni e undici notti, Sheogorath decise che la vita tra i mortali era ancora più noiosa della vita ultraterrena.

    "Cosa posso fare per rendere la loro vita più interessante?", si chiese. Nello stesso istante, una giovane donna nei pressi disse tra sé e sé, sospirando: "Il canto degli uccelli è così piacevole".

    Sheogorath in cuor suo si trovò d'accordo con lei. I mortali non erano in grado di riprodurre quei suoni meravigliosi e appassionati. Le loro voci erano sgradevoli e volgari. Non poteva cambiare la natura dei mortali, compito che spettava ad altri principi daedrici, ma poteva dare loro degli strumenti che riproducessero quei suoni melodiosi.

    Sheogorath catturò quella donna petulante e la fece a pezzi. Dai suoi tendini ricavò dei liuti. Con il teschio e le ossa delle braccia costruì un tamburo. Con le altre ossa fece dei flauti. Offrì questi doni ai mortali e così creò la musica.


    Sheogorath e il Re Lyandir

    Re Lyandir era noto per la sua estrema razionalità. Viveva in un piccolo palazzo, dalla struttura molto semplice, spoglio e brutto a vedersi. "Non ho bisogno di nient'altro", soleva dire. "Perché spendere oro in oggetti di lusso quando posso investirlo per il mio esercito o per le grandi opere pubbliche?".

    Il suo regno prosperò grazie alla sua saggia amministrazione. Tuttavia, il popolo non condivideva sempre lo spirito pratico del re. Costruivano case belle a vedersi, ma non necessariamente efficienti. Dedicavano tempo e fatica alle opere d'arte. Celebravano i grandi eventi con feste sontuose. Tutto sommato erano felici.

    Re Lyandir era deluso dal fatto che molti sudditi non seguissero il suo esempio di frugalità conducendo una vita semplice e vi rifletté sopra per molti anni. Infine, decise che i suoi sudditi semplicemente non capivano quante cose in più avrebbero potuto fare se non avessero sprecato il loro tempo in frivole attività. Forse, pensava, avevano solo bisogno di qualche esempio in più.

    Decretò allora che tutti i nuovi edifici fossero semplici, spogli e non più grandi di quanto non fosse necessario alla loro funzione. Il popolo non accolse con favore il decreto, ma amava il suo re e rispettò la nuova legge. In pochi anni, gli edifici semplici divennero più numerosi di quelli ricercati. I cittadini utilizzavano il denaro risparmiato per acquistare opere d'arte ancora più costose e celebrare eventi ancora più fastosi.

    Re Lyandir decise di dare loro ancora una volta un severo esempio di come sarebbe stato più proficuo utilizzare il loro tempo e le loro risorse per scopi più pratici. Proibì tutte le opere d'arte in città. I sudditi furono colti di sorpresa da questa decisione, ma sapevano che il re stava facendo ciò che riteneva giusto per loro. Tuttavia, non si può cambiare la natura umana così facilmente. Pochi anni più tardi, in città si vedevano solo edifici semplici e spogli, privi di qualsiasi ornamento artistico, ma la gente ora aveva ancora più soldi e tempo da dedicare alle feste.

    A malincuore, Re Lyandir decise che i suoi sudditi andavano trattati come dei bambini. E come tutti i bambini, avevano bisogno di regole e disciplina da parte di figure o autorità più grandi di loro, perché capissero cos'era veramente importante nella vita. Decretò che non ci fosse più alcun festeggiamento in città. Furono proibiti i canti, i balli e tutti i tipi di musica. Anche i pasti furono limitati ad acqua e cibi semplici.

    La gente si stancò. Ribellarsi sarebbe stata una sciocchezza, dal momento che Re Lyandir aveva a sua disposizione un esercito organizzato e ben armato. Le folle si riversarono nei santuari e nei templi, pregando tutti gli dei e anche alcuni principi daedrici affinché il sovrano revocasse queste nuove leggi così severe.

    Sheogorath ascoltò le loro suppliche e decise di fare visita al re. Apparve in sogno a Lyandir come un prato pieno di fiori, ciascuno dei quali aveva mani al posto dei petali e il viso del Folle Dio al centro. "Sono il Signore dei Creativi e dei Pazzi. Dal momento che non fai uso della creatività che ho ti donato, ho deciso di elargirti in abbondanza l'altro mio regalo".

    Da quel giorno, in città nacquero solo bambini in preda alla follia. Poiché nei piccoli le malattie mentali non si manifestano immediatamente, fu solo molti anni più tardi che ci si rese conto della situazione. Anche il figlio del re era tra le vittime e soffriva di colpi apoplettici e allucinazioni. Ciò nonostante, Re Lyandir si rifiutò di cambiare le leggi.

    Un giorno il figlio, Glint, all'età di 12 anni, pugnalò il padre mentre dormiva. Con l'ultimo respiro di vita, Re Lyandir chiese: "Perché?". E il figlio rispose: "Era la cosa più pratica che potessi fare".

    Il nuovo giovane re fece massacrare tutti i servitori del palazzo. Ordinò che si celebrasse un grande sagra per festeggiare il suo regno e l'abolizione delle leggi di Lyandir. Fu servito uno stufato preparato con i cadaveri dei servi. Ordinò che le mura rivolte a est di tutti gli edifici fossero dipinte di rosso, mentre quelle rivolte a ovest a strisce. Decise che tutti i cittadini indossassero maschere decorate sul retro del capo. Poi bruciò il palazzo e ne fece costruire un nuovo.

    Nel nuovo palazzo, il giovane re ordinò che le sue stanze non avessero porte, per timore che le piccole creature del bosco lo potessero attaccare. Abolì le finestre perché temeva che il sole e la luna fossero invidiosi e tramassero alle sue spalle per ucciderlo.

    E così ebbe fine la disciplina di Re Lyandir. I cittadini tornarono alle loro splendide opere d'arte e alle grandi celebrazioni. Parlavano e agivano come se il re fosse ancora vivo. Mantennero addirittura in piedi il suo palazzo, che utilizzarono come luogo di ricovero per i bambini folli. Sheogorath fu molto soddisfatto di questo risultato. Da quel giorno la città fu popolata da un numero straordinario di artisti ricchi di talento e cittadini folli.


    La prova di volontà

    Un grande mago di nome Ravate un giorno si mise in cammino per i Venti del Tempo alla ricerca di Lord Sheogorath. Intendeva ottenere un favore da quello che era ritenuto il più capriccioso dei principi daedrici. Una volta trovato, Ravate gli si rivolse umilmente: "Lord Sheogorath, ti supplico di concedermi un favore. Vorrei far ammattire mille uomini in nome tuo, in cambio dei tuoi più grandi poteri magici".

    Per fortuna di Ravate, Sheogorath era di umore gioviale. Propose un gioco: "Esaudirò questo tuo desiderio se ti manterrai sano di mente per tre giorni. Durante questo tempo, io farò tutto il possibile per farti ammattire. Ci divertiremo un sacco".

    Ravate non era sicuro di voler partecipare al gioco. Aveva davvero atteso con ansia l'occasione per fare impazzire mille uomini. "Lord Sheogorath, mi pento di averti disturbato con la mia richiesta sciocca ed egoista. Rettifico il mio infelice desiderio e umilmente mi ritiro".

    Sheogorath rise di gusto. "Troppo tardi, grande Ravate. Il gioco è già cominciato e non puoi tirarti indietro". Ravate fuggì, ma si accorse ben presto che tutte le uscite dal regno daedrico erano chiuse. Vagò senza meta, guardandosi costantemente alle spalle, sussultando a ogni rumore. Ogni momento gli portava un nuovo terrore, nell'attesa che Sheogorath cominciasse.

    Dopo tre giorni, Ravate era convinto che ogni pianta e ogni animale fossero uno strumento di Sheogorath. Non aveva mangiato né bevuto per paura che Sheogorath gli avvelenasse il cibo o le bevande. Non aveva dormito per timore che Sheogorath gli facesse visita in sogno. Scioccamente, dato che i sogni sono di competenza di Vaermina: che possa concederci un sonno ristoratore.

    Fu allora che Sheogorath apparve. Ravate gridò: "Hai ordinato al mondo intero di tenermi d'occhio! Tutte le creature e le piante stanno mettendo in pratica il tuo proposito di farmi impazzire!".

    Sheogorath rispose: "A dire il vero, io non ho fatto niente. Sei impazzito da solo a causa delle tue paure. Le tue allucinazioni dimostrano che sei impazzito veramente, quindi ho vinto io. Mentre tu volevi fare impazzire mille persone, a me interessava la mente di un solo uomo: tu".

    Da quel giorno, Ravate fu condannato a ubbidire a ogni capriccio di Sheogorath. Se un viaggiatore ardito cerca di avvicinare il daedra, Ravate lo ammonisce: "Sheogorath è già dentro ognuno di noi. Hai già perso".
     
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  19. Varil

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    La pazzia di Pelagius


    di
    Tsathenes


    L'uomo che fu imperatore di tutta Tamriel nacque con il nome di Thoriz Pelagius Septim, un principe della reale famiglia di Wayrest, nel 3E 119 alla fine del glorioso regno di suo zio, Antiochus I. Alla famiglia di Wayrest erano stati accordati molti privilegi durante gli anni precedenti la nascita di Pelagius, poiché Re Magnus era il fratello favorito di Antiochus.

    È difficile dire quando la pazzia di Pelagius si manifestò per la prima volta, poiché, in verità, i primi dieci anni della sua vita furono segnati da gran dissennatezza nel regno stesso. Quando Pelagius aveva appena compiuto un anno, Antiochus morì e una figlia, Kintyra, salì al trono con l'acclamazione di tutti. Kintyra II, cugina di Pelagius, era una mistica capace e una maga. Se avesse avuto strumenti sufficienti per scrutare nel futuro, avrebbe di certo abbandonato il palazzo.

    La storia della Guerra del Diamante Rosso è stata raccontata in molti altri libri dotti, ma come ne conviene la maggior parte degli storici, il regno di Kintyra II venne usurpato dal cugino suo e di Pelagius, Uriel, grazie al potere della madre di quest'ultimo, Potema, chiamata anche la Regina Lupo di Solitude. L'anno dopo la sua incoronazione, Kintyra fu catturata a Glenpoint e imprigionata nelle segrete imperiali.

    Tutta Tamriel insorse non appena il Principe Uriel s'impadronì del trono con il nome di Uriel III e High Rock, a causa della presenza sulle sue terre dell'imperatrice imprigionata, fu teatro di alcune fra le più sanguinose battaglie. Il padre di Pelagius, Re Magnus, strinse alleanza con suo fratello Cephorus contro l'imperatore usurpatore e l'ira di Uriel III e della regina Potema si abbatté su Wayrest. Pelagius, i suoi fratelli, sorelle e la madre Utheilla fuggirono sull'Isola di Balfiera. Utheilla era della stirpe Direnni e la dimora di famiglia è ancor oggi situata su quell'antica isola.

    La sorte ha voluto che ci fossero molti resoconti scritti sulla fanciullezza che Pelagius trascorse a Balfiera, annotati da balie e da ospiti. Chiunque lo conobbe lo ha descritto come un ragazzo gentile e di bell'aspetto, appassionato di sport, magia e musica. Ostentando la mancanza di schiettezza tipica di un diplomatico, Pelagius appariva, se non altro, una benedizione per il futuro della dinastia Septim.

    Quando Pelagius ebbe compiuto otto anni, Cephorus uccise Uriel III nella Battaglia di Ichidag e si proclamò Imperatore Cephorus I. Nei successivi dieci anni del suo regno, Cephorus continuò a combattere contro Potema. La prima battaglia di Pelagius fu l'Assedio di Solitude, che finì con la morte di Potema e con la conclusione definitiva delle ostilità. In segno di riconoscenza, Cephorus pose Pelagius sul trono di Solitude.

    Una volta sovrano di Solitude, il comportamento stravagante di Pelagius cominciò a rendersi manifesto. Poiché era nipote prediletto dall'imperatore, pochi diplomatici a Solitude osarono biasimarlo. Durante i primi due anni del suo regno, Pelagius fu notato, a dir poco, per le sue allarmanti variazioni di peso. Quattro mesi dopo essere salito al trono, un diplomatico da Ebonheart definì Pelagius "un uomo vigoroso e in buona salute con un cuore così grande da dilatargli il corpetto"; cinque mesi più tardi, la principessa di Firsthold recatasi in visita scrisse a suo fratello "il re mi ha stretto la mano e mi è sembrato uno scheletro. Pelagius è sicuramente molto emaciato".

    Cephorus non prese mai moglie e morì senza figli tre anni dopo l'Assedio di Solitude. Essendo l'ultimo fratello rimasto in vita, Magnus, padre di Pelagius, lasciò il trono di Wayrest e stabilì la sua dimora nella Città Imperiale con il titolo di Imperatore Magnus I. Magnus era anziano e Pelagius era il figlio maggiore ancora in vita, così l'attenzione di Tamriel si concentrò su Sentinel. A quel tempo, le stravaganze di Pelagius erano divenute alquanto infamanti.

    Esistono molte leggende sul suo operato come sovrano di Sentinel, ma ci sono pochi casi ben documentati. È risaputo che Pelagius chiuse a chiave con sé nella sua stanza i giovani principi e principesse di Silvenar, liberandoli soltanto quando una Dichiarazione di Guerra non firmata fu fatta scivolare sotto la porta. Quando lacerò i suoi indumenti mentre teneva un discorso durante una sagra locale, i suoi consiglieri, a quanto pare, decisero di vigilare su di lui con maggiore scrupolo. Per ordine di Magnus, Pelagius sposò la bellissima erede di un'antica e nobile famiglia di elfi scuri, Katariah Ra'athim.

    I sovrani nordici che sposano elfi scuri raramente migliorano la loro fama. Due sono i motivi per quell'unione, suggeriti dalla maggior parte degli studiosi. Magnus stava tentando di consolidare i rapporti con Ebonheart, dove il clan Ra'athim lo acclamava. Il regno di Mournhold, vicino a Ebonheart, era stato uno storico alleato dell'Impero sin dal principio e il regale consorte della Regina Barenziah era uscito vittorioso in molte battaglie nel corso della Guerra del Diamante Rosso. Ebonheart era sospettata di aver favorito in segreto Uriel III e Potema.

    L'altro possibile motivo per quel matrimonio era più personale: Katariah aveva un'abilità diplomatica pari alla sua bellezza. Se mai vi fosse stata una creatura capace di oscurare la pazzia di Pelagius, quella era lei.

    L'8° giorno del Secondo Seme del 3E 145, Magnus I morì tranquillamente durante il sonno. Jolethe, sorella di Pelagius, salì al trono di Solitude, mentre Pelagius e Katariah cavalcarono sino alla Città Imperiale per essere incoronati imperatore e imperatrice di Tamriel. Si dice che Pelagius perse i sensi quando la corona fu posta sul suo capo, ma Katariah lo sorresse, così soltanto coloro che erano prossimi al trono capirono cosa fosse accaduto. Al pari di molti altri aneddoti su Pelagius, questo non può essere confermato.

    Pelagius III, in verità, non governò mai Tamriel. Katariah e il Consiglio degli Anziani assunsero tutte le responsabilità e cercarono soltanto di evitare che Pelagius potesse creare motivi d'imbarazzo. Tuttora perdurano storie sul regno di Pelagius III.

    Si è narrato che quando l'ambasciatore argoniano di Blackrose si recò a corte, Pelagius si ostinò a esprimersi con grugniti e squittii, poiché quello era il linguaggio tipico degli argoniani.

    È noto che Pelagius era ossessionato dalla pulizia e molti ospiti riferirono di essersi destati al rumore provocato da una mattiniera e approfondita pulizia del palazzo imperiale. La leggenda che vuole Pelagius, durante l'ispezione della servitù al lavoro, mettersi all'improvviso a defecare sul pavimento per offrire loro qualcosa da fare, è probabilmente apocrifa.

    Quando Pelagius cominciò davvero a mordere e ad assalire i visitatori del palazzo imperiale, si decise di mandarlo in un istituto privato. Katariah fu proclamata reggente due anni dopo che Pelagius salì al trono. Per i successivi sei anni, l'imperatore soggiornò in una serie di istituti e case di ricovero.

    I traditori dell'Impero amano diffondere molte false ipotesi riguardo questo periodo. Storie mormorate di abominevoli torture ed esperimenti praticati su Pelagius sono state ormai quasi accettate per vere. La nobile Lady Katariah divenne gravida breve tempo dopo che l'imperatore era stato allontanato. Ciò causò l'immediata diffusione di voci riguardo alla sua infedeltà e, cosa ancora più assurda, a eventuali congiure per tenere rinchiuso l'imperatore sano di mente. Come Katariah dimostrò, la sua gravidanza si manifestò dopo una visita nella cella dov'era suo marito. Senza alcuna altra prova, in qualità di sudditi fedeli, siamo obbligati ad accettare la parola dell'imperatrice al riguardo. Il suo secondogenito nacque dalla sua unione con il consorte Lariate e avrebbe in seguito regnato per molti anni con il nome di Uriel IV, pubblicamente riconosciuto come tale.

    In una calda notte del mese dell'Alba, nel suo trentaquattresimo anno di vita, Pelagius III morì dopo una breve febbre nella sua cella nel Tempio di Kynareth nell'Isola di Betony. Katariah I regnò per altri quarantasei anni prima di passare lo scettro all'unico figlio avuto da Pelagius, Cassynder.

    Il folle comportamento di Pelagius lo ha reso caro in modo perverso alla provincia in cui nacque e morì. Il secondo giorno del mese dell'Alba, in cui potrebbe più o meno cadere l'anniversario della sua morte (i registri non sono molto precisi al riguardo) viene celebrato come il giorno di Pelagius il Pazzo, tempo in cui vengono favorite follie di ogni genere. E così, uno dei meno desiderabili imperatori nella storia della dinastia Septim è infine divenuto uno dei più famosi.
     
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  20. Varil

    Varil Galactic Guy

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    Breve storia dell'Impero
    Parte prima



    di
    Stronach k'Thojj III
    storico imperiale

    Prima del dominio di Tiber Septim, tutta Tamriel erano in preda al caos. Il poeta Tracizis definì quel periodo tumultuoso "I giorni e le notti di sangue e veleno". I sovrani erano dei tiranni meschini e avidi di potere e si opposero strenuamente ai tentativi di Tiber di portare ordine nei loro selvaggi domini. Tuttavia, si mostrarono tanto disorganizzati quanto dissoluti, per cui il potente braccio di Septim riuscì infine a imporre la pace nella terra di Tamriel. Correva l'anno 2E 896. L'anno successivo, l'imperatore decretò l'alba di una nuova era. Così ebbe inizio la Terza Era, Anno Zero.

    Per trentotto anni l'Imperatore Tiber regnò incontrastato. Fu un'era di gloria, devozione e rispetto delle leggi, durante la quale la giustizia e l'uguaglianza appartenevano a ogni abitante, dal servo al sovrano. Alla morte di Tiber, piovve incessantemente per due settimane come se la terra stessa di Tamriel compiangesse il suo sovrano.

    Il primogenito dell'imperatore, Pelagius, ascese al trono. Sebbene il suo regno sia stato breve, si mostrò forte e risoluto come suo padre al tempo e Tamriel avrebbe rivissuto l'Epoca d'Oro. Purtroppo, un ignoto nemico della famiglia Septim assoldò una malvagia organizzazione di tagliagole, nota come la Confraternita Oscura, per uccidere l'Imperatore Pelagius I mentre pregava inginocchiato nel Tempio dell'Unico nella Città Imperiale. Il regno di Pelagius I durò meno di tre anni.

    Pelagius non aveva alcun figlio in vita, così la corona imperiale passò alla sua cugina di primo grado, la figlia di Agnorith, fratello di Tiber. Kintyra, già regina di Silvenar, ascese al trono come Kintyra I. Il suo regno fu benedetto da prosperità e da abbondanti raccolti e lei stessa fu un'accanita sostenitrice di arte, musica e danza.

    Il figlio di Kyntira venne incoronato dopo la sua morte e fu il primo imperatore di Tamriel a usare il nome imperiale di Uriel. Uriel I fu un grande legislatore della dinastia Septim e un convinto sostenitore di organizzazioni indipendenti e gilde. Sotto il suo gentile ma risoluto dominio, la Gilda dei Guerrieri e la Gilda dei Maghi acquisirono importanza in tutta Tamriel. Suo figlio e successore Uriel II regnò per diciotto anni, dalla morte di Uriel I nel 3E 64 fino all'incoronazione di Pelagius II nel 3E 82. Tragicamente, il regno di Uriel II fu dominato da degrado, calamità e insurrezioni. La gentilezza ereditata dal padre non servì Tamriel altrettanto bene e fu poca la giustizia amministrata.

    Pelagius II non solo ereditò il trono del padre, ma anche i debiti del regno precedente, penosamente carente in finanza e giustizia. Pelagius sciolse il Consiglio degli Anziani e garantì l'accesso al nuovo consiglio solo a chi poteva pagare grosse somme di denaro. Incoraggiò simili iniziative fra i suoi vassalli, i re di Tamriel, e alla fine del suo diciassettesimo anno di sovranità, Tamriel era tornata alla prosperità. I suoi critici, tuttavia, suggerirono che qualsiasi consigliere ricco di saggezza ma non altrettanto d'oro sarebbe stato escluso sommariamente da Pelagius. Questa potrebbe esser stata la causa di alcuni dei problemi che suo figlio Antiochus si trovò a fronteggiare, quando a sua volta divenne imperatore.

    Antiochus fu senza dubbio uno dei più appariscenti membri della famiglia Septim solitamente austera. Ebbe numerose concubine e quasi altrettante mogli ed era conosciuto per la magnificenza dei suoi abiti e per il suo elevato senso dell'umorismo. Sfortunatamente, il suo regno fu dominato dalla guerra civile, superando in rovina perfino il regno di suo nonno Uriel II. La Guerra delle Isole del 3E 110, una dozzina d'anni dopo l'incoronazione di Antiochus, coinvolse la remota provincia dell'Isola di Summerset, situata a grande distanza da Tamriel. Le forze alleate del re di Summerset e Antiochus sconfissero la flotta di Re Orghum, del regno isolano di Pyandonea, grazie alla comparsa di un fortunale anomalo. La leggenda attribuisce all'Ordine Psijic dell'Isola di Artaeum il merito di aver evocato la tempesta con la stregoneria.

    Il destino di Kintyra II, erede al trono di suo padre Antiochus, è certamente uno dei più tristi della storia dell'Impero. Suo cugino Uriel di primo grado, figlio della Regina Potema di Solitude, accusò Kintyra di essere una figlia illegittima, alludendo all'ignominiosa decadenza della Città Imperiale che aveva caratterizzato il regno del padre. Quando tale accusa non bastò a impedirne l'incoronazione, Uriel corruppe numerosi sovrani insoddisfatti di High Rock, Skyrim e Morrowind e, con l'aiuto della Regina Potema, condusse tre attacchi contro l'Impero dei Septim.

    Il primo attacco avvenne nella regione della Baia di Iliac, che separa High Rock da Hammerfell. Il seguito di Kintyra fu massacrato e l'imperatrice venne presa prigioniera. Per due anni, Kintyra II languì nelle segrete imperiali, probabilmente vicino a Glenpoint o Glenmoril, prima di essere giustiziata nella sua cella in circostanze misteriose. Il secondo fu diretto contro una serie di guarnigioni imperiali stanziate sulle isole vicino alle coste di Morrowind. Il consorte dell'imperatrice, Kontin Arynx, cadde difendendo le fortezze. Il terzo e ultimo attacco fu l'assedio della stessa Città Imperiale, sferrato dopo che il Consiglio degli Anziani aveva suddiviso gli eserciti per attaccare High Rock a occidente e Morrowind a oriente. Il governo ormai indebolito aveva ben poche difese contro la determinata aggressione di Uriel e capitolò dopo appena due settimane di resistenza. Uriel salì al trono la sera stessa e si proclamò Uriel III, imperatore di Tamriel. Correva l'anno 3E 121. Ebbe così inizio la Guerra del Diamante Rosso, narrata nel secondo volume di questa serie.




    Breve storia dell'Impero
    Parte seconda



    di
    Stronach k'Thojj III
    storico imperiale


    Il primo volume della serie descrive brevemente le vite dei primi otto imperatori della dinastia Septim, iniziando dal glorioso Tiber Septim per giungere alla sua lontana pronipote nella linea dinastica, Kintyra II. L'assassinio di Kintyra, perpetrato durante la sua prigionia a Glenpoint, secondo il parere di alcuni storici, rappresenta la fine della pura discendenza dalla stirpe dei Septim nella famiglia imperiale. Di sicuro segna la fine di qualcosa d'importante.

    Uriel III non si limitò a proclamarsi imperatore di Tamriel, ma assunse il nome di Uriel Septim III, attribuendosi il glorioso casato come fosse un titolo onorifico. In realtà, il suo casato era Mantiarco dalla dinastia di suo padre. Negli anni successivi, Uriel III fu detronizzato e i suoi crimini vituperati, ma la tradizione di attribuire il casato dei Septim, come titolo onorifico, all'imperatore di Tamriel non morì con lui.

    Per sei lunghi anni, la Guerra del Diamante Rosso (il cui nome derivò dal famoso emblema della dinastia Septim) dilaniò le terre dell'Impero. Le fazioni in lotta erano rappresentate dai tre figli ancora viventi di Pelagius II, Potema, Cephorus e Magnus, ciascuno con la propria progenie. Potema, com'è ovvio, si batteva al fianco di suo figlio Uriel III e aveva il sostegno dell'intera provincia di Skyrim e delle terre settentrionali di Morrowind. Per merito degli sforzi congiunti di Cephorus e Magnus, la provincia di High Rock mutò vessillo. Le province di Hammerfell, Isola di Summerset, Valenwood, Elsweyr e Black Marsh, offrirono la propria lealtà a una o all'altra compagine, ma molti dei sovrani si schierarono al fianco di Cephorus e Magnus.

    Nel 3E 127, Uriel III fu catturato nella Battaglia di Ichidag in Hammerfell. Durante il trasferimento nella Città Imperiale, la folla in tumulto aggredì la carrozza del prigioniero e lo arse vivo al suo interno. Il suo catturatore, nonché zio, proseguì il viaggio per la Città Imperiale, dove fu incoronato per acclamazione unanime imperatore di Tamriel.

    Il regno di Cephorus fu contraddistinto soltanto da una lunga guerra. Era un uomo gentile e intelligente sotto ogni aspetto, ma in quegli anni Tamriel aveva bisogno di un grande guerriero e fortunatamente lui lo era. Gli occorsero altri dieci anni di guerra interminabile per riuscire a sconfiggere sua sorella Potema. La cosiddetta Regina Lupo di Solitude morì durante l'assedio della sua città-stato nell'anno 137. Cephorus sopravvisse a sua sorella soltanto tre anni. Durante la guerra non ebbe il tempo di trovare una consorte e sul trono salì suo fratello, il quarto figlio di Pelagius II.

    L'Imperatore Magnus era già anziano quando si prese carico dell'emblema imperiale e per punire i sovrani traditori della Guerra del Diamante Rosso fece fondo a gran parte delle sue forze. La leggenda accusa Pelagius III, figlio di Magnus e suo erede, di parricidio, sebbene tale evenienza appaia assai improbabile, se non altro perché Pelagius fu incoronato re di Solitude dopo la morte di Potema e raramente lo si vedeva nella Città Imperiale.

    Pelagius III, talvolta chiamato Pelagius il Pazzo, fu proclamato imperatore nel 145° anno della Terza Era. Quasi fin dall'inizio, le sue bizzarrie comportamentali furono notate a corte. Era solito imbarazzare i dignitari, offendere i re vassalli e in una particolare occasione pose fine a un gran ballo imperiale tentando d'impiccarsi. La sua devota consorte, dopo aver a lungo sofferto, fu infine proclamata sovrana di Tamriel, mentre Pelagius III venne internato in una serie di istituti di guarigione e di asili fino alla sua morte, avvenuta nel 3E 153 all'età di trentaquattro anni.

    La sovrana reggente di Tamriel fu proclamata Imperatrice Katariah I dopo la morte del suo consorte. Fra coloro che non vedono nella morte di Kintyra II la fine della stirpe dei Septim, alcuni considerano la discendenza di questa donna di razza elfica scura il vero inizio del declino della dinastia. D'altro canto, i suoi sostenitori asseriscono che, sebbene Katariah non sia una discendente di Tiber, il figlio che ebbe con Pelagius lo era, e pertanto la dinastia imperiale ebbe una continuazione. Nonostante alcuni pareri contrari di stampo razzista, i quarantasei anni del regno di Katariah furono fra i più celebrati nella storia di Tamriel. Non a proprio agio nella Città Imperiale, Katariah viaggiò moltissimo attraverso tutte le province dell'Impero, come nessun altro imperatore aveva mai fatto dai tempi di Tiber. Sanò molte delle ferite lasciate dal suo predecessore a causa della rottura di alleanze o di una sconsiderata diplomazia. Il popolo di Tamriel giunse ad amare la sua imperatrice assai più di quanto la amasse la nobiltà. L'episodio della morte di Katariah, avvenuta in una schermaglia di minore entità, è uno dei soggetti preferiti dagli storici fanatici delle cospirazioni. La scoperta del saggio Montalius, dell'esistenza di un ramo decaduto della dinastia Septim e del coinvolgimento dei suoi membri in quella schermaglia, è invero una rivelazione degna di nota.

    Quando Cassynder ascese al trono dopo la morte di sua madre, era già un uomo di mezz'età. Elfo soltanto per metà, la durata della sua vita era paragonabile a un bretone. Infatti, aveva lasciato il governo di Wayrest nelle mani del suo fratellastro Uriel, a causa della sua salute cagionevole. Nondimeno, in quanto unico vero discendente di Pelagius e dunque di Tiber, ricevette pressioni per accettare la corona. Non sorprende quindi che il regno dell'Imperatore Cassynder non abbia avuto lunga durata. In due anni raggiunse i suoi predecessori nel sonno eterno.

    Uriel Lariat, fratellastro di Cassynder e figlio di Katariah I e del suo consorte imperiale Gallivere Lariat (successivo alla morte di Pelagius III), lasciò il regno di Wayrest per salire al trono dell'Impero come Uriel IV. Legalmente, Uriel IV era un Septim, poiché Cassynder lo aveva adottato nella famiglia reale quando divenne re di Wayrest. Nondimeno, per il Consiglio e per il popolo di Tamriel, era ancora un figlio illegittimo di Katariah. Uriel non possedeva il dinamismo di sua madre e i suoi quarantatre anni di regno furono un costante focolaio di sedizione.

    La storia di Uriel IV continua nel terzo volume di questa serie.
     
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